Preveniamo rischi Risolviamo problemi Formiamo competenze
"Mi occupo di diritto ambientale da oltre trent’anni TuttoAmbiente è la guida più autorevole per la formazione e la consulenza ambientale Conta su di noi" Stefano Maglia
Combustibili solidi secondari: il punto della situazione
di Chiara Zorzino
Categoria: Rifiuti
Aspetti di notevole attualità incentrati sull’analisi operativa del D.M. 22/2013 sui “C.S.S.” sono emersi nel corso di formazione organizzato da TuttoAmbiente srl il 18 aprile 2013, durante il quale hanno preso parte il Prof. Stefano Maglia, coordinatore scientifico, la Dott.ssa Claudia Mensi, di Fise-Assoambiente, e l’Ing. Daniele Gizzi, di Aitec. Allo stato attuale, in virtù delle recenti novità normative, il quadro inerente i CSS si caratterizza per una maggior chiarezza in termini di definizioni e gestione di quanto non fosse in precedenza. Gran parte del merito è da attribuire a due recenti atti normativi: il DM n. 22/2013 e il DM 20 marzo 2013. Il primo, “Regolamento recante disciplina della cessazione della qualifica di rifiuto di determinate tipologie di combustibili solidi secondari (CSS), ai sensi dell’articolo 184-ter, comma 2, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni”, stabilisce i criteri specifici da rispettare affinché determinate tipologie di combustibile solido secondario (CSS), cessano di essere qualificate come rifiuto, come definito all’articolo 183, comma 1, lettera cc), del sopracitato D. L. vo. Infatti l’art. 183, c.1, alla lettera cc), come modificato dal D.L. vo n. 205/2010, che aveva superato la distinzione tra CDR e CDR-Q, recita <<“combustibile solido secondario (CSS)”: il combustibile solido prodotto da rifiuti che rispetta le caratteristiche di classificazione e di specificazione individuate delle norme tecniche UNI CEN/TS 15359 e successive modifiche ed integrazioni; fatta salva l’applicazione dell’articolo 184-ter, il combustibile solido secondario, è classificato come rifiuto speciale>>. Poiché l’art. 184-ter, che altro non è che il recepimento dell’art. 6, c.1, della direttiva 98/2008/CE, definisce le condizioni affinché sussista la cessazione della qualifica di rifiuto1, in base a quanto appena esposto, si può dedurre che il “CSS” è un rifiuto speciale2, che rispetta le caratteristiche di classificazione e specificazione delle UNI CEN 15359, a meno che non si ravvisi un’ipotesi di “end of waste”. A questo riguardo, Stefano Maglia ha sottolineato che il sopracitato art. 184-ter, al c. 2, recepisce quanto disposto anche dal c. 4 dell’art. 6, della dir 98/2008/CE, ossia <<2. I criteri di cui al comma 1 sono adottati in conformità a quanto stabilito dalla disciplina comunitaria ovvero, in mancanza di criteri comunitari, caso per caso per specifiche tipologie di rifiuto attraverso uno o più decreti del Ministro dell’ambiente..>>. La disciplina comunitaria ha da tempo stabilito i criteri per due precise tipologie di rifiuto: alcuni tipi di rottami metallici, mediante il Reg. (UE) n. 333 del 31 marzo 2011, e i rottami di vetro, a mezzo del Reg. (UE) n. 1179 del 10 dicembre 2012. Il citato DM 22/2013 viene a delinearsi quindi come il primo atto normativo sul piano nazionale, in tema di “end of waste”. Il Prof. Maglia ha inoltre chiarito la differenza esistente tra CSS (rifiuto speciale), come definito dall’art. 183, c. 1 , lettera cc) del T.U.A. (cfr. sopra) e CSS – combustibile (E.o.W.) come definito dall’art. 3, c. 1, lettera e) del DM 22/13, ovvero << “CSS-Combustibile”: il sottolotto di combustibile solido secondario (CSS) per il quale risulta emessa una dichiarazione di conformità nel rispetto di quanto disposto all’articolo 8, c. 2 >>. Analizzate anche le responsabilità, per le quali si rammenta l’esistenza della “231-ambiente”, che affianca a una responsabilità penale anche una amministrativa, e le sanzioni, conseguenti ad una <<..attività di raccolta, trasporto, recupero, smaltimento, commercio ed intermediazione di rifiuti in mancanza della prescritta autorizzazione, iscrizione o comunicazione..