Il presente parere intende analizzare gli impatti che la nuova disciplina della responsabilità estesa del produttore (introdotta dal recente Dlgs. 116/2020) avrà sul settore alimentare. 
Stefano Maglia, Federica Martini, 28/10/2020

1.Premessa

In un momento storico in cui è riconosciuta la fondamentale importanza di uno sviluppo sostenibile, la strategia di economia circolare costituisce una delle sue principali linee attuative. Applicare i principi di economia circolare implica un ripensamento sul modo in cui vengono utilizzate energia e materie prime: dalla progettazione alla produzione, dall’utilizzo fino alla gestione dei rifiuti.

La “responsabilità estesa del produttore del prodotto” (EPR – Extended Producer Responsibility), definita dall’OECD come “strumento di politica ambientale con il quale la responsabilità del produttore di un bene è estesa alla fase post-consumo del ciclo di vita di un prodotto”, è un istituto fondamentale all’interno della disciplina ambientale europea da diversi anni e rappresenta un tema cardine per la progressiva transizione verso un’economia circolare e per lo sviluppo di attività di riciclo dei rifiuti.

L’EPR è, quindi, uno strumento di mercato a tutela dell’ambiente, profondamente connesso all’ulteriore principio europeo del “chi inquina paga”, che si basa sulla necessità di intervenire a monte dei processi produttivi – quindi fin dalla fase di progettazione dei prodotti – al fine di migliorare la gestione dei rifiuti e diminuire gli impatti ambientali.

L’obiettivo di questo istituto è, sostanzialmente, quello di fare in modo che i produttori internalizzino i costi ambientali generati dai propri prodotti a fine vita (per la raccolta, la selezione, l’avvio al recupero e lo smaltimento), con lo scopo di incentivarli ad optare per prodotti più “virtuosi” (ovvero che, a fine vita, generino costi minori).

A tal fine, i sistemi di EPR prevedono l’obbligo, per chi immette sul mercato certi prodotti, di finanziare e/o organizzare, individualmente o collettivamente, sistemi di raccolta e di avvio al recupero dei rifiuti. In altre parole, ponendo i costi e gli oneri di organizzazione dell’intero ciclo di vita dei prodotti a carico dei produttori stessi, si vuole stimolare questi ultimi a tenere in considerazione anche gli aspetti relativi all’impatto ambientale nella fase di fabbricazione dei manufatti, promuovendo, alla fonte, una progettazione ecosostenibile. Inoltre, attraverso questo sistema, viene incentivata la raccolta differenziata dei prodotti ormai diventati rifiuti, per garantirne, per quanto possibile e nel rispetto della gerarchia delle diverse forme di trattamento, il riutilizzo, il riciclaggio e il recupero.

Al fine di rafforzare e rendere uniforme l’applicazione del principio di “responsabilità estesa del produttore del prodotto” negli Stati membri, l’Unione Europea, tramite la Direttiva 851/2018/UE è intervenuta a modificare la precedente Direttiva 2008/98/CE sui rifiuti. Nel considerando 21 della suddetta Direttiva viene sottolineato che i regimi di EPR costituiscono “elementi essenziali di una buona gestione dei rifiuti”: a questo proposito vengono previsti requisiti minimi per i regimi di EPR nazionali, per garantire una maggiore uniformità degli schemi adottati nei diversi Stati membri per le diverse tipologie di flussi e la loro coerenza con i principi e gli obiettivi europei in materia di economia circolare.

In Italia, la Direttiva 851/2018 è stata recepita attraverso il Dlgs. 116/20204, il quale ha modificato la precedente formulazione dell’art. 178bis del Dlgs. 152/20065 e ha introdotto un nuovo articolo (178ter) relativo ai requisiti minimi generali che gli attuali sistemi di EPR nazionali dovranno avere.

La novità più rilevante della riforma attuata dal c.d. “Decreto Rifiuti” consiste nell’aver reso, nel nostro paese, concretamente operativo il regime di EPR e ciò non solo con riferimento a certe categorie di manufatti (come avveniva in precedenza, ad esempio per RAEE o imballaggi) ma per l’intera gamma di prodotti presenti sul territorio. Peraltro, questa responsabilità ricadrà su una vasta area di soggetti, considerando che l’art. 183, lettera g bis) del Dlgs. 152/2006 definisce produttore del prodotto “qualsiasi persona fisica o giuridica che professionalmente sviluppi, fabbrichi, trasformi, tratti, venda o importi prodotti”.

