Nel mese di aprile 2021, TuttoAmbiente è stata contatta da una multinazionale con sede in Italia, che vanta un’esperienza ventennale in diversi campi: dalle materie prime e gli ingredienti per i settori farmaceutico, sanitario, alimentare, alla cura personale, nonché alla nutrizione animale.

Con un mercato altamente attraente e in espansione, migliaia di dipendenti, un centinaio di laboratori e centri di ricerca in tutto il mondo, si tratta di un’Azienda molto attenta alle proprie performance ambientali.
 

Contatto iniziale

Dopo aver condotto una ricerca sul web per trovare il servizio di consulenza più adatto alle sue esigenze, il cliente ha contattato TuttoAmbiente tramite il format del sito “Chiedi all’Esperto”.

Si tratta dell’opportunità di contattare la nostra azienda e di chiedere supporto su un singolo problema ambientale da risolvere, o su dubbio su cui si vuole avere le idee ben chiare prima di passare all’azione.

In questo caso la richiesta è arrivata in tempo reale al reparto commerciale, il quale si è confrontato per una previa valutazione con il Professor Stefano Maglia.

Poiché il quesito posto in fase iniziale non era sufficientemente completo e dettagliato per poter permettere la redazione di un preventivo, il Professor Maglia ha dato incarico a uno dei consulenti ambientali dello staff di TuttoAmbiente di contattare – nell’arco della stessa giornata – telefonicamente o, se non raggiungibile, via e-mail, il cliente per assumere maggiori informazioni.
 

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Prima call

Il primo contatto, precedente il preventivo, è sempre gratuito: a discrezione del cliente e del consulente incaricato, può svolgersi telefonicamente o mediante videocall (in questo caso l’utilizzo della piattaforma viene deciso insieme, anche se solitamente si opta per Teams o Zoom).

Il cliente ha preferito un primo contatto telefonico: in questa prima fase, alla call hanno partecipato singolarmente il referente aziendale che ha inviato il quesito e il consulente ambientale di TuttoAmbiente incaricato. Trovandosi ancora in una fase preliminare, il Professor Maglia non partecipa mai a questo tipo di call.

Durante questo primo contatto, ci si è brevemente presentati, si è proceduto a descrivere l’Azienda e le proprie necessità. Il consulente ha posto una serie di domande per assumere le informazioni necessarie al fine di consentire al reparto commerciale di redigere un adeguato preventivo per le attività necessarie alla risoluzione del problema del potenziale cliente.

In linea di massima questa prima call dura circa una mezz’ora, anche se la durata è estremamente variabile in ragione dell’articolazione aziendale e del quesito sottoposto.
 

Generazione offerta

Una volta apprese le necessarie informazioni, il consulente ha riferito congiuntamente al Professor Maglia ed al reparto commerciale l’esito della prima call. Sulla base di questo, è stato stabilito un impegno di spesa e di tempo (giorni lavorativi) necessari per la redazione della consulenza.

La redazione del preventivo, comprensivo delle fasi precedenti, è sempre gratuita.

Di solito l’offerta che TuttoAmbiente redige è comprensiva anche di una videocall o di un incontro in presenza, che può essere sfruttato dal cliente per discutere di alcuni dettagli in corso di redazione del parere o perché gli venga presentata la consulenza una volta conclusa.

All’invio dell’offerta procede il reparto commerciale: il consulente verrà richiamato solo dopo l’eventuale accettazione del preventivo.

È prassi che l’offerta sia valida 20 giorni: ciò significa che il cliente ha a sua disposizione 20 giorni di tempo per accettare il preventivo a quelle condizioni di tempo e costi; dopodiché non può più essere ritenuta valida e le condizioni potrebbero essere riviste a discrezione del Professor Maglia e del reparto commerciale.
 

Accettazione preventivo

Dopo aver ricevuto l’offerta, il cliente ha accettato a stretto giro il preventivo, restituendolo controfirmato, per accettazione, completo dei dati aziendali e fiscali.

Da quel momento, il reparto commerciale ha comunicato al consulente incaricato (ovvero quello che ha condotto la prima call con il cliente) l’assunzione di un nuovo incarico, stimando la data di consegna della consulenza.

A questo punto, il consulente ha ripreso contatto con il cliente, che ha chiesto di programmare una videocall in corso di redazione del parere.
 

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Il quesito

Il quesito sottoposto a TuttoAmbiente era inerente ai tagli di lavorazione degli involucri collagenici (budelli per insaccati), che erano sempre stati gestiti quali rifiuti, affinché – essendo cresciuta l’attenzione verso gli impatti ambientali delle attività aziendali – si valutasse la possibilità di conferire i suddetti ritagli, avanzi, sfridi di collagene quali sottoprodotti ex art. 184-bis del D.L.vo 152/06 ad un’azienda terza per ottenere fertilizzanti di vario tipo.

Da ciò è emerso che esistono semilavorati a base di collagene naturale, tra cui gli involucri di collagene commestibili, con una grande varietà di finiture, pronti a farcire, in grado di assicurare processi produttivi veloci ed eccellenti proprietà organolettiche. Questi si presentano sotto forma di bobine e successivamente vengono tagliati, messi a misura, forati e li cuciti in base alle specifiche dei propri clienti.

