Sul sito del MASE è stato pubblicato un nuovo riscontro ad un interpello ambientale, formulato ai sensi dell’art. 3-septier del D.Lgs. 152/2006 dalla Provincia di Novara. In particolare, sono stati posti due quesiti di ordine generale sulla possibilità di far cessare la qualifica di rifiuto a materiali derivanti da trattamento di rifiuti conformi alle CSR o alla CSC e, in particolare, se:

1) nell’ambito di interventi di bonifica di siti contaminati, i materiali originati dal trattamento effettuato mediante impianto mobile di “soil washing” da autorizzare ai sensi del comma 15 dell’art. 208 del D.Lgs. n. 152/2006 possano cessare la qualifica di rifiuti ai sensi del’ art. 184-ter del D.Lgs. n.152/2006 qualora rispettino le CSR stabilite dal progetto di bonifica approvato;

2) se possano cessare la qualifica di rifiuti i materiali derivanti dal trattamento di rifiuti, ad esempio con codice EER 17 05 04, sottoposti a lavorazioni quali cernita/selezione, riduzione volumetrica, vagliatura, oppure “soil washing”, biorisanamento, desorbimento termico, ecc. che, oltre alle caratteristiche previste dalle norme UNI e dal test di cessione previsti dal D.M. 152/2022, abbiano valori di contaminazione conformi alla colonna A) o alla colonna B) della tabella 1 all’allegato V alla parte IV del D.Lgs. n. 152/2006 in base alla destinazione d’uso del sito dove i materiali verranno impiegati.

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Il MASE ha risposto quanto segue:

1) Il primo quesito riguarda la cessazione della qualifica di rifiuto, ai sensi del’ art. 184-ter del D.Lgs. n.152/2006, di terre originate dal trattamento di lavaggio qualora tali terre rispettino le CSR stabilite dal progetto di bonifica approvato.

In merito si rileva che l’attività oggetto del quesito rientra nell’ambito di applicazione della Parte IV, Titolo V del D.Lgs. n.152/2006 recante “Bonifica di siti contaminati”. Infatti, l’impianto mobile di cui trattasi effettua sul terreno contaminato operazioni di decontaminazione finalizzate a ricondurre ad un livello uguale o inferiore ai valori delle concentrazioni di soglie di rischio (CSR) il terreno stesso nel rispetto delle condizioni stabilite nel progetto autorizzato.

Pertanto, il caso prospettato sembra riguardare “interventi ex-situ on site con movimentazione e rimozione dei materiali e suolo inquinato, ma con trattamento nell’area del sito stesso e possibile riutilizzo” come definiti nell’Allegato 3 al Titolo V della Parte IV del D.Lgs. n.152/2006. Tale intervento è finalizzato ad operazioni di disinquinamento per eliminare e/o ridurre le sostanze inquinanti presenti nel suolo e pertanto tale trattamento dei terreni contaminati effettuato nell’ambito del progetto di bonifica non appare riconducibile ad un’operazione di gestione dei rifiuti.

In tal senso non appare possibile attribuire la qualifica di “end of waste” a tali materiali in quanto la loro eventuale qualifica come rifiuto non rileva finché sono gestiti all’interno del progetto di bonifica.
Infatti la loro ricollocazione nel sito in bonifica, così come il trattamento, deve essere prevista espressamente dal Progetto di Bonifica la cui approvazione costituisce l’autorizzazione al trattamento e all’utilizzo in loco. Si ricorda infatti che, ai sensi del comma 7 dell’art 242, “Ai soli fini della realizzazione e dell’esercizio degli impianti e delle attrezzature necessarie all’attuazione del progetto operativo e per il tempo strettamente necessario all’attuazione medesima, l’autorizzazione regionale… sostituisce a tutti gli effetti le autorizzazioni, le concessioni, i concerti, le intese, i nulla osta, i pareri e gli assensi previsti dalla legislazione vigente compresi, in particolare, quelli relativi alla valutazione di impatto ambientale, ove necessaria, alla gestione delle terre e rocce da scavo all’interno dell’area oggetto dell’intervento ed allo scarico delle acque emunte dalle falde.
L’autorizzazione costituisce, altresì, variante urbanistica e comporta dichiarazione di pubblica utilità, di urgenza ed indifferibilità dei lavori”.

In ultima analisi il MASE ritiene che i due procedimenti, di bonifica e per la cessazione della qualifica di rifiuto, vadano tenuti distinti nel senso che l’applicazione dell’uno esclude il ricorso all’altro per il medesimo oggetto.