L’art. 178bis, così come riformato, prevede che, con uno o più decreti, saranno istituiti regimi di responsabilità estesa del produttore, al fine di ridurre gli impatti ambientali e la produzione di rifiuti e assicurando che tali rifiuti siano trattati secondo i criteri di priorità nella gestione dei rifiuti previsti dall’art 179 del TUA. Tali sistemi dovranno, tra l’altro, incoraggiare la progettazione, lo sviluppo, la produzione e la commercializzazione di prodotti che siano adatti ad un uso multiplo, contenenti materiali riciclati, tecnicamente durevoli e facilmente riparabili e che, una volta divenuti rifiuti, siano adatti ad essere preparati per il riutilizzo e riciclati.

Come anticipato, il successivo articolo 178ter del Dlgs. 152/2006 contiene una serie di requisiti che i nuovi regimi di EPR dovranno rispettare e ai quali, i previgenti sistemi dovranno adattarsi entro il 5 gennaio 2023.

A questo proposito, la disposizione prevede che si dovranno mettere a disposizione del pubblico tutte le informazioni relative alle misure di prevenzione dei rifiuti, ai centri per il riutilizzo e alla preparazione al riutilizzo e ai sistemi di ritiro e raccolta rifiuti e che dovrà essere adottato (tramite il Registro dei Produttori) un sistema di comunicazione delle informazioni sui prodotti immessi sul mercato e dei dati sulla raccolta e il trattamento di tali rifiuti.

Inoltre, in ossequio a quanto previsto dalla legislazione europea, è stabilito che si dovrà provvedere al sostentamento di questi sistemi tramite l’imputazione degli oneri amministrativi a carico dei produttori e degli importatori, il cui valore sarà basato sulla quota di mercato, secondo una logica di equità e proporzionalità.

Affinché vengano coperti tutti i costi derivanti dall’immissione sul mercato dei prodotti, il comma 3 dell’art. 178ter prevede che i produttori saranno tenuti a versare un contributo finanziario, che sarà modulato, ove possibile, per singoli prodotti o gruppi di prodotti simili, tenendo conto della loro riparabilità, riutilizzabilità, riciclabilità e dalla presenza di sostanze pericolose.

Quest’ultima disposizione è particolarmente importante poiché la copertura finanziaria delle esternalità sociali, economiche ed ambientali del prodotto immesso sul mercato costituisce il vero nucleo del sistema di EPR; se, infatti, l’intera copertura finanziaria non ricadesse in capo ai produttori non si potrebbe parlare di “responsabilità estesa del produttore”.

Peraltro, per adempiere alle proprie responsabilità, il produttore risponde, nella maggior parte dei casi, attraverso i c.d. “sistemi collettivi”, ovvero sistemi in cui i produttori si uniscono per formare uniche entità tenute ad adempiere in loro vece ai relativi obblighi. Tuttavia, è possibile che questi adempiano ai loro oneri anche individualmente, adoperandosi singolarmente per ritirare e gestire i rifiuti che derivano dal consumo dei propri prodotti. Si osserva, peraltro, che i “sistemi collettivi” presentano svariati vantaggi, tra cui la riduzione degli oneri previsti e una migliore rappresentanza delle esigenze di produttori e consumatori.

Infine, al fine di favorire il controllo sui sistemi nazionali di EPR e, quindi, il rispetto dei requisiti stabiliti dall’art. 178ter e l’adempimento dei relativi obblighi, verrà istituito, con successivo decreto attuativo il Registro Nazionale dei Produttori, al quale i soggetti sottoposti a regimi di EPR saranno tenuti ad iscriversi.

 

2.La responsabilità estesa del produttore nell’industria alimentare

Per quanto concerne il reparto agroalimentare, va sottolineata l’attenzione che la Commissione Europea ha dato, nella Direttiva 851/2018/UE, alla tematica dei rifiuti alimentari.

Secondo la stessa Commissione, la sovrapproduzione di cibo, l’inefficienza nella gestione di magazzini, l’inefficienza della filiera alimentare, la scarsa conoscenza dei prodotti da parte dei consumatori, oltre che la confusione nella lettura delle etichette, rappresentano alcune tra le cause di spreco alimentare.

