In materia di Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA), la relazione di riferimento costituisce lo strumento pratico finalizzato al confronto, in termini quantitativi, tra lo stato del sito su cui insiste un’installazione e lo stato del medesimo sito una volta cessata l’attività. La relazione consente, in pratica, di valutare l’eventuale aumento significativo dell’inquinamento del suolo o delle acque sotterranee.
 
A livello normativo, i riferimenti provengono dalla direttiva europea 2010/75, conosciuta come direttiva IED, riferita alle emissioni industriali e alla prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento, e il D.L.vo 152/2006, la nostra normativa nazionale di riferimento in materia di ambiente, precisamente l’art. 5, recante le definizioni in materia di VAS, VIA e AIA.

Con riferimento all’AIA, l’art. 29-sexies del decreto citato rinviava la definizione delle modalità per la redazione della relazione di riferimento ad un decreto del Ministero dell’Ambiente: da qui, l’emanazione del decreto ministeriale 13 novembre 2014, n. 272.
 
E’ proprio quest’ultimo provvedimento ad essere stato oggetto di sindacato di legittimità.
Il Giudice chiamato a pronunciarsi sulla questione è quello del TAR del Lazio, che, con sentenza n. 11452 del 20 novembre 2017, ha sancito l’illegittimità del D.M. 272/2014 derivante dal mancato rispetto dell’iter procedurale prescritto per la sua adozione, e quindi il suo annullamento. Tale riconosciuta illegittimità investe, peraltro, anche “ogni altro atto preordinato, conseguente o comunque connesso”.
 
Questo in quanto il D.M., la cui natura di atto regolamentare è fuori dubbio, “non risulta comunicato al presidente del Consiglio dei ministri prima dell’emanazione, non risulta essere stato sottoposto al parere del Consiglio di Stato, né al visto e alla registrazione della Corte dei conti; inoltre non è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale, essendo stata resa nota in Gazzetta l’adozione del decreto con uno scarno comunicato e non è neppure recata la denominazione di regolamento”. Trattasi, dunque, di un’irrimediabile illegittimità, derivante dal mancato rispetto della procedura di formazione del regolamento mediante decreto ministeriale descritta dall’art. 17 della Legge 400/1988.


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