Il Consiglio di Stato in una recente sentenza, la n.4647 del 9 maggio del 2023, ha ribadito che “il principio di precauzione (al quale si ispira anche la disciplina della tutela dell’esposizione ai campi elettromagnetici), costituisce uno dei capisaldi della politica ambientale dell’Unione europea, ed è attualmente menzionato, ma non definito, nell’art. 191, paragrafo 2, del TFUE, insieme a quelli del ‘chi inquina paga’ e dell’azione preventiva”.

Per il Consiglio di Stato tale principio tuttavia non conduce automaticamente a vietare ogni attività che, in via di mera ipotesi soggettiva e non suffragata da alcuna evidenza scientifica, si assuma foriera di eventuali rischi per la salute, privi di ogni riscontro oggettivo e verificabile.

Il principio di precauzione richiede, piuttosto e in primo luogo, una seria e prudenziale valutazione, alla stregua dell’attuale stato delle conoscenze scientifiche disponibili, dell’attività che potrebbe ipoteticamente presentare dei rischi.

Infatti, gli studi scientifici attualmente disponibili – pur essendo astrattamente falsificabili come è normale nell’evoluzione della ricerca scientifica – non attestano l’esistenza di rischi tali da legittimare misure che si traducano in un divieto generalizzato assunto in sede locale senza avere acquisito da sedi scientifiche attendibili dati sui concreti rischi legati all’uso di questa tecnologia che rendano il divieto generalizzato (sia pure temporaneo) proporzionato a fronte di altre possibili misure di minimizzazione e mitigazione dei rischi di compromissione della salute umana.
 

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