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Ammesso il silenzio-assenso in campo ambientale?

di Miriam Viviana Balossi

Categoria: Generalità

In data 4 agosto 2015 il Senato della Repubblica ha approvato il disegno di legge recante “Deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche” (Atto Senato n. 1577-B), ad oggi non ancora pubblicato in Gazzetta Ufficiale.
Tra le novità più rilevanti, si segnala la previsione di cui all’art. 3, inerente il “silenzio assenso tra amministrazioni pubbliche e tra amministrazioni pubbliche e gestori di beni o servizi pubblici”, che si realizza mediante l’inserimento del nuovo art. 17-bis all’interno della L. 241/90.
Fino ad oggi, la L. 241/90 ha sancito l’inesistenza dell’istituto del silenzio assenso nella disciplina ambientale: l’art. 20, infatti, prevede che “Fatta salva l’applicazione dell’articolo 19, nei procedimenti ad istanza di parte per il rilascio di provvedimenti amministrativi il silenzio dell’amministrazione competente equivale a provvedimento di accoglimento della domanda, senza necessità di ulteriori istanze o diffide, … 4. Le disposizioni del presente articolo non si applicano agli atti e procedimenti riguardanti il patrimonio culturale e paesaggistico, l’ambiente, la difesa nazionale, la pubblica sicurezza, l’immigrazione, l’asilo e la cittadinanza, la salute e la pubblica incolumità, oltre ai casi in cui la normativa comunitaria impone l’adozione di provvedimenti amministrativi formali, ed ai casi in cui la legge qualifica il silenzio dell’amministrazione come rigetto dell’istanza…”.
Già una prima eccezione a questa regola si può ravvisare nell’ultimo periodo dell’art. 5, c. 3, del D.M. 161/2012 (Materiali da scavo), che recita: “… Decorso il sopra menzionato termine di novanta giorni dalla presentazione del Piano di Utilizzo all’Autorità competente o delle eventuali integrazioni, il proponente gestisce il materiale da scavo nel rispetto del Piano di Utilizzo, fermi restando gli obblighi previsti dalla normativa vigente per la realizzazione dell’opera”. Questa dicitura viene considerata come una sorta di silenzio/assenso, sulla base del quale il proponente dopo 90 giorni dalla presentazione del piano di utilizzo, in caso di silenzio dell’Autorità competente, può iniziare le operazioni di scavo e di gestione del materiale secondo il piano presentato.
Una seconda eccezione si ravvisa, ad opinione di chi scrive, nella disciplina sull’A.I.A., perché, in caso di modifica ai sensi dell’art. 29-nonies D.L.vo 152/06, il procedimento può concludersi con il silenzio assenso trascorsi 60 giorni dalla data di trasmissione della comunicazione senza che l’A.P. si sia espressa in merito: in tal caso la progettata modifica dell’impianto può essere realizzata.
Che cosa succede in caso di omessa emanazione dell’atto o suo ritardo?
L’art. 2, c. 9 – 9 bis (introdotto dal D.L. 5/2012), prevede:
“9. La mancata o tardiva emanazione del provvedimento costituisce elemento di valutazione della performance individuale, nonché di responsabilità disciplinare e amministrativo-contabile del dirigente e del funzionario inadempiente.
9-bis. L’organo di governo individua, nell’ambito delle figure apicali dell’amministrazione, il soggetto cui attribuire il potere sostitutivo in caso di inerzia. Nell’ipotesi di omessa individuazione il potere sostitutivo si considera attribuito al dirigente generale o, in mancanza, al dirigente preposto all’ufficio o in mancanza al funzionario di più elevato livello presente nell’amministrazione”.
Oltre a ciò, il Decreto Legge n. 69 del 21 giugno 2013 recante “Disposizioni urgenti per il rilancio dell’economia” (cd. “Decreto Fare”), in vigore dal 22 giugno 2013, si segnala in materia perché all’art. 28 si occupa dell’indennizzo da ritardo nella conclusione del procedimento. La norma prevede che la P.A. procedente, o quella responsabile del ritardo e i soggetti privati preposti all’esercizio di attività amministrative (art. 1, c. 1 ter, L. 241/90), in caso di inosservanza del termine di conclusione del procedimento amministrativo iniziato ad istanza di parte, per il quale sussiste l’obbligo di pronunciarsi – ad esclusione delle ipotesi di silenzio qualificato – corrispondono all’interessato, a titolo di indennizzo per il ritardo, una somma pari a 30 euro per ogni giorno di ritardo, a decorrere dalla data di scadenza del termine del procedimento, e comunque complessivamente non superiore a 2.000 euro. L’art. 28 rappresenta, dunque, una disposizione innovativa che permette all’impresa la possibilità di attivarsi per chiedere l’indennizzo (non il risarcimento) da ritardo, mentre parallelamente si può procedere al Tar per ottenere il provvedimento, nonché per accertare la responsabilità del funzionario pubblico. Si rammenta, però, che deve necessariamente trattarsi di un procedimento ad istanza di parte per cui la legge prevede l’obbligo di pronunciarsi.
Tutto ciò premesso, il nuovo art. 3 del provvedimento in materia di riorganizzazione della P.A. prevede i seguenti principi:

  • nei casi in cui è prevista l’acquisizione di assensi, concerti o nulla osta di amministrazioni pubbliche e di gestori di beni o servizi pubblici, per l’adozione di provvedimenti normativi e amministrativi di competenza di altre amministrazioni pubbliche, le amministrazioni o i gestori competenti comunicano il proprio assenso entro 30 giorni dal ricevimento dello schema di provvedimento;
  • il termine è interrotto qualora l’amministrazione o il gestore che deve rendere il proprio assenso rappresenti esigenze istruttorie o richieste di modifica, motivate e formulate in modo puntuale nel termine stesso;
  • in tal caso, l’assenso è reso nei successivi 30 giorni dalla ricezione degli elementi istruttori o dello schema di provvedimento;
  • non sono ammesse ulteriori interruzioni di termini;
  • decorsi i suddetti termini senza che sia stato comunicato l’assenso, lo stesso si intende acquisito.

La novità maggiore è costituita dal comma 3, secondo il quale i principi sopra esposti “si applicano anche ai casi in cui è prevista l’acquisizione di assensi, concerti o nulla osta comunque denominati di amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico – territoriale, dei beni culturali e della salute dei cittadini, per l’adozione di provvedimenti normativi e amministrativi di competenza di amministrazioni pubbliche”. In tali casi, ove disposizioni di legge o altri provvedimenti non prevedano un termine diverso, il termine entro il quale le amministrazioni competenti comunicano il proprio assenso è di 90 giorni dal ricevimento della richiesta da parte dell’amministrazione procedente: decorsi i suddetti termini senza che sia stato comunicato l’assenso, il concerto o il nulla osta, lo stesso si intende acquisito.
Fermo restando che quanto sopra non si applica nel caso in cui ci siano disposizioni del diritto dell’Unione europea che richiedano l’adozione di provvedimenti espressi, si sottolinea come le nuove norme sul silenzio – assenso, anche in campo ambientale riguardino i rapporti tra amministrazioni pubbliche e tra amministrazioni pubbliche e gestori di beni o servizi pubblici: in altre parole, si tratta di un istituto esclusivamente riferito alle procedure interne della P.A. Nonostante le associazioni ambientaliste abbiano protestato contro la riforma Madia proprio su questo punto (il silenzio assenso sarebbe una risposta sbagliata ai problemi, reali, di velocità della risposta della P.A. e di presa di responsabilità da parte dei diversi Enti), non si può non convenire sul fatto che da anni il ritardo nell’attuazione delle riforme dipende, molto spesso, dai cosiddetti “concerti”, ovvero da quelle intese necessarie tra i vari settori della P.A. per varare i decreti ministeriali, che dilatano nel tempo l’entrata in vigore delle riforme.
L’obiettivo di una Pubblica Amministrazione più rapida ed efficiente vorrebbe essere perseguito anche mediante la “rivoluzione” dell’istituto della conferenza di servizi (art. 2), ove anche in questo caso si segnala l’introduzione del silenzio – assenso: tutte le PP.AA. che partecipano alla conferenza (ivi comprese quelle preposte alla tutela della salute, del patrimonio storico – artistico e dell’ambiente) devono esprimere il loro parere entro il termine dei lavori della conferenza stessa; in caso contrario, il loro silenzio equivale ad un assenso (art. 2, c. 1, lett. g).

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