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Stefano Maglia

Comunicazione MUD e conferimento al servizio pubblico di raccolta

di Stefano Maglia

Categoria: Rifiuti

L’art. 11, comma 3, del c.d. Decreto Ronchi (nel testo vigente dopo le modifiche operate – da ultimo – dalla L. 426/98) recita che: “Chiunque effettua a titolo professionale attività di raccolta e di trasporto di rifiuti, compresi i commercianti e gli intermediari di rifiuti, ovvero svolge le operazioni di recupero e di smaltimento dei rifiuti, nonché le imprese e gli enti che producono rifiuti pericolosi e le imprese e gli enti che producono rifiuti non pericolosi di cui all`articolo 7, comma 3, lettere c), d) e g), sono tenuti a comunicare annualmente con le modalità previste dalla legge 25 gennaio 1994, n. 70, le quantità e le caratteristiche qualitative dei rifiuti oggetto delle predette attività. Sono esonerati da tale obbligo gli imprenditori agricoli di cui all`articolo 2135 del codice civile con un volume di affari annuo non superiore a lire quindicimilioni e, limitatamente alla produzione di rifiuti non pericolosi, i piccoli imprenditori artigiani di cui all`articolo 2083 del codice civile che non hanno più di tre dipendenti. Nel caso in cui i produttori di rifiuti conferiscano i medesimi al Servizio pubblico di raccolta, la comunicazione è effettuata dal gestore del servizio limitatamente alla quantità conferita.”

In primis ci si può domandare se tale norma sia circoscritta alla sola comunicazione MUD oppure non si possa estendere anche alla tenuta dei registri carico/scarico.

In realtà su questo aspetto dubbi di una sorta di “piano inclinato” che apra le porte anche all’esenzione della tenuta dei registri non possono certo sorgere, in quanto la norma parla esplicitamente di comunicazione e non di altro, con diretto riferimento alle “modalità previste dalla legge 25 gennaio 1994, n. 70”. Quindi si riferisce solo ed esclusivamente al MUD.

Ciò premesso, è doveroso a questo punto chiedersi il significato della parola “rifiuti” nell’ambito della norma in questione.

Tutta la dottrina giuridica del settore è concorde nel ritenere che sono esclusi dall’obbligo di compilazione del MUD tutti i produttori di qualunque tipo di rifiuto speciale (pericoloso o non pericoloso) che conferiscano i propri rifiuti al servizio pubblico di raccolta a prescindere da ogni altra incombenza. In questo caso “il MUD è compilato dal gestore del servizio stesso…Ciò vale anche nel caso in cui il servizio pubblico agisca sui rifiuti diversi da quelli assimilati, quindi, in regime di convenzione ed al pari di un privato. Il che, però, nulla toglie alla sua qualifica pubblica del servizio prestato. Poichè l’art. 11, comma 3, si esprime in termini lapidari, qualunque interpretazione diversa (in difetto di precisazioni ufficiali) si ritiene sia assolutamente infondata” (così, Ficco e Gerardini).

La norma in tal senso è chiara e logica nello spirito e nella ratio del “Ronchi”, e difatti in tal senso è applicata in numerose realtà amministrative italiane.

Infatti, e a ben vedere, tale norma costituisce un evidente, importante contributo alla sburocratizzazione voluta dallo spirito del Dlvo 22/97, evitando duplicazioni inutili per non dire dannose dal punto di vista statistico per ciò che concerne la comunicazione relativa ai medesimi rifiuti, comunicazione che ha peraltro – si noti bene – una valenza prettamente statistica (v. art. 3 L. 70/94)!

No si faccia dunque confusione terminologica dinnanzi ad una delle poche chiare norme del decreto in oggetto: il conferimento di cui parla il capoverso in esame è quello tra il produttore di rifiuti e il soggetto servizio pubblico di raccolta e basta.

Alcuni commentatori in un primo momento si erano limitati a sottolineare come l’ultima modifica apportata alla norma fosse stata approntata solo per chiarire che non bastava conferire i rifiuti al servizio pubblico per essere esentati dal Mud in ordine a tutti i rifiuti prodotti, ma solo nel limite di tale conferimento. Ciò è vero, ma è altrettanto vero che con riferimento a tutti i rifiuti conferiti al servizio pubblico di raccolta (e non a un servizio pubblico) le aziende sono esentate a presentare il Mud.

