QUESITI

Con istanza di interpello ex art. 3-septies del D.L.vo. 152/06, relativa ai residui della manutenzione del verde pubblico dei Comuni, la Regione Veneto ha richiesto i seguenti chiarimenti:

1. se sia applicabile l’esclusione di cui all’articolo 185 del D. L.vo n.152 del 2006;

2. se siano applicabili le disposizioni in materia di sottoprodotti di cui all’articolo 184-bis del D. L.vo. 152 del 2006;

3. se le disposizioni previste dal DM 23/06/2016 permettano ex-lege di classificare i residui della manutenzione del verde utilizzati in impianti per la produzione di biogas come sottoprodotti esonerando il produttore dall’onere della prova di attestare in ogni fase della gestione il rispetto delle condizioni previste dall’articolo 184-bis del D.L.vo 152/06;

4. se le casistiche richiamate dal DM 10 marzo 2020 e, in particolare, l’utilizzo di tali residui ai fini del compostaggio all’interno dei terreni di proprietà della ditta appaltatrice, possano configurare una esclusione dalla disciplina rifiuti e/o una gestione come sottoprodotto.
 

CONSIDERAZIONI DEL MINISTERO DELLA TRANSIZIONE ECOLOGICA

Con riferimento ai quesiti di cui ai punti 1 e 2, si rappresenta che gli stessi sono stati già oggetto di chiarimento da parte di questo Ministero con la circolare n. 51657 del 14 maggio 2021, reperibile al seguente link: 2021_14mag_nota_chiarimenti.pdf

1) Nella citata circolare viene chiarito che i residui derivanti dalla manutenzione del verde pubblico sono esclusi dal regime di deroga previsto all’art. 185 del D.L.vo 152/06 e che gli stessi sono qualificabili come rifiuti, stante la loro inclusione all’interno della definizione di rifiuto urbano di cui all’articolo 183, comma 1, lettera b-ter), del citato decreto legislativo, in linea con quanto previsto all’articolo 3, paragrafo 4, della direttiva 2008/98/CE, con la consequenziale applicazione della disciplina e delle tutele previste dalla parte quarta del d.lgs. 152/06.

2) Per quanto riguarda invece le disposizioni inerenti la qualifica di un residuo di produzione come sottoprodotto e non come rifiuto, la disciplina comunitaria, come recepita nell’ordinamento nazionale dal D.L.vo 152/06, consente tale possibilità, ponendo in carico al produttore, mediante l’onere di dimostrare la sussistenza ed il rispetto contemporaneo di tutte le condizioni previste dall’articolo 184-bis del decreto legislativo n.152/2006.

Ebbene nell’ambito di tale dimostrazione, per il caso di specie, va osservata, la necessaria derivazione del residuo ottenuto da un’attività non direttamente collegata alla sua produzione, condizione contenuta alla lettera a), del comma 1, del citato articolo 184-bis. A tale fine pare opportuno chiarire il significato del concetto di produzione e valutare se tale concetto può essere ricondotto anche alla attività manutentiva delle aree verdi pubbliche o private.

In proposito si possono richiamare i contenuti della circolare esplicativa di questo Ministero n. 7619 del 30 maggio 2017, per l’applicazione del decreto ministeriale 13 ottobre 2016, n. 264, con la quale tra l’altro si è avuto modo di chiarire che: “Con riferimento alla nozione di processo di produzione, infine, ci si riferisce ad un processo che trasforma i fattori produttivi in risultati, i quali ben possono essere rappresentati da prodotti tangibili o intangibili, di talché anche la produzione può riguardare non solo i beni, ma anche i servizi e comprende non solo i processi tecnologici di fabbricazione dei componenti del prodotto e il loro successivo assemblaggio, ma anche processi di supporto all’attività di trasformazione, come manutenzione, controllo di processo, gestione della qualità, movimentazione dei materiali, ecc..

