Con istanza di interpello formulata ai sensi dell’art. 3-septies del D.L.vo n. 152/2006, un Comune siciliano ha richiesto un’interpretazione della vigente normativa in materia ambientale su recupero e/o riutilizzo delle ceneri vulcaniche ed in particolare sui seguenti aspetti:

  • 1) Modalità di presentazione delle istanze e dei progetti e delle attività di riutilizzo (CILA, SCIA, permesso a costruire etc..);
  • 2) Riferimenti normativi e procedure tecnico-amministrative ed analitiche per l’autorizzazione di progetti di riutilizzo delle ceneri vulcaniche e chiarimenti circa l’individuazione degli Enti che hanno l’onere o la possibilità di concedere detta autorizzazione;
  • 3) Eventuali differenti modalità di gestione fra i materiali raccolti da tetti e pertinenze degli edifici ed i materiali rimossi dalle strade.

 

CONSIDERAZIONI DEL MASE

 

Nel 2021, con il D.L. 31 maggio 2021, n. 77, convertito, con modificazioni, dalla L. 29 luglio 2021, n. 108, il legislatore ha introdotto nel D.lgs. 152/2006 (c.d. Codice dell’Ambiente) un preciso riferimento alla gestione delle ceneri vulcaniche, disponendo, all’art. 185, comma 1, lett. c), che «le ceneri vulcaniche, laddove riutilizzate in sostituzione di materie prime all’interno di cicli produttivi, mediante processi o metodi che non danneggiano l’ambiente né mettono in pericolo la salute umana» non rientrino nel campo di applicazione della parte quarta del predetto decreto, dedicata alla gestione dei rifiuti e alla bonifica dei siti inquinati.

Pertanto, nel rispetto delle suddette prescrizioni, le ceneri vulcaniche, in determinate circostanze, non sono da considerare “rifiuto” ma materiale che può essere utilizzato in nuovi cicli produttivi.

Dunque, le stesse potranno essere utilizzate nell’ottica dell’economia circolare, in sostituzione di materie prime, purché i processi o metodi utilizzati non arrechino danni all’ambiente e/o alla salute umana.

Qualora, diversamente, vengano meno i requisiti di cui all’art. 185, comma 1, lett. c), del d.lgs. 152/2006 e le ceneri vulcaniche non siano pertanto riutilizzate in sostituzione di materie prime all’interno di cicli produttivi, mediante processi o metodi che non danneggiano l’ambiente né mettono in pericolo la salute umana, esse costituiscono rifiuto e debbono sottostare alla disciplina di settore, in termini di prescrizioni ed atti autorizzativi, per quanto attiene alla raccolta, stoccaggio, trasporto e conferimento agli idonei impianti di trattamento.

Inoltre, nell’ottica di una “circolarità” nell’uso delle risorse, ma anche in previsione di un abbattimento dei costi che gravano sui Comuni per lo svolgimento di attività quali la raccolta delle ceneri, e il trasporto delle stesse, sono auspicabili accordi tra il settore pubblico e i soggetti privati (ad esempio imprese agricole, imprese di costruzione, produttori di fertilizzanti), al fine di organizzare e programmare le successive lavorazioni del materiale prodotto dalle eruzioni vulcaniche.

Con riguardo alle procedure tecnico-amministrative, di cui al primo e secondo quesito, utilizzabili per procedere al recupero e/o al riutilizzo delle ceneri vulcaniche – fermo restando quanto sopra, circa la stipula di convenzioni o accordi preliminari tra amministrazioni e interessati, da valutare, pur sempre, nel rispetto della disciplina sui contratti pubblici – è evidente che le stesse dipenderanno dal ciclo produttivo in cui le ceneri in parola saranno impiegate (es. dichiarazione di utilizzo, VIA, AIA, ecc.) come materie prime, nonché dalle caratteristiche specifiche del sito presso il quale il prodotto finale sarà adoperato (es. destinazione urbanistica).

In merito all’ultimo punto, l’esclusione delle ceneri vulcaniche dall’ambito di applicazione della Parte Quarta del D.L.vo n. 152/2006 si fonda sul loro utilizzo nei processi produttivi e pertanto non sembra rilevare la differenza tra i materiali raccolti da tetti e dalle pertinenze degli edifici ed i materiali rimossi dalle strade.
 

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