Il Consiglio Nazionale dei Chimici ha espresso la sua posizione in riferimento al D.L. n. 91/2014 convertito nella Legge n. 116/2014, affermando che le previsioni inserite in tema di gestione, classificazione e attribuzione delle caratteristiche dei rifiuti si pongono “in contrasto con i principi fondamentali di ragionevolezza, proporzionalità (e con la direttiva n. 2008/98/CE e gli obiettivi che questa si prefigge) e in spregio ai basilari fondamenti scientifici che devono sottendere ogni scelta in ambito sanitario ed ambientale,… nonché con alcuni principi generali e libertà fondamentali del diritto UE”. In particolare evidenzia il contrasto con il diritto “UE” dei punti 2, 6 e 5 della nuova premessa all’All. D alla Parte IV del D.L. vo n. 152/06. Si legge infatti nella posizione: “L’innovazione normativa (cui al punto 5 sopracitato).. produce gravissimi problemi applicativi e viola i principi di proporzionalità e certezza del diritto. Infatti, se, da un lato, impone al produttore/detentore, e al Chimico incaricato di assisterlo nella valutazione delle possibili caratteristiche di pericolo eventualmente presenti, di determinare tutte le ipotetiche sostanze pericolose e tutte le caratteristiche di pericolo del rifiuto da H1 ad H15. Dall’altro lato, però, per alcune di tali caratteristiche di pericolo (e segnatamente H1, H2, H9, H12, H13, e H15), non sono definite, a livello normativo nazionale, né le soglie di attribuzione…, né il metodo per valutare o misurare gli effetti che, in relazione alla caratteristica di pericolo presa in esame, possono derivare da una determinata sostanza.” E inoltre: “si fa presente che, come tutti i Chimici sanno, molti “componenti” presenti nei rifiuti (e non solo nei rifiuti) possono essere rilevati dalle analisi chimiche solo «in modo aspecifico». Quindi, alla luce della predetta disposizione, nella quasi totalità dei casi, «per individuare le caratteristiche di pericolo del rifiuto» sarà necessario prendere a riferimento i «composti peggiori». Tuttavia, l’individuazione dei «composti peggiori», i quali potrebbero astrattamente derivare da componenti rilevati in modo aspecifico nel rifiuto, costituisce un’operazione che, da un punto di vista scientifico, non ha alcun senso.” Per concludere, il Consiglio rileva che “non sussistono più le condizioni per cui un Chimico possa, nello svolgimento dell’attività professionale, esprimere un giudizio di esperto – in scienza e coscienza – circa la pericolosità/non pericolosità di un rifiuto sulla base della forza probante dei dati, senza rischiare di incorrere in una violazione della norma…” ed esorta tutti i Chimici iscrittiquando chiamati ad esprimere un parere di classificazione di rifiuti per i quali non siano disponibili informazioni esaustive circa natura, origine e eventuali caratteristiche di pericolo dei componenti, cautelativamente e precauzionalmente ad attribuire sempre la natura di rifiuto pericoloso, attribuendo altresì allo stesso ogni caratteristica di pericolo che non possa essere, oltre ogni ragionevole dubbio, esclusa, tutto questo precisando che «la valutazione non è svolta in scienza e coscienza ma è svolta in via cautelativa e precauzionale in relazione alle previsioni, di incerta portata, della L. 116/2014». (C.Z.)


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