Il TAR Lazio, sezione di Latina, con la sentenza n. 778 del 13 novembre 2023, ha deciso che ai sensi dell’art. 110, comma 3, lett. c), D.L.vo 152/06, i fanghi provenienti da impianti di depurazione dei reflui urbani, nei quali l’ulteriore trattamento non risulti realizzabile tecnicamente e/o economicamente, che siano avviati a trattamento presso altri impianti di depurazione condotti dal medesimo soggetto, gestore del servizio idrico integrato dell’ambito territoriale ottimale, non costituiscono un rifiuto, difettando l’intenzione di disfarsene, che il successivo art. 183, comma 1, lett. a), considera indispensabile per poter qualificare una determinata sostanza come rifiuto.

L’art. 110 citato, infatti, integra una speciale ipotesi in cui la legge consente esplicitamente, previa autorizzazione dell’Autorità competente, che il trattamento dei fanghi provenienti dalla depurazione di acque reflue urbane possa essere effettuato in successione in due diversi impianti, in modo che possa essere completato il complessivo processo di trattamento, in linea con i criteri di priorità nella gestione dei rifiuti fissati dall’art. 179, comma 1, che pongono lo smaltimento quale ultima scelta rispetto al recupero.

Ne consegue che, ove si riconoscano sussistenti i presupposti per il rilascio dell’autorizzazione prevista dell’art. 110, commi 3, lett. c) e 5, non è configurabile neppure quell’attività di gestione di rifiuti non autorizzata, che è punita dall’art. 256.

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