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La Blockchain applicata alla tracciabilità dei rifiuti

di Anna Mezzanato

Categoria: Rifiuti

Lo sviluppo della Blockchain rappresenta, senza dubbio, una delle più importanti innovazioni nell’ambito dell’evoluzione attuale di Internet e delle tecnologie digitali. Il fenomeno della Blockchain è difatti sempre più al centro dell’attenzione delle istituzioni pubbliche sebbene il quadro normativo di riferimento, anche a livello nazionale, sia ancora in continuo divenire e gli enti che si sono fino ad oggi pronunciati non hanno espresso un orientamento univoco sugli istituti giuridici associati alla Blockchain.

 

In cosa consiste questa tecnologia?

La Blockchain (che tradotto significa “catena di blocchi”) è una struttura dati condivisa e immutabile. Si può definire come un registro digitale le cui voci sono raggruppate in blocchi, concatenati in ordine cronologico, e la cui integrità è garantita dall’uso della crittografia.

È immutabile in quanto, di regola, il suo contenuto, una volta scritto, non è più né modificabile né eliminabile. Tale tecnologia si basa sulla logica del database distribuito, vale a dire un archivio in cui i dati non sono memorizzati su di un solo computer bensì su più “macchine” collegate tra loro, definite come “nodi”.

I suddetti blocchi archiviano un insieme di transazioni di dati validate e singolarmente correlate da un “Marcatore Temporale”. Ogni blocco è identificato in modo univoco da una funzione algoritmica informatica non invertibile, che consente il collegamento con il blocco precedente, anch’esso identificato univocamente. Ciò significa che ogni soggetto è chiamato a controllare e approvare gli scambi precedenti, creando una rete o catena, appunto, che consenta la tranciabilità completa delle transazioni.

La Blockchain si traduce, pertanto, in un sistema di certificazione composito, basato su un concetto di validazione consensuale e progressiva che trae dagli utenti e dalla rete stessa la propria autenticità.

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La definizione normativa

Nell’ordinamento italiano la definizione di Blockchain è rinvenibile nel primo comma dell’articolo 8-ter della Legge n. 12/2019 di conversione, con modificazioni, del D.L. 135/2018 (il c.d. “Decreto semplificazioni”), nel quale vengono definite per la prima volta le “tecnologie basate su registri distribuiti”.

Secondo tale disposizione, per dette tecnologie si intendono “protocolli informatici che usano un registro condiviso, distribuito, replicabile, accessibile simultaneamente, architetturalmente decentralizzato su basi crittografiche, tali da consentire la registrazione, la convalida, l’aggiornamento e l’archiviazione di dati sia in chiaro che ulteriormente protetti da crittografia verificabili da ciascun partecipante, non alterabili e non modificabili”.

Il Decreto Semplificazioni, oltre la definizione normativa delle tecnologie basate su registri distribuiti (Blockchain), introduce anche quella degli “smart contract”, contratti che possono essere stipulati senza la necessita di un’interazione umana.

Sono definiti dall’art. 8-ter, comma 2 della Legge 12/2019 come “programma per elaboratore che opera su tecnologie basate su registri distribuiti e la cui esecuzione vincola automaticamente due o più parti sulla base di effetti predefiniti dalle stesse.

Gli smart contract soddisfano il requisito della forma scritta previa identificazione informatica delle parti interessate, attraverso un processo avente i requisiti fissati dall’Agenzia per l’Italia Digitale con linee guida da adottarsi entro 90 giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione del decreto legge”.

Il decreto prevede, inoltre, che la memorizzazione di un documento informatico attraverso l’uso di tecnologie basate su registri distribuiti produca gli effetti giuridici della validazione temporale elettronica.

In ambito europeo, si segnala che, a seguito di una serie di iniziative promosse dalla Commissione europea, il Parlamento Europeo ha adottato il 3 ottobre 2018 la Risoluzione “sulle tecnologie di registro distribuito e blockchain: creare fiducia attraverso la disintermediazione”, chiedendo alla Commissione europea di effettuare uno studio per valutare l’implementazione di diversi settori di attività, a seguito dell’introduzione delle tecnologie di registro distribuito (Blockchain). Tra questi si annoverano: il settore ambientale ed energetico, sanitario, dei trasporti, di supply chain, istruzione, industria e diritti d’autore, finanziario ecc.

Il Parlamento ha così riconosciuto la rilevanza della tecnologia Blockchain come strumento “che può democratizzare i dati e rafforzare la fiducia e la trasparenza”, in quanto migliora “l’efficienza dei costi delle transazioni eliminando intermediari e costi di intermediazione, oltre ad aumentare la trasparenza delle transazioni”.

