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Quando si configura il reato di inquinamento ambientale?

Categoria: Responsabilità ambientali
Autorità: Cass. Pen. Sez. III
Data: 03/03/2017
n. 10515

Ai fini del reato di inquinamento ambientale ex art. 452-bis cod. pen., con riferimento al deterioramento ovvero alla compromissione (causato, nella specie, alle acque tramite scarico abusivo di reflui non depurati), il termine "significativo" denota senz'altro incisività e rilevanza, mentre "misurabile" può dirsi ciò che è quantitativamente apprezzabile o, comunque, oggettivamente rilevabile; l'assenza di espliciti riferimenti a limiti imposti da specifiche disposizioni o a particolari metodiche di analisi consente di escludere l'esistenza di un vincolo assoluto per l'interprete correlato a parametri imposti dalla disciplina di settore, il cui superamento non implica necessariamente una situazione di danno o di pericolo per l'ambiente, potendosi peraltro presentare casi in cui, pur in assenza di limiti imposti normativamente, tale situazione sia di macroscopica evidenza o, comunque, concretamente accertabile. Inoltre, il fatto che, ai fini del reato suddetto, non sia richiesta la tendenziale irreversibilità del danno comporta che fin quando tale irreversibilità non si verifica anche le condotte poste in essere successivamente all'iniziale deterioramento o compromissione, costituiscono singoli atti di un'unica azione lesiva che spostano in avanti la cessazione della consumazione: è dunque possibile deteriorare e compromettere quel che lo è già, fino a quando la compromissione o il deterioramento diventano irreversibili o comportano una delle conseguenze tipiche previste dal successivo art. 452-quater, cod. pen. (disastro ambientale): non esistono zone franche intermedie tra i due reati.

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