Stabilizzato usato come fondo in una strada

Con l’entrata in vigore dal 22 agosto 2017 del regolamento sulla “disciplina semplificata delle terre e rocce da scavo” sono molte le domande e i dubbi sulle novità introdotte.

Alcune di queste riguardano lo stabilizzato (anche chiamato stabilizzante), un argomento di sicuro interesse per molti e che è trattato e approfondito all’interno del nostro corso Terre e rocce da scavo: la nuova disciplina (DPR 120/2017).

Un questo breve articolo vogliamo spiegare sinteticamente cos’è e come deve essere considerato al fine di una sua corretta gestione.

Che cosa è lo stabilizzato?

Lo Stabilizzato è l’aggregato, naturale o riciclato, utilizzato quale materiale per sottofondi, rilevati, lavori stradali e simili per antonomasia.

Che sia di origine naturale (e provenga dall’estrazione dei bacini dei fiumi) o che sia riciclato (si veda la Circolare Min. Amb. n. 5205 del 15 luglio 2005 recante “Indicazioni per l’operatività nel settore edile, stradale e ambientale”), lo stabilizzato deve comunque rispettare la norma UNI EN 13424:2008 (aggregati per materiali non legati e legati con leganti idraulici per l’impiego in opere di ingegneria civile e nella costruzione di strade)

Stabilizzato prodotto da una macchina in una cava

Lo stabilizzato è un prodotto o un rifiuto?

Con il limite che lo stabilizzato, una volta rimosso, mantenga nel tempo – non definibile a priori – le sue precipue caratteristiche tecniche che lo renderebbero idoneo all’utilizzo cui è destinato, si ritiene che – scartata l’ipotesi di classificarlo come sottoprodotto in quanto sicuramente non derivabile da un processo di produzione – il medesimo potrebbe tuttavia essere considerato un prodotto suscettibile di reimpiego.

Infatti, si ritiene che:

1) Non costituisca un rifiuto, perché non è una sostanza od oggetto di cui l’impresa appaltatrice si disfa o abbia l’intenzione o abbia l’obbligo di disfarsi, anzi – in considerazione del suo costo – intenderebbe impiegarlo nuovamente (art. 183, c. 1, lett. a).

2) Non costituisca un sottoprodotto, perché – come sopra anticipato – non è originato da un processo di produzione, né si ha certezza del suo utilizzo (art. 184-bis).

3) Non appartenga alla categoria dell’E.O.W. (end of waste), in quanto a priori non è mai stato un rifiuto (art. 184-ter).

Una simile conclusione è perfettamente in linea con le previsioni comunitarie e nazionali in ordine alla gerarchia della gestione dei rifiuti, che pongono al primo posto la prevenzione della produzione dei rifiuti (così art. 4 della Dir. 2008/98 e art. 179 del D.L.vo 152/06).

Resta, peraltro, inteso che in tale ipotesi lo stabilizzato dovrà essere gestito, identificato, trasportato, depositato e riutilizzato con modalità corrette ed idonee a garantire nel tempo il mantenimento delle sue caratteristiche, nonché a evitare che esso venga confuso con rifiuti eventualmente prodotti nel corso delle attività di scavo.

Approfondimenti, consulenze e corsi

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