Con la sentenza 28 marzo (causa C60-18), la Corte di Giustizia UE, prendendo spunto da una fattispecie molto particolare (Estonia!), giunge ad esprimersi esplicitamente così: “gli Stati membri possono prevedere la possibilità di decisioni relative a casi individuali, in particolare sulla base delle domande presentate dai detentori della sostanza o dell’oggetto qualificati come rifiuti”. Agli Stati riamane il compito di “vigilare” e di “consentire l’attuazione dell’economia circolare”. E “vigilare” e “autorizzare” non sono sinonimi!

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Insomma: la priorità è evitare che si creino ostacoli “alla realizzazione degli obiettivi della Dir. 2008/98/CE” in particolare al recupero dei rifiuti.

Tutto ciò ovviamente non significa che un detentore di rifiuti possa “esigere l’accertamento della cessazione della qualifica di rifiuto da parte dell’autorità competente”, ma sicuramente ammette che si possa fare, come prevede, tra l’altro, l’art. 208 del Dlvo 152/06.

Cambierà qualcosa ora dopo la famigerata sentenza del Consiglio di Stato del febbraio 2018?

Di tutto ciò si tratterà ampiamente al Corso di formazione RIFIUTI: NOVITA’ E CRITICITA’ (a Bologna, Bari, Milano e Padova).


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