Orbene l’attività manutentiva, pure se compresa all’interno della definizione di processo produttivo, è da intendersi comunque riferita come attività di supporto del processo produttivo stesso ovvero finalizzata e funzionale al mantenimento in efficienza del processo produttivo. Per attività manutentive sembrano quindi doversi intendere tutte quelle attività poste a supporto dell’attività produttiva ovvero finalizzate al mantenimento in efficienza dell’impianto produttivo stesso o delle sue parti costituenti.

Dunque, mentre il residuo derivante dalla manutenzione effettuata nell’ambito delle attività agricole (ad esempio la coltivazione del fondo e/o l’allevamento) può essere facilmente considerato come parte integrante del processo di produzione perché funzionale ed anche necessario alla buona riuscita di una coltivazione/produzione, il residuo da manutenzione del verde ornamentale, ovvero quello derivante da giardini e parchi, indipendentemente se pubblici o privati, più difficilmente sembra poter essere configurabile come parte di un processo produttivo.

L’unica eccezione sembra poter essere ricondotta all’attività manutentiva quando esercitata dall’imprenditore agricolo ai sensi dell’art. 2135 del Codice Civile. Tale disposizione, stabilisce infatti che le attività effettuate direttamente dall’imprenditore agricolo, ancorché destinante alla fornitura di beni o servizi mediante l’utilizzazione di attrezzature o risorse dell’azienda normalmente impiegate nell’attività agricola esercitata, ivi comprese le attività di valorizzazione del territorio e del patrimonio rurale e forestale, si intendono connesse alle attività di coltivazione del fondo, selvicoltura ed allevamento.

3) Con riferimento al quesito di cui al punto 3 ovvero alla disposizioni contenute nel DM 23 giugno 2016 ed alla possibilità di considerare tale norma come speciale, qualificando ex legis come sottoprodotti taluni tipi di residui, tra i quali i residui della manutenzione del verde, poiché elencati al suo interno – nello specifico all’Allegato 1, Tabella 1.A “Elenco sottoprodotti utilizzabili negli impianti a biomasse e biogas” – esonerando in tal modo il produttore e l’utilizzatore dall’onere di attestare in ogni fase della gestione del residuo, il rispetto delle condizioni di cui all’art. 184-bis del D.L.vo. 152/06, si rappresenta che il citato decreto ministeriale, al pari di altre disposizioni normative vigenti, che pure menzionano tipologie di residui potenzialmente gestibili come sottoprodotti, non può e non potrebbe neppure, stabilire un elenco di materiali e sostanze senz’altro qualificabili come sottoprodotti, dovendo comunque rimettere la valutazione ad una analisi, caso per caso, del rispetto contemporaneo di tutte le condizioni indicate dall’art. 184-bis del d.lgs. 152/06.

Tale elenco costituisce quindi esclusivamente una mera elencazione dei possibili sottoprodotti utilizzabili negli impianti a biomasse e biogas e non costituisce deroga all’onere della prova che continua a permanere in carico al produttore del residuo ai sensi dell’art. 184-bis del d.lgs.152/06 e che deve essere verificato caso per caso e garantito per tutta la catena di gestione. Tale onere spetta solo all’operatore che ha la possibilità di scegliere i mezzi di prova, individuabili in autonomia, con i quali dimostrare il legittimo svolgimento di un’attività di gestione di sottoprodotti.

4) Infine, per quanto richiesto al punto 4, fermo restando quanto sopra già indicato, ovvero che un elenco di materiali gestibili come sottoprodotti non è mai da intendersi come una esclusione ex-lege dall’ambito di applicazione della disciplina dei rifiuti, le indicazioni contenute all’interno del dm 10 marzo 2020, “Criteri ambientali minimi per il servizio di gestione del verde pubblico e la fornitura di prodotti per la cura del verde”, ed in particolare il reimpiego dei materiali organici residuali in situ ai fini del compostaggio, dovrà essere sempre valutata alla luce di quanto discusso in merito alle corrette modalità di gestione di tale residuo. A tale riguardo si possono tenere in considerazione le disposizioni stabilite dall’art. 183 comma 1 lettera qq-ter) del d.lgs. 152/06 e quanto specificatamente indicato per l’autorizzazione di tale attività dall’art. 214, comma 7-bis, del medesimo decreto legislativo.
 

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