Cari web-lettori,

il 22 aprile si celebra la Giornata della terra. Ma c’è assai poco da festeggiare.
Pochi giorni fa è stato presentato a Berlino l’ultimo rapporto IPCC (la Commissione intergovernativa sul cambiamento climatico), sottoscritto da oltre 600 scienziati di tutto il mondo, i quali hanno ribadito, ma con una drammaticità scientifica senza precedenti, come ormai sia davvero iniziato il conto alla rovescia (si parla addirittura di soli 17 anni di tempo) verso un inesorabile innalzamento del clima che produrrebbe effetti devastanti sulla vita del pianeta e di tutte le sue creature, se non si interviene immediatamente e con misure drastiche di riduzione dei gas ad effetto serra.
Perché non ne parla mai nessuno? Perché non ne parla più nessuno?
Su Repubblica di qualche giorno fa è stato pubblicato uno stimolante articolo di Barbara Spinelli che sostanzialmente riflette sul fatto che “da quando la crisi è entrata nelle nostre vite non si parla più di clima né di quel che accadrà della Terra. La terra lesionata era il grande tema all’inizio del secolo e d’un colpo è stata estromessa dal palcoscenico: non più male da sventare, ma incubo impalpabile” .
La crisi non è una scusa. Dis-perazione + dis-truzione è un’equazione insostenibile ed inaccettabile. Lo racconteremo ai nostri figli che non abbiamo fatto nulla perché c’era la crisi e l’unico sole erano il PIL e lo spread? Siamo consci di questo?
E noi qui aggrappati al Sistri, alle fesserie burocratiche, ai giochini legislativi, alle promesse di imbonitori ed urlatori di babbei, invece di aggrapparci all’unica cosa cui varrebbe la pena di aggrapparsi: il futuro.
Non per paura, né per speranza, nè per disperazione, ma semplicemente per quel principio di responsabilità (che Hans Jonas teorizzava oltre trent’anni fa) che ci farebbe davvero vivere liberi e fieri.

Alla prossima settimana!

Stefano Maglia

s.maglia@tuttoambiente.it

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