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Attività organizzate per il traffico illecito: dove si consuma il reato?

Categoria: Rifiuti
Autorità: Cass. Pen. Sez. III
Data: 28/12/2018
n. 58448

In tema di rifiuti, il delitto di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti (previsto prima dall'art. 260, D.L.vo 152/2006, oggi art. 452-quattuordecies cod. pen., giusta il D.L.vo 21/2018) è reato abituale, che si perfeziona solo tramite la realizzazione di più comportamenti non occasionali della stessa specie, finalizzati al conseguimento di un ingiusto profitto, con la necessaria predisposizione di una (anche rudimentale) organizzazione professionale di mezzi e capitali, che sia in grado di gestire ingenti quantitativi di rifiuti in modo continuativo. Il reato si consuma nel luogo in cui avviene la reiterazione delle condotte illecite: vale a dire nel luogo in cui sono realizzate, con carattere abituale, le condotte che costituiscono l'in sé del reato, che ne integrano gli elementi tipici, che ne evidenziano i caratteri essenziali (nella specie, nell'impianto di trattamento e non, come sostenuto dai ricorrenti, nel luogo in cui tutti i materiali erano pervenuti per esser interrati e smaltiti). Infatti, l'interramento dei rifiuti, frazione della condotta punibile, non è necessaria ai fini della rilevanza penale della fattispecie e della sua consumazione, che può essere raggiunta a monte, quando la pluralità e ripetitività delle operazioni di gestione inerenti quantitativi ingenti di rifiuti abbia raggiunto una intensità tale da mettere in pericolo il bene protetto. Inoltre, affinché si configuri il reato di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti non sono necessari un danno ambientale né la minaccia grave di esso: la previsione di ripristino ambientale (contenuta nel comma quarto dell’art. 452-quattuordecies citato) si riferisce, infatti, alla sola eventualità in cui il danno o il pericolo si siano effettivamente verificati, perciò non comporta il mutamento della natura della fattispecie da reato di pericolo presunto a reato di danno.

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Leggi la sentenza

Ritenuto in fatto   1.Con sentenza del 14/3/2017, la Corte di appello di Brescia confermava la pronuncia emessa il 3/11/2015 dal Tribunale di Bergamo, con la quale O.P.R. e P.L.L. erano stati giudicati colpevoli dei delitti di cui agli artt. 81 cpv., 110, 356 cod. pen., 260, d. Igs. 3 aprile 2006, n. 152, e A. F., G. B. P., B. B. G. ed A. S. colpevoli del solo delitto di cui all'art. 260 citato, così venendo condannati tutti alle pene di cui al dispositivo; agli stessi - nelle qualità indicate in rubrica - era contestato di aver gestito abusivamente…
La sentenza completa è disponibile su Membership TuttoAmbiente

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