ISPRA ha promosso un Convegno alla Camera dei deputati il 27 novembre 2018 dal titolo Il danno ambientale: prevenzione e riparazione in un Sistema a rete” per fare il punto sulla situazione attuale ed ipotizzare sviluppi futuri. Da quanto riportato sul portale del SNPA (Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente), negli ultimi due anni Ispra e le Agenzie ambientali hanno seguito le istruttorie di 217 casi di danno ambientale (qui la giurisprudenza sul tema).

Portando alla luce solo alcuni esempi di danno ambientale, inteso come qualsiasi deterioramento, significativo e misurabile, provocato a specie e habitat protetti, a fiumi e laghi o al suolo, SNPA ricorda l’incidente della Costa Concordia, le discariche di Giugliano in Campania, quella di Bellolampo a Palermo, la Valle del Sacco nel Lazio, lo sversamento di idrocarburi nel fiume Polcevera.

Come sottolineava anche l’ISTAT relativamente agli ecoreati, la maggior parte delle istruttorie è associata a illeciti compiuti nella gestione dei rifiuti (41%), violazioni in materia di edilizia e paesaggio (19%) e scarichi fuori norma (5%), mentre solo l’8% è legato ai predetti ‘ecoreati’ individuati della recente legge n. 68/2015 (disastro ambientale, inquinamento, omessa bonifica), nonché a illeciti relativi alle emissioni in atmosfera, in materia di bonifiche o di AIA (Autorizzazione Integrata Ambientale). Il maggior numero di istruttorie aperte si concentra in Sicilia (38), seguita da Campania e Puglia (25), Toscana (18).

Quel che è importante, inoltre, è che “dei 217 casi seguiti da Ispra, 184 si inseriscono in procedimenti giudiziari per reati ambientali ovvero casi di illeciti che finiscono davanti ai tribunali e per i quali il Ministero può richiedere la riparazione del danno; gli altri 33 sono, invece, casi extra-giudiziali che si avviano quando enti pubblici, cittadini, comitati o associazioni ambientaliste richiedono, attraverso le prefetture, l’intervento del Ministero denunciando potenziali danni all’ambiente” (così si legge sul portale SNPA).

Tra i tanti interventi, Franco Anelli, giurista e rettore dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, ha osservato che “lo strumento riparatorio richiede un soggetto tecnico autorevole e attendibile … perchè bisogna capire quali azioni servono realmente, trovare soluzioni ragionevolmente compromissorie, mediando spesso con le richieste locali. E’ la via per arrivare alle riparazioni specifiche, altrimenti non si sa chi dovrebbe deciderle”.

(Sul tema v. anche “Responsabilità da danno ambientale, come procede l’attuazione della normativa UE?“)


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