Al fine di prevenire perdite nell’intera filiera, la Direttiva 851/2018/UE ha definito precisi obiettivi di prevenzione dei rifiuti alimentari per gli Stati membri. In particolare, nel considerato 31 della suddetta Direttiva viene affermata la necessità che “gli Stati membri prendano misure volte a promuovere la prevenzione e la riduzione dei rifiuti alimentari (..), in particolare con l’obiettivo di dimezzamento dei rifiuti alimentari globali pro capite a livello di vendita al dettaglio e di consumatori e di riduzione delle perdite alimentari lungo le catene di produzione e di approvvigionamento, comprese le perdite dopo il raccolto, entro il 2030. Tali misure dovrebbero essere intese a prevenire e ridurre i rifiuti alimentari nella produzione primaria, nella trasformazione, nella fabbricazione, nella vendita e in altre forme di distribuzione degli alimenti, nei ristoranti e nei servizi di ristorazione, nonché nei nuclei domestici”.

In secondo luogo, la Direttiva prevede che, al fine di prevenire i rifiuti alimentare, gli Stati membri debbano fornire incentivi per la raccolta di prodotti alimentari invenduti in tutte le fasi della catena di approvvigionamento alimentare e per la loro distribuzione sicura, anche ad organizzazioni di beneficienza.

Gli obiettivi previsti dalla normativa europea necessitano, ovviamente, di regole che attribuiscano ai produttori di alimenti compiti e responsabilità precisi nell’ottica di un’economia circolare: a tal fine, sarebbe utile e necessario adoperare regimi di EPR anche in campo agroalimentare.

Nell’ottica di prevenire la produzione di rifiuti alimentari, il regime di EPR agisce inducendo i produttori a pianificare la propria produzione secondo l’effettiva domanda di mercato. Infatti, addossando i costi dell’intero ciclo di vita degli alimenti ai produttori si agisce alla fonte, stimolando questi a limitare la generazione di eccedenze alimentari in ogni fase della catena di approvvigionamento (produzione, trasformazione, distribuzione, consumo).

L’istituzione di regimi di EPR nel settore alimentare e, conseguentemente, la fissazione di obiettivi minimi di riciclaggio, comporterebbe, complessivamente, una diminuzione del livello di produzione di rifiuti alimentari (che, a livello europeo, risulta tutt’ora molto elevato) e il consolidamento di attività di riciclo.

Inoltre, il contributo necessario per sostenere tali sistemi potrebbe incentivare lo sviluppo di modelli di eco-design dei processi produttivi alimentari, con un generale miglioramento delle tecniche colturali e l’adozione di politiche agricole rispettose e sostenibili.

In questo senso, i sistemi collettivi potrebbero giocare un ruolo importante per soddisfare le esigenze dei produttori alimentari, oltre che di quei produttori provenienti da settori diversi che, comunque, generano rifiuti biodegradabili (ad esempio plastiche biodegradabili o imballaggi di carta), anche al fine di favorire una migliore comunicazione tra i soggetti facenti parte della filiera alimentare.

L’applicazione di un regime di EPR nell’industria alimentare avrebbe forti conseguenze anche sulla prevenzione dei rifiuti a livello domestico. Infatti, essendo previsto, tra i requisiti minimi dell’art. 178ter, l’obbligo di comunicazione dei dati relativi ai prodotti immessi sul mercato e alle misure di prevenzione dei rifiuti, si fornirebbero ai consumatori informazioni chiare e precise riguardo alle corrette modalità di conservazione del prodotto alimentare e al corretto conferimento del rifiuto, al fine di rendere anche i consumatori più consapevoli delle proprie azioni.

In questo senso, sarebbe opportuno ripensare all’etichettatura dei prodotti, chiarendo ad esempio il significato di certe diciture (“consumare entro”, “consumare preferibilmente entro”), oppure accompagnando il prodotto alimentare da “garanzie di sostenibilità” (come l’utilizzazione di produzioni agricole che mantengono la fertilità dei suoli, cicli produttivi e distribuzioni carbon-free) e, in generale, ripensando a quelle strategie di marketing che incentivano acquisti eccessivi e che comportano ulteriori rifiuti a livello domestico (per esempio, “promozione due al prezzo di uno”).