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2) Con il secondo quesito la provincia di Novara chiede se possano cessare la qualifica di rifiuti i materiali derivanti dal trattamento di rifiuti, ad esempio con codice EER 17 05 04, sottoposti a lavorazioni quali cernita/selezione, riduzione volumetrica, vagliatura, oppure “soil washing”, biorisanamento, desorbimento termico, ecc. che, oltre alle caratteristiche previste dalle norme UNI e dal test di cessione previsti dal D.M. 152/2022, abbiano valori di contaminazione conformi alla colonna A) o alla colonna B) della tabella 1 all’allegato V alla parte IV del D.Lgs. n. 152/2006 in base alla destinazione d’uso del sito dove i materiali verranno impiegati.

In merito a questo quesito, per come lo stesso è formulato, non appare possibile valutare se quanto in esso indicato sia riconducibile all’ambito di applicazione di cui al Decreto 27 settembre 2022, n. 152, recante “Regolamento che disciplina la cessazione della qualifica di rifiuto dei rifiuti inerti da costruzione e demolizione e di altri rifiuti inerti di origine minerale, ai sensi dell’articolo 184-ter, comma 2, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152”.

Qualora non ricadendo nell’ambito di applicazione del suddetto decreto, si intenda attribuire al terreno da risanare la qualifica di rifiuto, al fine dell’applicazione della cessazione della qualifica di rifiuto del materiale che esita dal trattamento ai sensi dell’articolo 184-ter, comma 3, appare utile richiamare quanto indicato nelle Linee Guida SNPA 41/2022 “Linee guida del sistema nazionale per la protezione dell’ambiente per l’applicazione della disciplina end of waste di cui all’art. 184 ter del d.lgs. n. 152/2006”- Revisione gennaio 2022”.

Queste ultime, indicano dettagliatamente quanto dovrebbero riportare le autorizzazioni caso per caso: l’individuazione dei rifiuti ammissibili all’operazione di recupero, i processi e le tecniche di trattamento consentiti, i criteri di qualità per i materiali di cui è cessata la qualifica di rifiuto ottenuti dall’operazione di recupero, i requisiti affinché i sistemi di gestione dimostrino il rispetto dei criteri relativi alla cessazione della qualifica di rifiuto e, infine, un requisito relativo alla dichiarazione di conformità.

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Inoltre, i provvedimenti autorizzativi devono individuare le operazioni di recupero/riciclaggio compatibili con le caratteristiche dei rifiuti in entrata che garantiscano i requisiti di qualità dei materiali in uscita, nonché la conformità alle norme tecniche di riferimento e gli standard tecnico prestazionali. Devono, inoltre, dettagliare gli usi ammessi per la sostanza o l’oggetto che cessa la qualifica di rifiuto, indicando le eventuali tipologie di processi produttivi in cui l’end of waste viene utilizzato, nonché i parametri da analizzare per la verifica delle condizioni per la cessazione della qualifica di rifiuti e la relativa frequenza di analisi.

Alla luce di quanto sopra, purché siano rispettati tutti i criteri e i requisiti richiesti, è corretto ritenere, in accordo con ARPAL e la Provincia di Novara, che solo in caso di conformità alla colonna A (siti con destinazione residenziale/verde pubblico) è possibile la cessazione della qualifica di rifiuto poiché, in linea generale, non è possibile considerare come materia prima “ una sostanza la cui commercializzazione sia subordinata alla verifica della destinazione d’uso del sito in cui dove essere utilizzata.”.

Considerazioni diverse si potrebbero fare nel caso in cui il materiale, soddisfacendo i requisiti di cui all’art. 184-bis, possa essere qualificato come sottoprodotto.

Si rappresenta che il D.P.R. n. 120/2017 recante “Disposizioni di riordino e semplificazione della disciplina inerente la gestione delle terre e rocce da scavo” regola la gestione delle terre e delle rocce da scavo qualificate come sottoprodotti ai sensi dell’articolo 184-bis del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152. In particolare nell’art. 2 del medesimo decreto sono definite terre e rocce da scavo “il suolo escavato derivante da attività finalizzate alla realizzazione di un’opera” dove per opera si intende “il risultato di un insieme di lavori che di per sé esplichi una funzione economica o tecnica.

Le opere comprendono sia quelle che sono il risultato di un insieme di lavori edilizi o di genio civile, sia quelle di difesa e di presidio ambientale e di ingegneria naturalistica.” Pertanto è possibile qualificare le terre come sottoprodotti se, oltre a soddisfare tutti i requisiti previsti dall’art. 184-bis, le attività dalle quali sono generate le terre e rocce da scavo rientrano fra quelle definite come “opere” ai sensi del D.P.R. n. 120/2017 tra le quali però non sono ricompresi gli interventi di bonifica, messa in sicurezza permanente ed operativa.

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