F.C. Spriano (La nuova normativa sui rifiuti, Ed Giuffrè, 1998), al proposito, ha scritto: “La comunicazione annuale a carico dei produttori dovrà essere fatta dal gestore del pubblico servizio, nel caso in cui i produttori conferiscano i rifiuti al Servizio pubblico di raccolta; in tal modo si avrà un sostituto nell’obbligo ed il produttore non dovrà in tal caso ottemperare all’obbligo assunto in sua vece dal gestore pubblico”.

L’unico dubbio è quello di individuare chi sia tale soggetto.

Il secondo comma dell’art. 10 cosi recita: “Il produttore dei rifiuti speciali assolve i propri obblighi con le seguenti priorità:

 

(Omissis)

 

c) conferimento dei rifiuti ai soggetti che gestiscono il servizio pubblico di raccolta dei rifiuti urbani, con i quali sia stata stipulata apposita convenzione;

 

(Omissis)”.

 

La risposta è quindi già contenuta in questa norma che chiarisce inconfutabilmente due punti fondamentali: a) i produttori di rifiuti speciali (qualunque tipo) possono conferire i loro rifiuti al servizio pubblico di raccolta purchè stipulino un’apposita convenzione col medesimo; b) il servizio pubblico di raccolta è quello che svolge il servizio di raccolta dei rifiuti urbani su incarico (convenzione) del comune.

Il far notare che i limiti del “servizio pubblico” sono definiti dal regolamento comunale che lo istituisce e che (art. 21, c. 5 del “Ronchi”) “i comuni possono istituire…servizi integrativi per la gestione dei rifiuti speciali non assimilati ai rifiuti urbani” non ha alcuna attinenza con il tema in oggetto. Cominciamo innanzitutto a chiederci che cosa si intenda per “servizi integrativi”. Il comma 2 dell’art. 39 della L. Comunitaria del 1994 (L. 146/94) il quale specifica che “i comuni possono istituire servizi pubblici integrativi, i cui costi sono a carico di ciascun detentore dei rifiuti sulla base di apposite convenzioni.

Qualora il comune istituisca i servizi pubblici integrativi, i detentori sono tenuti a conferire i rifiuti al soggetto che gestisce detti servizi, salvi i casi di autosmaltimento e di conferimento a terzi autorizzati ai sensi delle vigenti disposizioni”.

Sono da effettuare al proposito alcune considerazioni:

a) tale norma non solo è precedente al “Ronchi” ma è stata espressamente abrogata dalla L. 24 aprile 1998, n. 128 (art. 17, c. 3);

b) si parla di detentori e non di produttori;

c) non esiste alcun rapporto tra l’art. 21, c. 5 e l’art. 11, c. 3 del decreto Ronchi, occupandosi il primo della sola possibilità che viene concessa ai comuni di istituire dei servizi integrativi (extra tassa/tariffa) da far gestire a chi vogliono. Ma attenzione. Ciò non centra nulla con la possibilità che viene concessa nell’ultimo periodo del terzo comma dell’art 11 a chi, produttore, conferisca qualunque tipo di rifiuto al medesimo soggetto designato dal comune come gestore del servizio di raccolta di RSU.

Potrebbe perciò benissimo accadere che il comune non istituisca alcun servizio integrativo oppure che istituisca servizi integrativi ad appannaggio di un soggetto che non è “il gestore del servizio pubblico di raccolta”: in questo secondo caso chi conferisce i rifiuti a questo soggetto non sarà esentato dall’effettuare la comunicazione Mud nei limiti del conferimento.

Inoltre, e per mantenersi nell’ambito letterale della norma, non si capisce perchè il legislatore parli di “rifiuti” senza specificare null’altro (urbani, assimilati, assimilabili….), ne’ perchè parli tout court di “produttori di rifiuti”, riconducibili alla generica definizione di cui all’art. 6, c. 1, lett. b, del Decreto-Ronchi: se avesse voluto specificare in altro senso la norma avrebbe avuto tutte le possibilità per farlo.

Persino le Istruzioni per la compilazione del MUD allegate al DPCM 31.3.99 (S.O. alla G.U. del 14 aprile 1999) parlano chiaro: “i soggetti tenuti alla presentazione del MUD sono:…per quanto riguarda i rifiuti non assimilati conferiti al servizio pubblico di raccolta in base a convenzione…i gestori del servizio pubblico…”, senza specificare null’altro, tanto meno una qualunque relazione con l’art. 21, c. 5.

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