 

La Blockchain applicata alla tracciabilità dei rifiuti

Le modalità attraverso le quali potrebbe realizzarsi l’utilizzo della tecnologia Blockchain risultano quindi molteplici.

In Italia, la blockchain, come testimoniano già numerose imprese del settore e società consulenziali, sta divenendo un’opportunità per garantire certezza e trasparenza in un comparto, quello dei rifiuti, caratterizzato da notevoli incertezze sia a livello interpretativo che gestionale.

L’impiego di tale tecnologia potrebbe, in particolare, essere applicato al sistema di tracciabilità dei rifiuti. Ciò nell’ottica di creare un sistema chiuso e funzionale alla “certificazione” di tutte le fasi, dalla raccolta, al trasporto fino all’impianto finale di trattamento.

Come è noto, la tracciabilità dei rifiuti è oggi garantita dall’obbligo di tenuta delle tre scritture ambientali: registro di carico e scarico, formulario di trasporto e dichiarazione annuale MUD. Rimane comunque valida la possibilità, prevista dall’articolo 194-bis del D.L.vo 152/2006, di compilare e tenere registro di carico e scarico e formulari anche in formato digitale.

L’originario tentativo di istituire un sistema informatico di tracciabilità di rifiuti, il SISTRI, che avrebbe dovuto affiancare il tradizionale regime cartaceo dei tre documenti sopra citati, ha mostrato tutti i suoi limiti – dagli ingenti costi sostenuti all’obsolescenza della tecnologia utilizzata – che hanno indotto il Legislatore alla sua completa soppressione.

A far data dal 1° gennaio 2019, con l’entrata in vigore del D.L. 135/2018 (lo stesso Decreto richiamato in precedenza, che, come modificato dalla L. 12/2019, definisce la Blockchain) è stato dunque abrogato il SISTRI.

Parallelamente, la Legge di conversione del D.L.135/2018 ha istituito, in sostituzione del SISTRI, il “Registro elettronico nazionale” per la tracciabilità dei rifiuti, che verrà regolato con apposito Decreto da parte del Ministero dell’Ambiente, il quale ha rivelato in più occasioni di voler ricorrere, per il futuro, all’utilizzo di un sistema informatico basato su tecnologie 4.0. Ci si auspica in quest’ottica che la Blockchain possa rappresentare una valida soluzione.

Anche tra gli obiettivi tracciati dalle istituzioni europee attraverso l’adozione del pacchetto sull’economia circolare vi è proprio quello di implementare l’utilizzo di tecnologie alternative o innovative rispetto al passato, che risultino strumentali alla piena realizzazione del nuovo paradigma economico.

Nella recente Comunicazione della Commissione europea dell’11 marzo 2020 recante “un nuovo piano d’azione per l’economia circolare per un’Europa più pulita e più competitiva”, già oggetto di nostro precedente contributo, si legge che “Facendo leva sul mercato unico e il potenziale delle tecnologie digitali, l’economia circolare può rafforzare la base industriale dell’UE e favorire la creazione di imprese e l’imprenditorialità tra le PMI. Modelli innovativi basati su una relazione più stretta con i clienti, la personalizzazione di massa e l’economia collaborativa e della partecipazione, e supportati dalle tecnologie digitali, come l’Internet delle cose, i big data, la blockchain e l’intelligenza artificiale, accelereranno non solo la circolarità ma anche la dematerializzazione della nostra economia, consentendo all’Europa di ridurre la dipendenza dalle materie prime”.

In conclusione, l’innovazione apportata dalla Blockchain risiede dunque nell’immutabilità e nella certezza dei dati, consentendo ai produttori, ai riciclatori e a tutti i soggetti coinvolti nella filiera dei rifiuti nonché ai consumatori di affermare con sicurezza la legalità del processo e la circolarità degli eventuali prodotti derivanti dai rifiuti.

Non solo, questa nuova tecnologia potrebbe supportare anche la tracciabilità internazionale nell’ambito delle spedizioni transfrontaliere di rifiuti, dei sottoprodotti o prodotti derivanti da processi End of Waste. Le imprese che li ricevono non sanno se il materiale proviene, ad esempio, da Paesi con condizioni politico-ambientali conformi al proprio ordinamento. Ciò comporta notevoli difficoltà a reperire informazioni e certezze sui dati acquisiti, tale per cui risulta complesso ottenere certificazioni di qualità da parte degli organismi esterni di audit cui sono costrette ad affidarsi per il controllo terzo.

Piacenza, 31 marzo 2020

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