Mentre a livello europeo si predica da vent’anni il concetto per cui le sanzioni devono essere efficaci, proporzionate e dissuasive, noi giungiamo al paradosso per cui bruciare rifiuti di carta può far scattare la sanzione prevista dal delitto di cui all’Art. 256bis TUA, ovvero il delitto punito con la reclusione da uno a 5 anni, il quale -almeno- non costituisce reato presupposto del DL.vo 231/01, a meno che -se si è proprio scarognati- si ipotizza altresì non solo l’applicazione del comma 3 del medesimo reato (con l’applicazione delle sanzione di cui all’Art. 9 DLvo 231/01), ma anche il reato di discarica abusiva (art. 256, c.3, TUA), quello si reato di presupposto della “231”.

Ebbene nel caso affrontato e deciso dalla Corte di Cassazione con sentenza n.18112 del 2020, è andata proprio così:

La combustione illecita di rifiuti ex art. 256 bis D.L.vo 152/2006 commessa nell’esercizio dell’attività di impresa fa scattare a carico dell’azienda l’aggravante del comma 3 dell’art. 256 bis D.L.vo 152/2006 che prevede espressamente l’applicabilità delle sanzioni interdittive di cui all’art. 9 del D.L.vo 231/2001. (Nel caso di specie, l’imputato, quale titolare dell’azienda, dietro l’edificio principale dell’azienda, appiccava il fuoco ad un cumulo di rifiuti depositati in modo incontrollato e costituiti da diverso materiale cartaceo e giornali patinati.)

TuttoAmbiente consiglia:

Ultimi giorni per iscriversi al Corso Intensivo per Consulenti e Responsabili Ambientali!

weekly-school-1


Condividi: