Paolo Pipere, esperto di Diritto dell’ambiente e Coordinatore scientifico Area Rifiuti di TuttoAmbiente Spa, spiega quali sono le responsabilità di un intermediario rifiuti.

La nozione di intermediario rifiuti si riferisce a coloro che dispongono, per conto di terzi, in merito al recupero e allo smaltimento dei rifiuti. Nella definizione si ritengono ricompresi anche gli intermediari che non acquistano la materiale disponibilità dei rifiuti: nel relativo caso, l’attività è limitata a porre in contatto il detentore, il trasportatore e il gestore del sito finale.

È bene ricordare che per gli intermediari senza detenzione dei rifiuti è necessaria l’iscrizione all’Albo Nazionale Gestori Ambientali nella categoria 8 (“intermediazione e commercio di rifiuti senza detenzione dei rifiuti stessi”).

A fronte di una nozione così ampia di intermediazione (con o senza detenzione), introdotta dall’art. 183, comma 1, lettera l) del Dlgs. 152/2006, di fatto è possibile e legittimo operare sul mercato come intermediari senza detenzione solo a fronte di regolare iscrizione all’Albo Gestori (cat. 8); l’intermediario con detenzione, invece, può legittimamente operare sul mercato, ma non deve iscriversi all’Albo in categoria 8, in quanto, se trasportatore è già iscritto ad altre categorie, mentre se è il gestore di un impianto è già dotato di autorizzazione all’esercizio di un’attività di trattamento.

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Per espressa previsione di legge (art. 183, comma 1, lettera n) del Dlgs. 152/2006), l’attività di intermediazione, pur senza detenzione, rientra, quindi, nell’ambito della gestione dei rifiuti e, pertanto, colui che agisce in qualità di intermediario si inserisce nel sistema di co-responsabilità previsto in materia, con conseguente applicazione delle sanzioni di cui all’art. 256 del medesimo decreto, sia per coloro che esercitano tale attività senza le necessarie iscrizioni, sia per coloro che hanno usufruito negligentemente dei servizi offerti da questi.

In questo senso si può ricordare la sentenza della Cassazione penale, Sez. III. n. 15771 /2018 : “in materia di gestione di rifiuti non vi è alcuna incompatibilità tra lo smaltimento e l’attività di gestione illecita di rifiuti, che comprende, secondo la descrizione che ne è data dall’art. 183, comma 1, lett. n), del D.L.vo 152/2006, la raccolta, il trasporto, il recupero e lo smaltimento dei rifiuti, compresi il controllo di tali operazioni e gli interventi successivi alla chiusura dei siti di smaltimento, nonché le operazioni effettuate in qualità di commerciante o intermediario.

Questo in quanto lo smaltimento, cioè qualsiasi operazione diversa dal recupero, è una delle condotte che concorrono a configurare la gestione illecita di rifiuti (art. 256 dello stesso decreto), anche qualora vi si partecipi come commerciante o intermediario. Le condotte che integrano la gestione dei rifiuti non sono, infatti, tra loro alternative, non essendo descritte nel senso che la commissione di una escluda la verificazione o la ipotizzabilità dell’altra”.

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In estrema sintesi, l’intermediario senza detenzione di rifiuti, assumendo l’incarico di disporre per conto di terzi il recupero o lo smaltimento, è tenuto a individuare i soggetti dotati dei titoli abilitativi (autorizzazioni degli impianti, iscrizioni all’Albo nazionale gestori ambientali dei trasportatori) necessari a gestire i rifiuti dei quali i produttori hanno provveduto ad effettuare la corretta attribuzione del codice identificativo e l’attribuzione delle caratteristiche di pericolo. Evidentemente l’intermediario dovrà anche preliminarmente verificare la corretta caratterizzazione e classificazione dei rifiuti.

Come evidenziato dalla massima della sentenza riportata, l’intermediario si pone in una posizione di corresponsabilizzazione con gli altri soggetti coinvolti nella filiera di gestione dei rifiuti.


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