Sulla pratica della “fertirrigazione” così si è espressa la Cassazione Penale, Sez. III, n.5733 del 10 febbraio 2023.

Ai sensi dell’art. 74, comma 1, lett. v), D.L.vo. n. 152 del 2006 per effluente di allevamento si intende «le deiezioni del bestiame o una miscela di lettiera e di deiezione di bestiame, anche sotto forma di prodotto trasformato, ivi compresi i reflui provenienti da attività di piscicoltura».

La pratica della «fertirrigazione», che sottrae il deposito delle deiezioni animali alla disciplina sui rifiuti, richiede, in primo luogo, l’esistenza effettiva di colture in atto sulle aree interessate dallo spandimento, nonché l’adeguatezza di quantità e qualità degli effluenti e dei tempi e modalità di distribuzione al tipo e fabbisogno delle colture e, in secondo luogo, l’assenza di dati sintomatici di una utilizzazione incompatibile con la fertirrigazione, quali, ad esempio, lo spandimento di liquami lasciati scorrere per caduta a fine ciclo vegetativo. Tenuto conto della disciplina, il rilascio di deiezioni animali integra una condotta di fertirrigazione penalmente rilevante ex art. 137, comma 14 D.L.vo. n. 152 del 2006 e non l’illecito amministrativo ex art. 133, comma 2 D.L.vo n. 152 del 2006, che punisce unicamente colui che effettui scarichi di acque reflue provenienti da allevamento di bestiame.

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