>> come sancito dall’art. 256 del T.U.A. La Dott.ssa Claudia Mensi di Fise-Assoambiente ha proseguito nell’analisi del DM 22/2013 ripercorrendone la genesi. Premettendo ciò che è già noto ai più, e cioè che alcuni Stati membri, sfruttano a proprio vantaggio l’incapacità italiana di gestire grandi quantità di rifiuti che quindi vengono a loro ceduti, con un costo triplo per l’Italia: uno per l’esportazione, uno per l’incenerimento/trattamento e uno, indirettamente, per l’energia da essi derivata e che il nostro Paese acquista proprio da tali Stati, appaiono scontati i numerosi pareri contrari di questi ultimi, recapitati a Bruxelles a seguito dell’invio, da parte del Ministero dell’ambiente, della bozza del decreto, il 10 agosto 2012. Nel novembre 2012 l’Europa ci rispose con qualche osservazione, che lo Stato italiano ha diligentemente accolto e, dopo aver provveduto alle modifiche necessarie, ha ottenuto in gennaio un parere positivo della Commissione e firmato il decreto il 14 febbraio u.s. Al Ministero va dunque il merito di aver intravisto, nel quadro non propriamente florido dell’economia attuale, un potenziale “mercato” di CSS – anche perché se non c’è mercato, non può essere CSS -, un’opportunità di risparmio per il Paese e di sviluppo in termini di impiantistica, dato non meno importante visto il noto radicamento alle discariche. Per quanto riguarda la classificazione delle varie tipologie di CSS-Combustibile, essa si basa sui requisiti della norma tecnica armonizzata UNI EN 15359 “Solid recovered fuels” (SRF), ripresi nella Tab. 1 dell’Allegato 1 del DM in oggetto, che tiene conto di 3 parametri ritenuti strategici, ovvero:
– il potere calorifico inferiore “PCI” o “NCV” (parametro commerciale: indice del valore energetico e quindi economico), espresso dalla misura statistica della media, in MJ/kg;
– il contenuto di cloro “Cl”(parametro di processo: indice del grado di aggressività sugli impianti), espresso con la media, in unità percentuali;
– il contenuto di mercurio “Hg” (parametro ambientale: indice della rilevanza dell’impatto ambientale), espresso con la mediana o il valore dell’80° percentile3, in mg/MJ.
Categorie
Combustibili solidi secondari: il punto della situazione
di Chiara Zorzino
Aspetti di notevole attualità incentrati sull’analisi operativa del D.M. 22/2013 sui “C.S.S.” sono emersi nel corso di formazione organizzato da TuttoAmbiente srl il 18 aprile 2013, durante il quale hanno preso parte il Prof. Stefano Maglia, coordinatore scientifico, la Dott.ssa Claudia Mensi, di Fise-Assoambiente, e l’Ing. Daniele Gizzi, di Aitec.
Allo stato attuale, in virtù delle recenti novità normative, il quadro inerente i CSS si caratterizza per una maggior chiarezza in termini di definizioni e gestione di quanto non fosse in precedenza. Gran parte del merito è da attribuire a due recenti atti normativi: il DM n. 22/2013 e il DM 20 marzo 2013.
Il primo, “Regolamento recante disciplina della cessazione della qualifica di rifiuto di determinate tipologie di combustibili solidi secondari (CSS), ai sensi dell’articolo 184-ter, comma 2, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni”, stabilisce i criteri specifici da rispettare affinché determinate tipologie di combustibile solido secondario (CSS), cessano di
essere qualificate come rifiuto, come definito all’articolo 183, comma 1, lettera cc), del sopracitato D. L. vo. Infatti l’art. 183, c.1, alla lettera cc), come modificato dal D.L. vo n. 205/2010, che aveva superato la distinzione tra CDR e CDR-Q, recita <<“combustibile solido secondario (CSS)”: il combustibile solido prodotto da rifiuti che rispetta le caratteristiche di classificazione e di specificazione individuate delle norme tecniche UNI CEN/TS 15359 e successive modifiche ed integrazioni; fatta salva l’applicazione dell’articolo 184-ter, il combustibile solido secondario, è classificato come rifiuto speciale>>. Poiché l’art. 184-ter, che altro non è che il recepimento dell’art. 6, c.1, della direttiva 98/2008/CE, definisce le condizioni affinché sussista la cessazione della qualifica di rifiuto1, in base a quanto appena esposto, si può dedurre che il “CSS” è un rifiuto speciale2, che rispetta le caratteristiche di classificazione e specificazione delle UNI CEN 15359, a meno che non si ravvisi un’ipotesi di “end of waste”. A questo riguardo, Stefano Maglia ha sottolineato che il sopracitato art. 184-ter, al c. 2, recepisce quanto disposto anche dal c. 4 dell’art. 6, della dir 98/2008/CE, ossia <<2. I criteri di cui al comma 1 sono adottati in conformità a quanto stabilito dalla disciplina comunitaria ovvero, in mancanza di criteri comunitari, caso per caso per specifiche tipologie di rifiuto attraverso uno o più decreti del Ministro dell’ambiente..>>.
