Sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea C-461 del 21 dicembre 2018 sono stati pubblicati tre importanti pareri del Comitato Europeo delle Regioni (CdR) in tema di ambiente:

Porti puliti, mari puliti — Impianti portuali di raccolta per il conferimento dei rifiuti delle navi (2018/C 461/18)

Proposta di regolamento che istituisce un programma per l’ambiente e l’azione per il clima (LIFE) e abroga il regolamento (UE) n. 1293/2013 (2018/C 461/14)

Proposta di direttiva sui prodotti di plastica monouso (2018/C 461/17)

Vediamoli più nel dettaglio.

 

Mari puliti

Relativamente all’obiettivo “mari puliti“, il parere del CdR ha ad oggetto la Proposta di direttiva relativa agli impianti portuali di raccolta per il conferimento dei rifiuti delle navi (che abroga la direttiva 2000/59/CE e modifica la direttiva 2009/16/CE e la direttiva 2010/65/UE), del 16 gennaio 2018 (v. anche “L’UE affronta il problema dello scarico in mare di plastica e rifiuti: il Consiglio approva un accordo sugli impianti portuali di raccolta“). Tale proposta muove dall’esigenza di una revisione approfondita della direttiva 200/59/CE, in ragione del cambiamento radicale della situazione odierna rispetto a quella del 2000, considerate anche le modifiche intervenute sulla Convenzione MARPOL, e del fatto che l’ambito di applicazione e le definizioni dell’attuale direttiva (2000/59) non sono più conformi al contesto internazionale. Con la proposta del gennaio 2018 l’UE mira ad “aumentare il livello di protezione dell’ambiente marino riducendo gli scarichi di rifiuti in mare, nonché a rendere più efficienti le operazioni marittime in porto attraverso la riduzione degli oneri amministrativi e l’aggiornamento del quadro normativo“.

Con un primo emendamento al testo della proposta il Comitato ha esteso (da 3 a 5 anni) il periodo di approvazione del piano di raccolta e di gestione dei rifiuti, per consentire ai porti di “valutare meglio l’efficacia del piano in applicazione“. Con riferimento al conferimento dei rifiuti delle navi (art. 7 della proposta), è previsto che “al conferimento il gestore dei rifiuti o l’autorità del porto cui i rifiuti sono stati conferiti compila in modo accurato il modulo di cui all’allegato 3 e rilascia la ricevuta alla nave“: con il secondo emendamento il Comitato “cassa” la previsione secondo la quale “le informazioni di cui al paragrafo 2 vengono conservate a bordo“, argomentando che ciò comporterebbe “inutili ostacoli burocratici“, e proponendo, invece, che la ricevuta rilasciata alla nave possa essere “conservata sulla nave in formato elettronico, sotto forma di copia scannerizzata.

Altri emendamenti riguardano i Sistemi di recupero dei costi (art. 8) e le ispezioni che non rientrano tra quelle effettuate dallo Stato di approdo (art. 12), ove il Comitato ha cura di chiarire che “gli Stati membri fissano procedure semplificate per le ispezioni di pescherecci di stazza lorda inferiore a 100 tonnellate e di imbarcazioni da diporto di stazza lorda inferiore a 100 tonnellate, al fine di garantire la conformità alle prescrizioni applicabili della presente direttiva e il rispetto del principio di proporzionalità“. Tra le racocmandazioni politiche, infine, il CdR segnala in primo luogo che “l’attività marittima è parte integrante dell’economia circolare“, sottolineando la “particolare importanza di incoraggiare l’economia circolare a bordo delle navi. Ciò presuppone la formazione degli equipaggi, come pure dei passeggeri, per quanto riguarda la cernita e l’idoneo stoccaggio dei rifiuti. La formazione e la raccolta differenziata rappresentano delle attività preliminari al riutilizzo dei prodotti e comportano dei costi che devono essere presi in considerazione nella determinazione dei prezzi dei servizi portuali“.

 

Programma LIFE

Quanto al Programma LIFE, tra i vari emendamenti suggeriti il CdR segnala che “la decarbonizzazione del settore delle costruzioni è un passo essenziale per raggiungere gli obiettivi climatici e energetici dell’UE e, quindi, per riuscire a rispettare gli obiettivi dell’accordo di Parigi. Tuttavia, si ritiene importante porre una maggiore attenzione ai consumi energetici per il riscaldamento e la climatizzazione, che rappresentano una parte importante dei consumi energetici europei“.

In particolare, osserva il Comitato appena oltre, “la qualità dell’aria è direttamente collegata alla combustione di energie fossili per il trasporto, per il riscaldamento e la climatizzazione e, in generale, per la produzione di energia elettrica. La decarbonizzazione di questi settori, quindi, ha un impatto diretto sulla qualità dell’aria e sulla salute dei cittadini, di conseguenza, “il programma LIFE deve tenere conto del potenziale di riduzione delle emissioni di gas inquinanti in questo tipo di progetti” promuovendo, ad esempio, l’alternativa basata su una fonte energetica rinnovabile rispetto alla sostituzione di attrezzature ad alte emissioni di gas ad effetto serra con attrezzature più efficienti ma ancora basate sull’energia fossile. Da qui anche il proposito di continuare con l’abbassamento dei costi di installazione di sistemi di energia rinnovabile.

Ulteriori emendamenti riguardano, tra gli altri, gli obiettivi specifici del programma, nell’ambito dei quali viene aggiunto quello di “rafforzare le sinergie tra le strategie di resilienza ai cambiamenti climatici e la riduzione del rischio di disastri naturali ad essi connessi attraverso l’introduzione di soluzioni tecniche, come ad esempio un metodo univoco di analisi del rischio di catastrofi naturali“. Infine, il Comitato conclude accogliendo, con favore, la proposta della Commissione europea che, riconfermando senza esitazione il programma LIFE per il prossimo Quadro Finanziario Pluriennale, ne riconosce esplicitamente il successo e il valore aggiunto (v. anche “Programma LIFE: il Consiglio adotta la sua posizione sul programma faro dell’UE per la politica ambientale“).

 

Lotta alla plastica monouso

Infine, per quanto riguarda la lotta alla plastica usa e getta, nel quadro della Strategia europea per la plastica nell’economia circolare” (COM 2018- 28), adottata il 16 gennaio 2018 (v. Rifiuti di plastica: una strategia europea per proteggere il pianeta e i cittadini), a maggio la Commissione europea ha proposto nuove norme per i 10 prodotti di plastica monouso che più inquinano le spiagge e i mari d’Europa e per gli attrezzi da pesca perduti e abbandonati. Successivamente, ad ottobre il Parlamento ha approvato il divieto al consumo nell’UE di alcuni prodotti in plastica monouso, che costituiscono il 70% dei rifiuti marini, e il 19 dicembre 2018 Commissione europea, Parlamento e Consiglio hanno concordato un testo definitivo della Proposta di Direttiva sulla riduzione dell’incidenza di determinati prodotti di plastica sull’ambiente (COM/2018/340 final – 2018/0172 (COD), anche conosciuta come Direttiva SUP, Single Use Plastic (v. Plastica, ministro Costa: “Giornata importante. Avviato cammino di tutela dei mari e dell’ambiente“).

Sulla proposta, il Comitato apporta, tra gli altri, un emendamento teso a “garantire che le misure adottate a livello nazionale, regionale e locale siano proporzionate, non discriminatorie e coerenti con la legislazione vigente dell’UE, comprese la direttiva 2008/98/CE e la direttiva 94/62/CE“. Segnala, quanto agli obiettivi della futura direttiva, che “i rifiuti di plastica si diffondono nella natura attraverso molti meccanismi diversi, buona parte dei quali non sono compresi a fondo“, osservando che “il deflusso urbano, l’acqua piovana e lo scioglimento della neve non sono trattati adeguatamente. Il deflusso urbano rappresenta invece un problema sempre più grave, dato che il riscaldamento climatico causa precipitazioni torrenziali. Nelle regioni nordiche, poi, anche lo scarico della neve in mare e nei laghi è una delle cause della comparsa della plastica nei sistemi acquatici“.

Quanto all’ambito di applicazione della direttiva SUP, il Comitato chiarisce che esso si estende anche “in generale a qualsiasi oggetto di plastica usa e getta non degradabile disperso nell’ambiente per qualsivoglia ragione“, precisando che “la soluzione principale sarebbe quella di raccogliere tutti i materiali usa e getta e riciclarli meccanicamente, chimicamente oppure mediante le biotecnologie. I prodotti devono essere progettati in modo tale da consentire tale soluzione. Altrimenti, al di fuori dei sistemi di raccolta, la plastica usa e getta rischia sempre di finire negli ecosistemi acquatici sotto forma di rifiuto“.

Detta, inoltre, la seguente definizione di plastica monouso, nota anche come plastica usa e getta: “prodotti progettati per essere utilizzati solo una volta con un ciclo di vita limitato, in grado di disintegrarsi in diversi componenti separati e comprensivi degli oggetti intesi a essere utilizzati solo una volta prima di essere gettati o riciclati“, sottolineando che “la plastica degradabile in ambienti acquatici, i polimeri naturali modificati biodegradabili e i polimeri sintetici non rientrano nella definizione di plastica“. Ciò fermo restando, prosegue il Comitato che “è essenziale garantire che non siano compromessi la funzionalità degli imballaggi e il ruolo fondamentale che essi svolgono nell’assicurare standard elevati in materia di igiene e sicurezza alimentare nonché di protezione della salute pubblica e tutela dei consumatori“.

In conclusione, il CdR segnala alla Commissione che l’ambito di applicazione della proposta risulta essere piuttosto ristretto, suggerendo così che “invece di limitarsi a elencare un certo numero di oggetti di plastica trovati in riva al mare per poi vietarli, occorre adottare sul lungo periodo un approccio più globale, come previsto nelle strategie UE sulla plastica e sull’economia circolare, al fine di promuovere i cambiamenti fondamentali necessari per affrontare tale problema in tutti gli ambienti, e va anche garantita un’ampia coerenza politica con il pacchetto sull’economia circolare“.


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