L’attuale e vigente definizione di scarico di cui all’art. 74, c. 1, lett. ff) del D.L.vo 152/06 lo definisce come “qualsiasi immissione effettuata esclusivamente tramite un sistema stabile di collettamento che collega senza soluzione di continuità il ciclo di produzione del refluo con il corpo ricettore acque superficiali, sul suolo, nel sottosuolo e in rete fognaria, indipendentemente dalla loro natura inquinante”.
E’ chiaro che i rifiuti organici, come detto, sono rifiuti: e da un rifiuto non può mai generarsi un punto di scarico, in quanto tale rifiuto non è un “ciclo di produzione del refluo”.
Siccome i rifiuti organici, per loro natura, generano un percolato che spesso viene sversato direttamente (o per effetto di risciacquo con acqua) nella pubblica fognatura, si ritiene che questo non possa essere considerato uno scarico a tutti gli effetti.
Inoltre, l’ipotesi di veicolare – per effetto dell’adduzione di acqua – una sostanza liquida o, peggio, un rifiuto liquido è errato e contrario al principio che anima la Parte III del D.L.vo 152/06, ovvero la prevenzione dell’inquinamento delle acque.