Sul sito del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica (MASE) è stato pubblicato un nuovo riscontro all’interpello ambientale formulato, ai sensi dell’art. 3-septies del D.Lgs. n.152/2006, dalla Provincia di Campobasso, la quale ha richiesto chiarimenti in ordine alla corretta applicazione della normativa vigente e in particolare sul limite di produzione dei residui, derivanti da attività di recupero, da inviare a smaltimento.

Le considerazioni del MASE sono le seguenti.

L’articolo 208 del D.Lgs. n. 152/2006 disciplina il procedimento di autorizzazione unica per i nuovi impianti di smaltimento o di recupero di rifiuti. Nello specifico, coloro che intendono realizzare e gestire nuovi impianti di smaltimento o di recupero di rifiuti anche pericolosi, devono presentare apposita domanda all’autorità competente, allegando il progetto definitivo dell’impianto e la necessaria documentazione tecnica.

Si avvia così un procedimento funzionale al rilascio, in presenza dei necessari requisiti e presupposti, dell’autorizzazione, ferma la validità, per talune installazioni, dell’autorizzazione integrata ambientale (AIA), sostitutiva della predetta autorizzazione unica.

Ai sensi del comma 11 dello stesso articolo 208, l’autorizzazione deve individuare le condizioni e le prescrizioni necessarie per garantire l’attuazione dei principi di cui all’articolo 178 del D.Lgs. 152/2006, nonché contenere, quantomeno, l’indicazione “per ciascun tipo di operazione autorizzata, i requisiti tecnici con particolare riferimento alla compatibilità del sito, alle attrezzature utilizzate, ai tipi ed ai quantitativi massimi di rifiuti e alla modalità di verifica, monitoraggio e controllo della conformità dell’impianto al progetto approvato”.

Analogamente, l’articolo 29-sexies, comma 3-bis, del D.Lgs. n. 152/2006, in materia di autorizzazione integrata ambientale, prescrive che la stessa debba contenere, tra il resto, “le disposizioni per la gestione dei rifiuti prodotti dall’impianto…”, nonché eventuali ulteriori condizioni specifiche, giudicate opportune dall’autorità competente.

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In un siffatto contesto normativo, pare evidente che, con riguardo agli impianti di recupero di rifiuti, il soggetto proponente avrà cura di predisporre il progetto dell’impianto per il quale richiede il titolo abilitativo con le necessarie specifiche tecniche riguardanti il processo di recupero, i quantitativi di rifiuti in ingresso, il materiale recuperato nonché i quantitativi dei rifiuti in uscito.

Tali contenuti risultano indispensabili per comprovare la ragionevolezza e la proporzionalità del progetto rispetto alle finalità del medesimo e devono essere poste alla base delle valutazioni che l’autorità competente effettua ai fini del rilascio dell’autorizzazione. Di ciò ne terrà altresì conto con le specifiche prescrizioni e condizioni finalizzate all’esercizio dell’impianto di recupero, inserite nel provvedimento in argomento.

Del resto, una definizione normativa generale sarebbe di difficile previsione, atteso che, al fine di individuare un siffatto dato, è necessario aver riguardo a diversi elementi variabili di caso in caso, come, ad esempio, alla tipologia dell’impianto, alle sue caratteristiche tecniche, alla natura dei residui prodotti, al periodo nel quale l’attività opera, alle migliori tecniche disponibili vigenti in detto periodo ovvero ad altre valutazioni tecniche.

Tutti elementi che, insieme ad altri, rendono peculiare ogni specifico caso e non permettono di prevedere limiti generali, definiti ex lege.

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In merito all’autorizzazione unica per i nuovi impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti, infatti, la giurisprudenza ha precisato, sebbene con riferimento fattispecie connessa, che “l’assenza di disposizioni normative puntuali (…), non rappresenta necessariamente una lacuna ma riflette una scelta del legislatore statale il quale, in relazione alla peculiarità degli impianti in esame e alla complessità del procedimento di autorizzazione, ha rimesso la fissazione dei termini alla stessa Amministrazione procedente, su impulso della Conferenza di servizi, secondo valutazioni da effettuarsi caso per caso (…)” (Cons. Stato, Sez. IV, 07/11/2022, n. 9738).

Tuttavia, l’assenza, in generale, di un dato normativo sul quantitativo di residui destinati allo smaltimento in esito alle operazioni di trattamento, non esclude che, con riguardo ad alcune tipologie di recupero, siano disponibili indicazioni più specifiche, come quelle riportate nel D.M. 29 gennaio 2007 con riferimento al recupero presso gli impiantì di trattamento meccanico-biologico (TMB), e nell’allegato 2, Suballegato 1, Suballegato 2 del D.M. 5 febbraio 1998, con riguardo agli impianti di recupero di materia e a quelli di recupero di energia.

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Ulteriori principi guida ai quali le Autorità competenti devono far riferimento nel rilascio dei titoli abilitativi, sono contenuti nei principi generali che governano la materia ambientale di cui all’articolo 178 dello stesso D.Lgs. n. 152/2006, così come anche richiamato al comma 11 del citato articolo 208, nonché gli specifici criteri di priorità nella gestione dei rifiuti di cui all’articolo 179, da cui emerge la necessità di operare in un’ottica di riduzione della produzione di rifiuti.

Infine, occorre sottolineare come l’assenza, in generale, di un dato normativo sul quantitativo di residui destinati allo smaltimento, non compromette l’esercizio delle funzioni di vigilanza e controllo volte a prevenire o reprimere le attività illecite. Tali funzioni, infatti, possono e devono essere svolte avendo riguardo alle prescrizioni impartite con le autorizzazioni ambientali e a quanto previsto dai piani di monitoraggio ambientale connessi al titolo abilitativo.

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