Da tali attività si generano ritagli, avanzi, sfridi di collagene che attualmente vengono conferiti in qualità di rifiuti (CER 15.01.06 – imballaggi in materiali misti) al fornitore iscritto all’Albo per il trasporto di rifiuti nonché autorizzato al recupero degli stessi.
 

Articolazione della consulenza

A questo punto, il consulente che ha preso in carico la redazione del parere ha proceduto all’esame dettagliato della vigente normativa in materia di sottoprodotto.

A livello nazionale, l’attuale definizione di sottoprodotto è contenuta all’art. 184 – bis, c. 1, il quale prevede che:
“È un sottoprodotto e non un rifiuto ai sensi dell’articolo 183, comma 1, lettera a), qualsiasi sostanza od oggetto che soddisfa tutte le seguenti condizioni:
a) la sostanza o l’oggetto è originato da un processo di produzione, di cui costituisce parte integrante, e il cui scopo primario non è la produzione di tale sostanza od oggetto;
b) è certo che la sostanza o l’oggetto sarà utilizzato, nel corso dello stesso o di un successivo processo di produzione o di utilizzazione, da parte del produttore o di terzi;
c) la sostanza o l’oggetto può essere utilizzato direttamente senza alcun ulteriore trattamento diverso dalla normale pratica industriale;
d) l’ulteriore utilizzo è legale, ossia la sostanza o l’oggetto soddisfa, per l’utilizzo specifico, tutti i requisiti pertinenti riguardanti i prodotti e la protezione della salute e dell’ambiente e non porterà a impatti complessivi negativi sull’ambiente o la salute umana”.

Nell’elencare i requisiti indispensabili per poter qualificare sostanze e materiali quali sottoprodotti l’art. 184-bis del D.L.vo 152/06 pone, implicitamente, come preventiva e macro-condizione senz’altro quella per cui il produttore/detentore non intende disfarsi di tali materiali.

È fondamentale premettere che relativamente a tutte le altre condizioni meglio approfondite, la giurisprudenza è ormai costante nel riconoscere l’onere della prova della sussistenza delle condizioni affinché uno scarto di produzione possa essere qualificato come sottoprodotto in capo a colui che voglia utilizzarlo come tale.

Alla lettera a) dell’art. 184-bis si richiede, innanzitutto, che il sottoprodotto provenga da un processo di produzione, sottolineando sia la natura integrata della creazione del residuo rispetto al processo produttivo – laddove la norma prescrive che la creazione del residuo debba essere parte integrante del processo produttivo – sia il rapporto con la finalità del processo – laddove si richiede che lo scopo primario di quest’ultimo non sia la produzione del medesimo residuo.

Con riferimento al concetto di scopo primario, ad avviso di chi scrive dovrebbe guardarsi alla volontà o meno dello stesso produttore di ottenere la sostanza/oggetto come effetto del processo produttivo.

La condizione relativa al fatto che il materiale debba essere parte integrante del processo produttivo non pone – apparentemente – particolari problemi interpretativi. Per certo, sono parte integrante della produzione tutti quei residui che decadono in via continuativa, periodica o comunque non saltuaria dal processo di produzione di un determinato bene intenzionalmente prodotto.

La certezza dell’utilizzo (lett. b) è la condizione sulla quale si concentra buona parte della giurisprudenza, ormai costante nell’affermare che ai fini della qualificazione come sottoprodotto di sostanze e materiali incombe sull’interessato “l’onere di fornire la prova che un determinato materiale sia destinato con certezza ed effettività, e non come mera eventualità, ad un ulteriore utilizzo”.

Ciò che rileva ai fini della certezza del riutilizzo è che tale requisito possa essere verificato e che la prova della certezza di un suo riutilizzo possa essere fornita dal produttore del materiale.

Quanto alla lett. c), il richiamo alla normale pratica industriale si è sempre giustificato quale utile criterio di identificazione dei trattamenti ammessi che sono sempre stati individuati in quelli “sostanzialmente assimilabili” a quelli a cui l’impresa sottopone anche il prodotto industriale, prima di immetterlo sul mercato, a prescindere quindi dalle modificazioni della sua natura.

I trattamenti della normale pratica industriale possono dunque definirsi come il complesso di ordinarie operazioni o fasi produttive che – secondo una prassi consolidata nel settore specifico di riferimento – caratterizza un dato ciclo di produzione di beni, e che possono mutare da sottoprodotto a sottoprodotto a prescindere dalle variazioni sulla originaria natura.

La condizione posta dalla lett. d) richiede che l’ulteriore utilizzo sia “legale”, espressione con la quale si allude al rispetto (puntuale) dei requisiti riguardanti i prodotti, nonché di quelli concernenti la protezione della salute (anche se non specificato come accade, invece, nella riga successiva, si può presumere che si tratti comunque della salute umana) e dell’ambiente.

Inoltre, l’impatto ambientale che l’impiego di tali materiali (come sottoprodotti) provoca non deve essere peggiore né qualitativamente, né quantitativamente rispetto a quello provocato dall’attuale utilizzazione degli stessi materiali (come rifiuti) o dei materiali sostituiti nel processo industriale autorizzato di destinazione.

Successivamente, il consulente è passato a esaminare il D.M. 264/16 con la scheda tecnica e la dichiarazione di conformità, le circolari ministeriali n. 3084 del 3 marzo 2017 e n. 7619 del 30 maggio 2017, nonché tutta la giurisprudenza espressasi sinora in materia.

Il parere è stato poi completato analizzando anche temi talvolta tangenti, come la lavorazione prima dell’utilizzo, l’applicazione del Regolamento Reach, il ruolo dell’intermediario, nonché i profili di rischio e le responsabilità.

Il parere è stato, infine, completato con la valutazione del soddisfacimento dei requisiti nel caso di specie.

In tal caso, si è potuto concludere a favore dell’inquadramento dei residui costituiti dai tagli di lavorazione degli involucri collagenici come sottoprodotti, in quanto:

  • a) il produttore non intende disfarsi dei residui di produzione;
  • b) i residui costituiti dai tagli di lavorazione degli involucri collagenici decadono dall’attività di messa a misura della materia prima (bobine di collagene);
  • c) la certezza dell’utilizzo “nel corso dello stesso o di un successivo processo di produzione o di utilizzazione, da parte del produttore o di terzi” è soddisfatta in quanto quelle sostanze/oggetti verranno utilizzate da una ditta terza per produrre fertilizzanti;
  • d) Ai fini della realizzazione del processo produttivo che (a valle) è volto a utilizzare i residui costituiti dai tagli di lavorazione degli involucri collagenici, gli stessi saranno sottoposti ad attività e operazioni costituenti “normale pratica industriale” propedeutica all’utilizzo come l’attività di macinazione, pressatura e lavorazione nel processo produttivo;
  • e) in considerazione del fatto che i tagli di lavorazione degli involucri collagenici verrebbero reimpiegati in uno stabilimento in possesso delle necessarie autorizzazioni sanitarie, si ritiene che ciò possa garantire a priori il rispetto dei requisiti concernenti la protezione della salute e dell’ambiente.

 

Inoltre, l’impatto ambientale che l’impiego di tali materiali come sottoprodotti provoca non risulterebbe essere peggiore né qualitativamente, né quantitativamente rispetto a quello provocato dall’attuale utilizzazione delle materie prime; anzi l’utilizzo dei tagli di lavorazione degli involucri collagenici residuali ridurrebbe l’impiego del collagene “materia prima”.

Si sottolinea che l’onere della prova della sussistenza delle condizioni è in capo all’azienda finale che voglia utilizzare il sottoprodotto. In particolare, come evidenziato anche dalla giurisprudenza più volte citata, è consigliabile – cautelativamente – predisporre “una precisa documentazione di natura tecnica, che verta sulle caratteristiche del ciclo di produzione, sul successivo reimpiego ed eventuali successivi trattamenti, sulla presenza di caratteristiche idonee a soddisfare tutti i requisiti pertinenti riguardanti i prodotti e la protezione della salute e dell’ambiente e l’assenza di impatti complessivi negativi sull’ambiente o la salute umana” (Cass. Pen. Sez. III n. 38590 del 7 agosto 2017).

TuttoAmbiente ha consigliato la predisposizione di un vero e proprio dossier tecnico, da inviare in copia agli Enti competenti affinché abbiano preventiva contezza della gestione degli scarti e da esibire in caso di verifica da parte degli organi di controllo, e che permetta loro di comprendere agevolmente il flusso di gestione dei sottoprodotti di cui al quesito.

A tal fine, il consulente ha contribuito nell’aiutare a predisporre il dossier, rendendosi disponibile per risolvere eventuali futuri dubbi e dando la disponibilità anche per un sopralluogo sul posto per verificare la rispondenza e la correttezza dell’operato.
 

Conclusione

Al termine della redazione della consulenza, l’amministrazione di TuttoAmbiente ha predisposto la fattura per il servizio reso ed il consulente ha trasmesso via email al referente aziendale sia il parere, firmato dal professor Maglia, sia la relativa fattura.
Per prassi, qualora ci siano aspetti sui quali il cliente ha necessità di chiarimenti, può ricontattare il consulente che provvede alla spiegazione.

Prima di congedarsi al termine della collaborazione, il consulente invita sempre l’Azienda a continuare a seguire le attività di TuttoAmbiente, iscrivendosi alla newsletter gratuita, presentandogli l’offerta formativa e gli altri servizi che potrebbero essere utili, come la consulenza continuativa personalizzata, gli audit ambientali, la valutazione dei potenziali rischi ambientali, il supporto alla realizzazione del sistema di gestione ambientale, l’adozione di un modello organizzativo ai sensi del D.L.vo 213/01, il supporto alla redazione del piano spostamenti casa-lavoro, l’ausilio per la verifica della tassa rifiuti, l’analisi del ciclo di vita per promuovere prodotti a basso impatto ambientale.