Secondo le conclusioni rassegnate il 30 marzo 2017 dall’Avvocato generale presso la Corte di Giustizia UE nell’ambito delle cause riunite C 196/16 e C197/16, la Direttiva 2011/92/UE relativa alla VIA di determinati progetti pubblici e privati “impone di espletare la procedura di verifica di assoggettabilità a una valutazione dell’impatto ambientale ed eventualmente la valutazione stessa prima dell’autorizzazione e della realizzazione del rispettivo progetto. In caso di violazione di tale obbligo, gli organismi competenti devono espletare tali procedure ex post e trarre le dovute conseguenze dal loro esito. Ciò non consente tuttavia di considerare il progetto come se fosse stato autorizzato nel pieno rispetto della direttiva 2011/92.”.

Le cause in questione riguardano il caso di due impianti per la produzione di energia elettrica da biogas mediante digestione anaerobica, collocati nel territorio della Regione Marche. Il TAR Marche ha presentato domanda di pronuncia pregiudiziale per stabilire se sia possibile eseguire, a posteriori, una VIA dopo che il progetto è già stato realizzato (ed in particolare quando l’autorizzazione sia stata annullata dal giudice nazionale proprio per mancata sottoposizione del progetto a procedura di screening, poiché tale verifica era stata esclusa in base alla legge regionale poi dichiarata incostituzionale). I dubbi in relazione a questo modo di procedere derivavano dal fatto che la suddetta valutazione, in ultima analisi, può adempiere appieno il suo scopo solo se eseguita prima dell’autorizzazione e della realizzazione di un progetto.

L’Avvocato generale ha altresì evidenziato che “Nella misura in cui il legittimo affidamento del committente si fonda su normative nazionali contrarie al diritto dell’Unione, sarebbe tutt’al più ipotizzabile un diritto al risarcimento dei danni nei confronti degli organismi nazionali responsabili”. (GG)


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