In applicazione dei principi europei, sarebbero indispensabile anche campagne di sensibilizzazione dei consumatori verso scelte più consapevoli e la promozione di elevati gradi di partecipazione ai sistemi di raccolta differenziata.

Peraltro, ai fini della gestione dei rifiuti, dovrebbero essere implementati sistemi di riciclo e riutilizzo degli scarti alimentari, non solo attraverso la trasformazione del cibo non più adatto all’uso umano in mangime, ma dando altresì importanza al c.d. “sottoprodotto” alimentare al fine di riutilizzarlo in processi di compostaggio, termovalorizzazione, digestione anaerobica e, in generale, in un’ottica di bioeconomia.

Infine, in conformità a quanto previsto dalla Direttiva 851/2018, dovrebbero essere praticate opere quali la donazione delle eccedenze di cibo. A tal fine, si ricorda la L. 166/20168, contenente “disposizioni concernenti la donazione a la distribuzione di prodotti alimentari e farmaceutici a fini di solidarietà sociale e per la limitazione degli sprechi”. Tale legge ha, tra le proprie finalità, quella di contribuire alla riduzione degli sprechi alimentari, promuovere il riciclo e la ridistribuzione in condizioni di sicurezza.

In conclusione, le azioni cruciali che dovrebbero essere attuate nell’industria alimentare sono:

  1. a) prevenire, ovvero eliminare le cause che generano eccedenze, con la conseguente riduzione all’origine dei volumi di eccedenze da dover gestire;
  2. b) ridistribuire i prodotti ancora destinabili al consumo;
  3. c) riciclare e recuperare, considerando tutti i metodi alternativi allo smaltimento in discarica (in ossequio a quanto previsto dall’art. 179 del Dlgs. 152/2006);
  4. d) informare i consumatori.

 

La responsabilità estesa del produttore di imballaggi

Nel settore degli imballaggi e dei rifiuti da imballaggi, lo scenario che si prospetta nei prossimi anni è un progressivo aumento di detti materiali immessi sul territorio nazionale ed europeo, spinto dall’andamento della produzione e dei consumi.

Proprio per questo motivo, risulterà fondamentale, da parte di tutta la filiera, incrementare ulteriormente gli impegni e gli sforzi verso obiettivi di prevenzione, riutilizzo e riciclo.

L’istituzione di un regime di EPR nel settore degli imballaggi, peraltro già previsto da molti anni nel nostro paese, ha molteplici obiettivi, quali l’utilizzo di leve concorrenziali per stimolare la produzione di imballaggi meno inquinanti, l’ottenimento di elevate percentuali di riciclo degli imballaggi e una riduzione della spesa pubblica nell’attività di gestione dei relativi rifiuti. In particolare, la leva concorrenziale ha un’importanza decisiva, poiché lo spostamento dell’onere finanziario della gestione dei relativi rifiuti sui produttori conduce ad includere quest’ultimo nella loro funzione di costo e, quindi, nel prezzo finale degli imballaggi. Siccome l’ammontare dell’onere ambientale – come delle altre componenti di costo – influisce sulla competitività dei produttori nel mercato della produzione e della vendita degli imballaggi, un produttore che sviluppa una fabbricazione eco-compatibile può facilmente vincere il gioco della concorrenza.

Il pacchetto europeo sulla circular economy è intervenuto anche sul tema degli imballaggi, con la Direttiva UE 852/20189, che è andata a modificare la precedente Direttiva 94/62/CE sugli imballaggi e i rifiuti da imballaggio. Le disposizioni europee stabiliscono obiettivi di riciclaggio dei rifiuti da imballaggio, affinché si rifletta più incisivamente l’ambizione dell’Unione Europea di passare ad un’economia circolare. Per tale motivo è stabilito che gli Stati membri devono adottare misure adeguate ad incoraggiare l’aumento della percentuale di imballaggi riutilizzabili immessi sul mercato e a ridurre al minimo l’impatto ambientale di questi prodotto in una prospettiva basata sul ciclo di vita.

