È possibile, nell’ambito di lavori stradali, ipotizzare il riutilizzo dell’asfalto proveniente dal disfacimento e dalla fresatura del manto stradale che sia stato depositato e compattato su un terreno adiacente al cantiere?

È netta la Cassazione penale, nella sentenza n. 24865 del 4 giugno 2018, nel sostenere l’incompatibilità dello spandimento del rifiuto e del suo compattamento con la sua riutilizzabilità, configurando tali operazioni una vera e propria attività di smaltimento, come tale da effettuare con le dovute autorizzazioni e cautele (per un approfondimento si legga il nostro commento “fresato d’asfalto: rifiuto o non rifiuto?“)

Inoltre, continua la Corte, il fresato bituminoso è classificato come rifiuto speciale e può essere trattato come sottoprodotto solamente se inserito in un ciclo produttivo ed utilizzato, senza nessun trattamento, in un impianto che ne preveda l’utilizzo nello stesso ciclo di produzione.

Su queste basi, sono stati ritenuti responsabili dello smaltimento non autorizzato di rifiuti speciali sia il responsabile del cantiere sia il legale rappresentante dell’impresa.

Il primo perché direttamente riconducibile all’attività illecita, per la sua presenza nel cantiere con compiti di direzione; e il secondo in ragione dell’obbligo di vigilare sull’attività del cantiere per verificarne la liceità, non essendo tali modalità di smaltimento imprevedibili o anomale né attribuibili a un’iniziativa autonoma del responsabile del cantiere, e non essendo stata dimostrata l’esistenza di una delega di funzioni circa lo smaltimento dei rifiuti.


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