La disciplina comunitaria ha da tempo stabilito i criteri per due precise tipologie di rifiuto: alcuni tipi di rottami metallici, mediante il Reg. (UE) n. 333 del 31 marzo 2011, e i rottami di vetro, a mezzo del Reg. (UE) n. 1179 del 10 dicembre 2012. Il citato DM 22/2013 viene a delinearsi quindi come il primo atto normativo sul piano nazionale, in tema di “end of waste”.
Il Prof. Maglia ha inoltre chiarito la differenza esistente tra CSS (rifiuto speciale), come definito dall’art. 183, c. 1 , lettera cc) del T.U.A. (cfr. sopra) e CSS – combustibile (E.o.W.) come definito dall’art. 3, c. 1, lettera e) del DM 22/13, ovvero << “CSS-Combustibile”: il sottolotto di combustibile solido secondario (CSS) per il quale risulta emessa una dichiarazione di conformità nel rispetto di quanto disposto all’articolo 8, c. 2 >>. Analizzate anche le responsabilità, per le quali si rammenta l’esistenza della “231-ambiente”, che affianca a una responsabilità penale anche una amministrativa, e le sanzioni, conseguenti ad una <<..attività di raccolta, trasporto, recupero, smaltimento, commercio ed intermediazione di rifiuti in mancanza della prescritta autorizzazione, iscrizione o comunicazione..>> come sancito dall’art. 256 del T.U.A.
La Dott.ssa Claudia Mensi di Fise-Assoambiente ha proseguito nell’analisi del DM 22/2013 ripercorrendone la genesi. Premettendo ciò che è già noto ai più, e cioè che alcuni Stati membri, sfruttano a proprio vantaggio l’incapacità italiana di gestire grandi quantità di rifiuti che quindi vengono a loro ceduti, con un costo triplo per l’Italia: uno per l’esportazione, uno per l’incenerimento/trattamento e uno, indirettamente, per l’energia da essi derivata e che il nostro Paese acquista proprio da tali Stati, appaiono scontati i numerosi pareri contrari di questi ultimi, recapitati a Bruxelles a seguito dell’invio, da parte del Ministero dell’ambiente, della bozza del decreto, il 10 agosto 2012.
Nel novembre 2012 l’Europa ci rispose con qualche osservazione, che lo Stato italiano ha diligentemente accolto e, dopo aver provveduto alle modifiche necessarie, ha ottenuto in gennaio un parere positivo della Commissione e firmato il decreto il 14 febbraio u.s.
Al Ministero va dunque il merito di aver intravisto, nel quadro non propriamente florido dell’economia attuale, un potenziale “mercato” di CSS – anche perché se non c’è mercato, non può essere CSS -, un’opportunità di risparmio per il Paese e di sviluppo in termini di impiantistica, dato non meno importante visto il noto radicamento alle discariche.
Per quanto riguarda la classificazione delle varie tipologie di CSS-Combustibile, essa si basa sui requisiti della norma tecnica armonizzata UNI EN 15359 “Solid recovered fuels” (SRF), ripresi nella Tab. 1 dell’Allegato 1 del DM in oggetto, che tiene conto di 3 parametri ritenuti strategici, ovvero:
– il potere calorifico inferiore “PCI” o “NCV” (parametro commerciale: indice del valore energetico e quindi economico), espresso dalla misura statistica della media, in MJ/kg;
– il contenuto di cloro “Cl”(parametro di processo: indice del grado di aggressività sugli impianti), espresso con la media, in unità percentuali;
– il contenuto di mercurio “Hg” (parametro ambientale: indice della rilevanza dell’impatto ambientale), espresso con la mediana o il valore dell’80° percentile3, in mg/MJ.
Torna all'elenco completo
© Riproduzione riservata