Non sono buoni i dati del Rapporto Rifiuti speciali – edizione 2018, elaborato dal Centro Nazionale per il Ciclo dei Rifiuti dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA), con il contributo delle ARPA. Quattro i capitoli: produzione dei rifiuti speciali, gestione dei rifiuti speciali, produzione e gestione dei rifiuti speciali secondo la codifica del regolamento (CE) n. 2150/2002 relativo alle statistiche sui rifiuti e monitoraggio di specifici flussi di rifiuti; altrettante le appendici: contesto europeo, dettaglio per macroarea geografica dei dati di produzione dei rifiuti speciali, quadro regionale della produzione e della gestione dei rifiuti speciali e quadro regionale dello smaltimento in discarica dei rifiuti speciali.

Dalla panoramica dei dati del 2016 sulla produzione e gestione dei rifiuti speciali (generati da attività produttive, commerciali e di servizio) non pericolosi e pericolosi, a livello nazionale e regionale, emerge che la loro produzione è aumentata del 2% rispetto al 2015 (4,5% rispetto al 2014). Parliamo di 135 milioni di tonnellate, alle quali sono associati due dati importanti: aumenta del 7,9% l’avvio a smaltimento (887 mila tonnellate), a fronte di una progressiva riduzione del numero delle discariche operative (da 392 nel 2014 a 350 nel 2016), e registra un buon 65% il riciclaggio. A quanto pare, siamo tra i primi in Europa per il riciclaggio dei rifiuti speciali!

Questa la riflessione dell’ISPRA: “Se i dati mostrano un buon lavoro sul fronte del riciclo, occorre investire di più su quello della “prevenzione” dei rifiuti speciali. Se ne producono ancora troppi e l’Italia è lontana dall’obiettivo fissato dal Programma Nazionale di Prevenzione del 2013, che prevede al 2020 una riduzione del 5% nella produzione dei “non pericolosi” e del 10% per i pericolosi, calcolati per unità di Pil al 2010” (v. il Comunicato Stampa).

 

La produzione di rifiuti speciali supera, infatti, di quattro volte quella dei rifiuti urbani (che registra un dato di 30 milioni di tonnellate). Colpevoli, tra tutti, i rifiuti speciali pericolosi, aumentati di oltre 9,6 milioni di tonnellate (+5,6% rispetto al 2015), e, in termini quantitativi, quelli del settore delle costruzioni e demolizioni: “con oltre 54,8 milioni di tonnellate, rappresentano il 40,6% dei rifiuti speciali, seguiti da quelli prodotti dalle attività di trattamento dei rifiuti e di risanamento (27,2%) e dal settore manifatturiero (20,7%)”. Nel 2016 abbiamo dato origine a 352 mila tonnellate di rifiuti contenenti amianto, costituiti per il 93,5% da materiali da costruzione contenenti amianto: finisce in discarica l’85,5% del totale, e circa 118 mila tonnellate vengono esportate in Germania.

 

Al contrario, per i rifiuti non pericolosi il recupero di materia è l’operazione prescelta per 89,4 milioni di tonnellate, specialmente nella forma delle sostanze inorganiche (52,2 milioni di tonnellate). Per il futuro, osserva l’ISPRA, si può migliorare “con un incremento quali-quantitativo del riciclaggio, anche attraverso la definizione di criteri end-of-waste, per esempio per i rifiuti da costruzione e demolizione, in linea con i principi dell’economia circolare”.

Come sottolineato dal Presidente di UNICIRCULAR Andrea Fluttero, il recepimento delle direttive del pacchetto circular economy deve inaugurare un nuovo modello economico e sociale, che parta dalla ecoprogettazione dei prodotti per consentire prevenzione, riuso e riciclo, fino ad arrivare ad una gestione sostenibile e circolare del fine vita, e quindi delle risorse contenute nei rifiuti, un modello che implica necessariamente l’individuazione di mercati di sbocco per i materiali e i prodotti riciclati, anche tramite il sostegno della politica e di strumenti come l’End of Waste.


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