Inoltre, al considerando 20 della Direttiva 852/2018 è ribadito che “poiché la quantità e il tipo di imballaggio utilizzato dipendono generalmente da scelte compiute dal produttore e non dal consumatore, dovrebbero essere stabiliti regimi di responsabilità estesa del produttore (..) che potrebbero avere un impatto ambientale positivo, riducendo la produzione di rifiuti di imballaggio e aumentando la raccolta differenziata e il riciclaggio di tali rifiuti”.

Come anzidetto, in Italia erano già stati istituiti precedentemente regimi di EPR nel settore degli imballaggi: tuttavia, questi dovranno conformarsi alle nuove disposizioni e, in particolare, ai requisiti previsti dall’art. 178ter entro il 5 gennaio 2023: il regime di EPR dovrà, inoltre, coprire almeno l’80% dei costi entro il 2025.

A questo proposito, l’art. 219, comma 3 afferma che “l’attività di gestione integrata dei rifiuti di imballaggio rispetta i seguenti principi:

  1. individuazione degli obblighi di ciascun operatore economico, garantendo che i costi di cui all’art. 221, comma 10” (cioè della gestione dei rifiuti) “siano sostenuti dai produttori e dagli utilizzatori in proporzione alla quantità di imballaggi immessi sul mercato nazionale, a tal fine promuovendo per tali soggetti e i relativi sistemi di responsabilità estesa del produttore” (..)
  2. informazione agli utenti finali degli imballaggi ed in particolare ai consumatori, riguardanti:
  3. sistemi di restituzione, di raccolta e di recupero disponibili;
  4. il ruolo degli utenti finali di imballaggi e dei consumatori nel processo di riutilizzazione, di recupero e di riciclaggio degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio;
  5. significato dei marchi apposti sugli imballaggi quali si presentano sul mercato.

In applicazione dei principi europei sulla responsabilità estesa del produttore, sarà necessario, anche in questo settore, un ripensamento dei processi di produzione in un’ottica di riduzione dell’utilizzo di plastiche monouso e di un’ottimizzazione del packaging (che sia riutilizzabile o comunque riciclabile), con l’incentivazione dell’ecodesign e del design for recycling, ferma restando la disciplina prevista in tema di sicurezza degli alimenti.

Inoltre, ricollegandosi a quanto precedentemente detto per il settore agroalimentare, sarà necessaria, anche nel settore degli imballaggi, un’informazione più esplicita e chiara ai consumatori sulla gestione e a destinazione degli imballaggi post-consumo, al fine di rendere edotti e consapevoli gli utenti finali sul riciclo e la raccolta di detti materiali.

Infine, in applicazione dei principi europei in tema di EPR, dovranno essere adottate misure necessarie a garantire che siano introdotti sistemi di restituzione e/o di raccolta (anche su cauzione) degli imballaggi prodotti dai consumatori, per smistarli verso soluzioni di gestione più appropriate, anche attraverso specifiche strategie di marketing.

In ultima analisi, si può affermare che, sebbene la precedente esperienza dei consorzi di filiera abbia notevolmente contribuito all’aumento costante della percentuale di rifiuti da imballaggio intercettata attraverso la raccolta differenziata, fino alla riforma operata dal Dlgs. 116/2020 è mancato un impatto significativo sulla riduzione della produzione di rifiuti da imballaggio, probabilmente a causa della mancanza di specifiche regole e di obiettivi prefissati. L’introduzione di un rigoroso regime di EPR potrebbe, quindi, costituire un primo passo per una vera transizione verso l’economia circolare nel settore degli imballaggi.

 

  1. Conclusioni

L’EPR rappresenta un istituto di straordinaria utilità nell’attuazione di un’economica circolare, poiché stimola la produzione di manufatti più sostenibili e importa benefici ai produttori più “virtuosi”. Tuttavia, per renderlo concretamente operativo occorrerà apportare mutamenti nell’insieme delle catene di valore, dalla progettazione dei prodotti ai modelli di mercati, dai metodi trasformazione dei rifiuti in risorse alle modalità di consumo.

Il modello di economia circolare può, inoltre, prestarsi facilmente ad essere applicato al settore agroalimentare e, senza dubbio, il sistema di EPR è legittimato a contribuirvi in modo efficace, portando ad un calo delle emissioni dei gas ad effetto sera, ad una diminuzione del prelievo di materie prime dalla natura e, complessivamente, ad una produzione e ad un consumo più consapevoli e responsabili.