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Stefano Maglia

I depuratori devono essere sempre autorizzati in AIA?

di Miriam Viviana Balossi

Categoria: AIA

Il presente contributo si propone di far chiarezza su un tema spesso dibattuto tra gli operatori del settore idrico, tanto da coinvolgere a più riprese anche il Ministero dell’Ambiente: è legittima l’applicazione della disciplina in materia di AIA agli impianti di depurazione? Accade, infatti, sempre più spesso, che gli organi di controllo contestino la mancanza di tale titolo autorizzativo, con particolare riguardo alla categoria 6.11 dell’All. VIII alla Parte II del D.L.vo 152/06, soprattutto quando i depuratori ricevono acque reflue industriali da installazioni AIA.

La casistica è varia: dalla prevalenza dei reflui industriali su quelli domestici ai fini della corretta qualifica delle acque reflue industriali, all’ipotesi di due linee di trattamento distinte per quelli industriali e quelli domestici e/o urbani. Ma il caso più emblematico è quello dello scarico di acque reflue industriali proveniente da un’installazione autorizzata con AIA a scaricare nel rispetto di alcune deroghe concesse dal Gestore e asserite in sede di rilascio dell’autorizzazione; tale scarico poi viene immesso nella pubblica fognatura che perviene al depuratore il quale, però, non è autorizzato con AIA.

Di fronte ad un’eventuale contestazione degli organi di controllo, cosa dovrebbe fare il gestore del depuratore? Procedere all’interruzione dello scarico?

Il D.L.vo 152/2006 stabilisce che gli impianti in cui si svolgono le attività di cui all’Allegato VIII alla Parte II siano soggettati ad AIA. Tra queste attività vi è anche la voce “6.11. Attività di trattamento a gestione indipendente di acque reflue non coperte dalle norme di recepimento della direttiva 91/271/CEE, ed evacuate da un’installazione in cui è svolta una delle attività di cui al presente Allegato”.

Con la Circolare Ministeriale prot. 12422/GAB del 17 giugno 2015 il Ministero dell’Ambiente ha emanato indicazioni inerenti alla suddetta integrazione normativa.

Si riporta il punto 3:

  1. Esclusioni previste per i depuratori di acque reflue urbane

Il depuratore è completamente escluso dalla categoria IPPC 6.11 se tratta esclusivamente reflui recapitati da fognature di reflui urbani, così come definiti dall’articolo 74, comma 1, lettera t), del D.Lgs. 152/06, anche se tali fognature convogliano anche acque reflue industriali provenienti da installazioni IPPC, che rispettano i limiti di immissione in pubblica fognatura.

Se il depuratore tratta sia reflui industriali, sia acque reflue urbane, l’esclusione dalla categoria IPPC 6.11, prevista in caso di applicazione delle norme di recepimento della direttiva 91/271/CEE, non si applica alle parti del depuratore in cui è effettuato il pretrattamento necessario a garantire ai reflui industriali, provenienti da installazioni IPPC e convogliati tramite reti fognarie non provenienti da agglomerato, di conseguire le caratteristiche che ne consentano lo scarico in pubblica fognatura (ai sensi dell’articolo 107, comma 1, del D.Lgs. 152/06). Conseguentemente, tali parti costituiscono una installazione soggetta ad AIA.

Se il depuratore tratta sia rifiuti liquidi, sia acque reflue urbane, l’esclusione dalla categoria IPPC 5.3, prevista in caso di applicazione delle norme relative alla gestione di acque reflue urbane disciplinate al paragrafo 1.1 dell’allegato 5 alla Parte Terza, del D.Lgs. 152/06, ha effetto solo nel caso in cui trova applicazione l’articolo 110, comma 3, del D.Lgs. 152/06.

Conseguentemente le parti del depuratore che gestiscono sopra le soglie di cui alle categorie IPPC 5.3.a o 5.3.b rifiuti liquidi diversi da quelli di cui all’articolo 110, comma 3, del D.Lgs. 152/06, assicurando il pretrattamento necessario a raggiungere i parametri che ne consentirebbero lo scarico in pubblica fognatura, costituiscono una installazione soggetta ad AIA.

