Comunicato stampa AssIEA, Piacenza, 12 aprile 2016: “Referendum trivellazioni: un invito al voto

Domenica 17 aprile gli elettori dovranno decidere se l’estrazione degli idrocarburi nelle piattaforme offshore entro le 12 miglia marine dovrà cessare alla scadenza della concessione (votando Sì) o potrà protrarsi fino all’esaurimento del giacimento (votando No), lasciando inalterata la norma attualmente in vigore. Attualmente in Italia sono 35 le concessioni di coltivazione di idrocarburi presenti entro le 12 miglia marine, ma soltanto 26 sono produttive, per un totale di 79 piattaforme e 463 pozzi. In prevalenza si estrae gas metano, il petrolio viene estratto solo in 4 concessioni dislocate di fronte a Marche e Abruzzo e nel Canale di Sicilia. Nel 2015 è stato estratto da questi impianti circa il 2,7% del gas e lo 0,9% del petrolio consumato in Italia. Delle 88 piattaforme operanti entro le 12 miglia, 35 non sono di fatto in funzione: 6 risultano “non operative”, 28 sono classificate come “non eroganti”, mentre un’altra risulta di supporto a piattaforme “non eroganti”.
Il quesito è il seguente: “Volete voi che sia abrogato l’art. 6, comma 17, terzo periodo, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, ‘Norme in materia ambientale’, come sostituito dal comma 239 dell’art. 1 della legge 28 dicembre 2015, n. 208 ‘Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2016)’, limitatamente alle seguenti parole: ‘per la durata di vita utile del giacimento, nel rispetto degli standard di sicurezza e di salvaguardia ambientale’?”.
Come precisa il presidente di AssIEA, Stefano Maglia, il referendum cancellerebbe solo una norma che proroga l’estrazione del petrolio dalle piattaforme esistenti, ma non impedirebbe le trivellazioni future. A parte ciò è evidente comunque il valore “significativo” che avrebbe una vittoria del Sì nei confronti di una non condivisibile politica industriale ed energetica che si basa su fonti energetiche inquinanti.
Infatti, se si raggiungerà il quorum e vincerà il Sì, tra il 2017 e il 2027 si rinuncerà progressivamente a meno del 26% della produzione di gas naturale e al 9% di quella petrolifera. Peraltro, le compagnie hanno tutto l’interesse a protrarre lo sfruttamento “a tempo indeterminato”, sia perché per quantitativi così ridotti non pagano royalties (il corrispettivo da versare allo Stato per lo sfruttamento dei pozzi), sia perché in questo modo possono procrastinare i costi dello smantellamento degli impianti (si tenga, poi, presente che le attività delle piattaforme possono rilasciare sostanze chimiche inquinanti e pericolose nell’ecosistema marino, come olii, greggio e metalli pesanti o altre sostanze contaminanti).
In ogni caso si invitano gli associati a recarsi alle urne il prossimo 17 aprile”.”. (GG)

 


Condividi: