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Attività organizzate per traffico illecito rifiuti: “delitto-spia” del pericolo di infiltrazione mafiosa e stop "White list"?

di Elena Mussida

Categoria: Ecoreati

Il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 491, pubblicata il 16 gennaio 2023, si è espresso con fermezza sullo stretto rapporto tra il reato di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti di cui all’art. 452 quaterdecies del Codice penale e il rischio di infiltrazione di stampo mafioso. Il reato, come noto, punisce chiunque, al fine di conseguire un ingiusto profitto, con più operazioni e attraverso l’allestimento di mezzi e attività continuative organizzate, cede, riceve, trasporta, esporta, importa, o comunque gestisce abusivamente ingenti quantitativi di rifiuti.

Il giudizio avanti il tribunale amministrativo si è instaurato a seguito del diniego della Prefettura di Latina circa la richiesta di rinnovo dell’iscrizione nell’elenco fornitori prestatori ed esecutori di lavori non soggetti a tentativi di infiltrazione mafiosa (cd. White list) di una società operante nelle attività di trasporto di materiali a discarca e smaltimento di rifiuti. Il suddetto elenco è istituito, sulla base di quanto stabilito dall’art.1, comma 52 della Legge 6 novembre 2012, n. 190[1], presso ogni prefettura; lo stesso organo effettua verifiche periodiche circa la perdurante insussistenza dei tentativi di infiltrazione mafiosa e, in caso di esito negativo, dispone la cancellazione dell’impresa dall’elenco. L’iscrizione all’elenco “White List” è obbligatoria per alcune categoria di imprese, come quelle che svolgono “servizi ambientali, comprese le attività di raccolta, di trasporto nazionale e transfrontaliero, anche per conto di terzi, di trattamento e di smaltimento dei rifiuti, nonché le attività di risanamento e di bonifica e gli altri servizi connessi alla gestione dei rifiuti” qualora debbano stipulare contratti diretti o indiretti, come ad esempio contratti in subappalto, con la pubblica amministrazione. Tuttavia, anche se un’impresa non intende partecipare a gare d’appalto o comunque ricevere affidamenti dalla pubblica amministrazione, l’iscrizione all’elenco White List può rappresentare un elemento di garanzia nei confronti di terzi, anche nei rapporti tra soggetti privati.

Nel caso di specie, il respingimento da parte della Prefettura dell’istanza di rinnovo nell’iscrizione alla White list è stato disposto in quanto un socio al 50% della società richiedente risultava essere stato condannato a seguito della commissione del reato di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti in concorso con altri.

Il Consiglio di Stato, condividendo la tesi sostenuta dalla Prefettura, ha ritenuto legittimo il rifiuto di rinnovo dell’iscrizione della società nella White list poiché il delitto di cui all’art. 452 quaterdecies c.p. rientra tra i reati elencati dall’art. 51, comma 3 bis c.p.p. – disposizione questa espressamente richiamata dall’art. 84, comma 4, lett. a)[2], D.L.vo 159/2011[3] nell’ambito della tipizzazione delle ipotesi dei cosiddetti “delitti-spia”.

Qualora si ravvisi un “delitto-spia” la Prefettura è tenuta ad emettere la cautela antimafia, pur in assenza di un accertamento definitivo in sede penale, e quindi, anche ad uno stadio iniziale quale quello delle indagini preliminari. Ciò significa che, stante la finalità preventiva e anticipatoria dell’interdittiva antimafia, anche la sola fase delle indagini preliminari per l’accertamento del reato di cui all’art. 452 quaterdecies c.p. impone al Prefetto di attestare la sussistenza di un rischio di infiltrazione mafiosa. Il Consiglio di Stato, difatti, sostiene chiaramente che il “bene ambiente” non possa ricevere una adeguata tutela se protetto esclusivamente mediante norme di matrice penalistica, volte a reprimere un illecito che si è già perfezionato e che ha già causato un danno all’ambiente; da qui la necessità di stabilire e concretamente attuare delle misure anticipatorie rispetto ai reati per i quali il Legislatore ha posto una “presunzione assoluta di pericolosità”.

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[1] Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione

[2] Art. 84, comma 4, lett. a): “4. Le situazioni relative ai tentativi di infiltrazione mafiosa che danno luogo all’adozione dell’informazione antimafia interdittiva di cui al comma 3 sono desunte: a) dai provvedimenti che dispongono una misura cautelare o il giudizio, ovvero che recano una condanna anche non definitiva per taluni dei delitti di cui agli articoli 353, 353-bis, 603-bis, 629, 640-bis, 644, 648-bis, 648-ter del codice penale, dei delitti di cui all’articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale e di cui all’articolo 12-quinquies del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306 convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356”;

[3] D.L.vo 6 settembre 2011, n. 159 – Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, nonché nuove disposizioni in materia di documentazione antimafia, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 13 agosto 2010, n. 136.

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