In tema di bonifiche, con la sentenza n.160/2023 la Corte Costituzionale ha definito illegittimo l’art. 5 della legge regionale n. 30/2006, con cui la Lombardia aveva delegato ai Comuni la gestione delle procedure di bonifica che il Codice dell’ambiente aveva espressamente attribuito, invece, alle Regioni.

Nello specifico, il TAR Lombardia, sezione staccata di Brescia, ha dubitato della legittimità costituzionale dell’art. 5 della legge reg. Lombardia n. 30 del 2006, nella parte in cui «attribuisce alle amministrazioni comunali le funzioni amministrative, in materia di bonifica dei siti inquinati».

Il TAR ha ritenuto che la norma regionale oggetto della questione di legittimità costituzionale introdurrebbe un modello di distribuzione delle competenze decisionali che, nell’individuare nel comune territorialmente competente l’ente al quale è assegnata la cura del procedimento amministrativo di bonifica di un sito inquinato, sarebbe in contrasto con la volontà del legislatore nazionale, che ha invece attribuito, con gli artt. 198 e 242 del d.lgs. n. 152 del 2006, dette competenze alle regioni e, quindi, recherebbe vulnus alla riserva di competenza legislativa esclusiva statale stabilita, nella materia «tutela dell’ambiente e dell’ecosistema e dei beni culturali», dall’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost.

La disposizione costituzionale fornirebbe «una chiara ed univoca indicazione della fonte legislativa legittimata ad operare, in via esclusiva, la distribuzione delle connesse funzioni amministrative tra i vari livelli territoriali», sicché dovrebbe escludersi che il codice dell’ambiente, nell’attribuire alle regioni siffatta competenza, ne abbia, anche, consentito l’allocazione ad un differente livello governativo, neppure nel caso in cui il fenomeno inquinante rivesta un rilievo meramente locale.

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La Corte Costituzionale ha definito la questione fondata nel merito.

Per il giudice costituzionale, la Regione Lombardia ha trasferito ai comuni le funzioni che, a livello statale, l’art. 242 cod. ambiente attribuisce alle regioni, da esercitare attraverso procedure nelle quali i comuni intervengono rilasciando un parere in ordine all’approvazione da parte delle stesse regioni dei progetti di bonifica dei siti inquinati.

Ancora, per il giudice nomofilattico, “la potestà legislativa esclusiva statale (ex art. 117, secondo comma, lettera s), Cost.) esprime ineludibili esigenze di protezione di un bene, quale l’ambiente, unitario e di valore primario, che sarebbero vanificate ove si attribuisse alla regione «la facoltà di rimetterne indiscriminatamente la cura a un ente territoriale di dimensioni minori, in deroga alla valutazione di adeguatezza compiuta dal legislatore statale con l’individuazione del livello regionale» (sentenza n. 189 del 2021). Ad una siffatta iniziativa si accompagnerebbe una modifica, attraverso un atto legislativo regionale, dell’assetto di competenze inderogabilmente stabilito dalla legge nazionale all’esito di una ragionevole valutazione di congruità del livello regionale come il più adeguato alla cura della materia”.

Sulla base di quanto premesso, la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 5 della legge reg. Lombardia n. 30 del 2006.
 

Quali conseguenze?

 
A questo punto, purtroppo, si potrebbero prevedere dei rallentamenti degli iter di bonifica, con conseguenti danni economici alle imprese coinvolte e, non secondariamente, all’ambiente.

Al fine di dirimere ogni possibile stallo rispetto a quanto deciso, si potrebbe auspicare un possibile intervento del Governo che possa risolvere questa situazione delicata.

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