In materia di rifiuti, la Parte IV del decreto legislativo 152/2006 stabilisce, all’art. 185, comma 1, lett. f), che sono esclusi dalla disciplina dei rifiuti la paglia, gli sfalci e le potature provenienti da aree verdi, quali giardini, parchi e aree cimiteriali e da attività agricole e agro-industriali, nonché ogni altro materiale agricolo o forestale naturale non pericoloso destinati alle normali pratiche agricole e zootecniche o utilizzati in agricoltura, nella silvicoltura o per la produzione di energia da tale biomassa.

Nella propria riunione del 15 maggio 2018, l’Antitrust (Autorità garante della Concorrenza e del Mercato) ha affrontato la questione delle possibili distorsioni della concorrenza derivanti da tale ampliamento del novero dei residui vegetali esclusi dal regime dei rifiuti, ad opera della Legge 154/2016.

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In particolare, si legge nel Bollettino settimanale n. 21, del 4 giugno 2018, la questione è stata sollevata dal Consorzio Italiano Compostatori, che ha lamentato “l’iniqua differenziazione prevista, in un disciplinare di gara per l’affidamento dei servizi di cura del verde pubblico di un Comune, per il conferimento degli scarti vegetali agli impianti di compostaggio rispetto al conferimento degli stessi scarti negli impianti a biomasse o all’utilizzo diretto in agricoltura”.

L’Antitrust segnala, in primo luogo, che ai sensi della normativa comunitaria (dir. 2008/98/CE) gli sfalci e le potature possono provenire sia da ambienti agricoli e forestali, e in questo caso non sono rifiuti, sia da ambienti urbani, nel qual caso sono rifiuti organici: “mentre i primi possono essere utilizzati direttamente in agricoltura, i secondi necessitano di vari trattamenti, tra cui l’igienizzazione e la sterilizzazione (ma anche la separazione da altri tipi di materiali) prima di essere riutilizzati”.

La citata lettera f) del comma 1 dell’art. 185, diversamente, esclude tali sfalci e potature dal campo di applicazione della disciplina sui rifiuti, consentendo l’utilizzo diretto in agricoltura del verde urbano (pubblico e privato) senza necessità di trattamento. Da qui, le possibili distorsioni nella gestione delle risorse, “a sfavore delle imprese che utilizzano gli scarti vegetali come input nell’ambito di filiere di riciclo tracciate e controllate”. In sostanza, tali sfalci e potature, non essendo rifiuti, possono essere impiegati anche al di fuori delle procedure di compostaggio previste per i rifiuti vegetali, “con evidente difformità dei costi di trattamento gravanti sulle diverse filiere”: considerato che i costi di trasformazione degli scarti vegetali quali rifiuti – compostaggio – superano di gran lunga quelli derivanti dal reimpiego diretto di tali materiali in agricoltura, il rischio è anche quello di penalizzare il settore del compostaggio, unico a presentare requisiti di certificazione sui trattamenti adottati.

A ciò si aggiunge, infine, la possibilità che nell’ambito delle gare per l’affidamento del servizio di cura del verde pubblico gli enti locali possano privilegiare la trasformazione degli scarti vegetali in risorsa, così amplificando l’effetto distorsivo della normativa.

Su tali basi, l’Antitrust auspica l’abrogazione della formulazione attuale della lettera f) del comma 1 dell’art. 185, come modificata ad opera della legge 154/2016, “allineandone i contenuti a quanto previsto dalla pertinente normativa comunitaria, e in particolare dalla direttiva 2008/98/CE, al fine di eliminare potenziali effetti distorsivi nei mercati del trattamento degli scarti vegetali”.

Questa tematica sarà approfonditamente trattata durante la SUMMER SCHOOL GESTIONE RIFIUTI in programma a Rivalta (PC) dal 20 al 22 giugno 2018.


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