Nuovo ultimatum in tema di trattamento di acque reflue.

La Commissione UE, si legge nel “Pacchetto infrazioni di luglio” del 19 luglio 2018, “esorta l’Italia a conformarsi al diritto dell’UE sulle acque reflue urbane e a garantire che le acque reflue provenienti da tutti gli agglomerati umani con una popolazione di oltre 2 000 abitanti siano raccolte e trattate. A norma del diritto dell’UE (direttiva 91/271/CEE del Consiglio), città e centri urbani sono tenuti a realizzare le infrastrutture necessarie per la raccolta e il trattamento delle loro acque reflue urbane. Le acque reflue non trattate possono comportare un rischio per la salute e inquinano i laghi, i fiumi, il terreno e le acque costiere e sotterranee. Sebbene l’Italia sia già stata sottoposta a tre distinte procedure di infrazione a motivo di varie violazioni delle prescrizioni della direttiva, una valutazione degli ultimi dati presentati dall’Italia evidenzia che anche un numero considerevole (276) di agglomerati di dimensioni più ridotte viola gli obblighi fondamentali di raccolta, trattamento e monitoraggio. Vista l’entità di tali carenze, la Commissione invia all’Italia una lettera di costituzione in mora. Le autorità italiane dispongono di due mesi per rispondere; in caso contrario, la Commissione potrà decidere di inviare un parere motivato”.

L’Italia ha due mesi, quindi, per adeguare reti fognarie e depuratori di 276 comuni con oltre 2.000 abitanti. Diversamente, prima di approdare alla Corte d Giustizia UE il procedimento dovrà arrivare alla fase di parare motivato: si arriverebbe al quarto deferimento alla Corte di giustizia. Questa procedura d’infrazione si accoda, infatti, ad altre tre procedure avviate per la non conformità alle norme comunitarie delle reti fognarie e degli impianti di depurazione di centinaia di comuni.

L’ultima, in particolare, conclusasi con la sentenza del 31 maggio 2018, ha imposto al nostro Paese una penalità di 30 milioni di euro per ciascun semestre di ritardo nell’attuazione delle misure necessarie per ottemperare alla sentenza di condanna del 2012 (relativa al mancato adeguamento di 109 agglomerati, poi divenuti 74), a partire dal 31 maggio 2018 e fino all’esecuzione integrale della sentenza stessa, più altri 25 milioni “al fine di prevenire il futuro ripetersi di analoghe infrazioni alla normativa UE”.

 


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