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Green jobs: chi offre di meno?

Mentre tutti gli indicatori economici e finanziari del mondo mettono in risalto la imprescindibile necessità di operare scelte ed investimenti green anche per produrre milioni di nuovi posti di lavoro (alcuni dati parlano di un milione di green jobs entro il 2030 solo in Italia) indispensabili anche per frenare la drammatica discesa verso un ineluttabile disastro cagionato dai cambiamenti climatici e dall’uso smodato e distorto di risorse, e solo gli USA ed il Giappone mettono in campo rispettivamente qualcosa come, rispettivamente, 2000 e 490 miliardi di dollari per la transizione verde, in un anelito di collaborativo ottimismo cosa dice il Presidente di Confindustria?

Sole 24 ore del 20 novembre: “Il PNRR dovrebbe avere una grande visione di politica industriale, di come salvaguardiamo le filiere”. Insomma la visione dovrebbe essere quella di tener tutto così com’è, Ilva and so on comprese. Prosegue: attenzione perché la transizione ecologica potrebbe portare alla “perdita di centinaia di migliaia di posti di lavoro” in quanto “pezzi intere di filiere verranno distrutte”.

Insomma, ‘sti posti di lavoro si producono o si perdono? Si perderanno – si spera – quelli che producono inquinamento e danni alla salute e all’ambiente. Transizione ecologica come riconversione industriale! Queste industrie verranno e dovranno essere riconvertite, non distrutte, e il PNRR non serve per tener su baracconi inquinanti ma per iniziare una indispensabile, ineludibile, improcrastinabile rivoluzione industriale verde.

Come ho scritto più volte industria e ambiente non solo possono, ma devono andare di pari passo per un futuro con un futuro per entrambe. Un’altra via non c’è.

Alla prossima settimana!

Stefano Maglia

s.maglia@tuttoambiente.it

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