In un comunicato stampa diffuso da Greenpeace si legge che l’Italia potrebbe, verosimilmente, essere una delle destinatarie di un vero e proprio ultimatum da parte della Commissione Europea, che richiama all’adeguamento ai parametri normativi definiti dalle principali direttive europee in materia di qualità dell’aria. La notizia dalla quale originano le relative supposizioni riguarda, ufficialmente, la Germania, destinataria di una severa lettera da parte del Commissario Europeo per l’Ambiente Karmenu Vella, che annuncia l’intenzione di procedere al passaggio successivo della procedura d’infrazione, ovvero al deferimento alla Corte di Giustizia dell’Unione europea, aggiungendo che l’incontro fissato per il 30 gennaio (al quale parrebbe essere invitato anche il nostro Ministro dell’Ambiente, unitamente a quelli di Francia, Spagna e Regno Unito), costituirà “l’ultima opportunità per informare delle misure adottate per porre rimedio alla situazione”.

Il coinvolgimento del nostro Paese sarebbe, in effetti, alquanto probabile. Come si legge nel comunicato, l’Italia è sotto accusa, insieme alla Francia, per i livelli di concentrazione di biossido di azoto (NO2), tipico delle emissioni dei motori diesel, e particolato atmosferico. I dati dell’Agenzia Europea dell’Ambiente sono, infatti, inequivoci: delle 487.600 morti premature a causa dell’inquinamento atmosferico che si verificano in Europa, il dato italiano riporta oltre 90 mila morti premature ogni anno, direttamente legate all’esposizione a lungo termine al particolato, al biossido di azoto e all’ozono, ben al di sopra della media europea. Se si guarda, poi, ai decessi legati al solo biossido di azoto, l’Italia è la prima in Europa con 17.300 casi di morte prematura sui circa 75 mila totali.

Di seguito, infine, le parole del responsabile della campagna Energia e Clima di Greenpeace, Andrea Boraschi: “Il governo italiano è apparso in questi anni del tutto inoperoso sul fronte dell’inquinamento atmosferico. Si pensi all’assoluto nulla realizzato per il settore trasporti, con i fondi disponibili per la realizzazione di una rete di ricarica per i veicoli elettrici che non sono neppure stati spesi. Oggi l’auto privata alimentata con i derivati del petrolio è ancora protagonista assoluta della mobilità italiana, e il suo primato pesa in termini sanitari e di dipendenza energetica. Mentre molti Paesi stanno investendo in mobilità sostenibile, l’Italia è ferma al palo. Speriamo che l’intervento dell’Ue si traduca in una salutare scossa”.

Supposizione o verità, la criticità della situazione è, comunque, reale. (LM)


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