In caso di miscelazione di reflui di diversa natura, quando il risultante si può considerare urbano? A questa domanda ha risposto il Tar Sardegna, con la sentenza n. 688 del 27 luglio 2018.
 

La questione riguarda la nozione di acque reflue urbane, che l’art. 74 del D.L.vo 152/2006 (lett. i) definisce “acque reflue domestiche o il miscuglio di acque reflue domestiche, di acque reflue industriali ovvero meteoriche di dilavamento convogliate in reti fognarie, anche separate, e provenienti da agglomerato” (si veda Le differenze tra acque reflue domestiche e industriali).
 

Sottolinea, il Tar, che tale nozione ricomprende anche “i reflui misti – cioè caratterizzati dal miscuglio tra acque reflue domestiche, acque reflue industriali e acque meteoriche”.
 

Ma in quali termini?
“Per potersi parlare di acque urbane le stesse devono essere composte in prevalenza da acque domestiche e solo in minore percentuale da acque industriali”.
 

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In sostanza vale, secondo il giudice amministrativo, il criterio del refluo qualitativamente prevalente: “ove prevalgano i reflui urbani, il prodotto della miscelazione dovrà essere considerato, agli effetti di legge, della stessa natura, a prescindere dal luogo in cui avviene la miscelazione (all’interno o all’esterno del depuratore, “a monte” o “a valle” dello stesso), trattandosi di profilo non preso in considerazione dalla normativa vigente e che, comunque, non appare oggettivamente incidente sulla pericolosità intrinseca del refluo e su quella del prodotto della depurazione“.
 


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