Secondo il Ministero (primo capoverso), il depuratore che riceve reflui urbani comprendenti anche acque reflue industriali provenienti da impianti IPPC è totalmente escluso dalla categoria IPPC 6.11 solo se le acque reflue industriali rispettano i limiti di immissione in pubblica fognatura.

Come si può notare, la circolare non fa ulteriore riferimento ai limiti, ovvero non precisa se essi siano quelli tabellari (standard) oppure quelli dell’A.I.A., eventualmente comprensivi di qualche parametro in deroga.

Proseguendo nell’analisi, la circolare specifica (secondo capoverso) che, se il depuratore tratta sia reflui industriali, sia acque reflue urbane, l’esclusione dalla categoria IPPC 6.11 non si applica alle parti del depuratore in cui è effettuato il pretrattamento necessario a garantire ai reflui industriali, provenienti da installazioni IPPC e convogliati tramite reti fognarie non provenienti da agglomerato, di consentire le caratteristiche che ne consentano lo scarico in pubblica fognatura.

Sul punto, nel corso della riunione del “Coordinamento per l’uniforme applicazione sul territorio nazionale della disciplina IPPC” tenutasi il 26 ottobre 2018, è emerso che “la lettera della norma opera tale esclusione alla categoria 6.11 con esclusivo riferimento alle acque recapitate da collettori di reflui urbani o misti. L’esclusione non opera, invece, se il collettore si connota come industriale, in perfetta coerenza con il principio che tutta la filiera deve garantire l’applicazione delle migliori tecniche disponibili di abbattimento riferite all’attività IPPC con contributo emissivo prevalente. Se i reflui industriali hanno carico inquinante significativamente diverso dai reflui urbani la necessità di tale approccio è evidente anche dal punto di vista tecnico. Può, invece, sfuggire la necessità tecnica di tale approccio se i reflui industriali hanno già caratteristiche del tutto assimilabili a quelle dei reflui urbani”.

Il Ministero dell’Ambiente, nel rispondere ad un interpello con nota n. 10764 del 22 marzo 2022, ha meglio precisato che “ove al depuratore siano convogliate esclusivamente acque soggette alla disciplina di recepimento della direttiva 91/271/CEE, le attività di depurazione non si configurano nella categoria 6.11 e pertanto l’AIA non è necessaria a esercire il depuratore”; tuttavia, “sarebbe opportuno che il gestore del depuratore, oltre a fornire specifiche di conferibilità, mettesse a disposizione del gestore dell’installazione ad AIA anche specifiche circa la effettiva capacità del depuratore di abbattere gli inquinanti industriali pertinenti, poiché in caso contrario (a prescindere dalla specifiche di conferibilità) l’AIA dell’impianto che genera i reflui potrebbe fissare requisiti aggiuntivi agli scarichi in fognatura ignorando (se non specificata) la capacità del depuratore di abbattere alcuni inquinanti”.

In merito al concetto di prevalenza, il Ministero ha convenuto che il fatto che i reflui industriali siano prevalenti rispetto a quelli domestici non muta la qualificazione di acque reflue urbane (art. 74, comma 1, lettera i) D.L.vo 152/06) e pertanto non osta alla completa esclusione del depuratore dalla categoria IPPC 6.11, prevista dal cpv 1 del punto 3 della Circolare. Tuttavia, secondo la sentenza del Consiglio di Stato, sez. IV, n. 2482 del 23 marzo 2021, poiché il concetto di prevalenza non è meglio precisato, si ritiene corretto considerare non solo il volume fisico degli scarichi, ma anche la composizione qualitativa degli stessi (in quanto anche un quantitativo modesto di reflui industriali – che però contengano sostanze di tipo particolare – può rendere necessario trattare lo scarico con processi più sofisticati di quelli normalmente richiesti).

Comunque, secondo il Ministero, “non appare alcun riferimento alla necessaria prevalenza di un tipo di acque (domestiche, industriali o di dilavamento) per poter connotare la qualifica di acque reflue urbane. Pertanto l’elemento indicato (prevalenza di acque reflue industriali) appare inessenziale per decidere se ricomprendere il depuratore dalla categoria 6.11”. Tale elemento, invece, potrebbe essere rilevante per definire la progettazione del depuratore, e quindi garantire che i carichi inquinanti industriali siano efficacemente abbattuti.

Con riferimento all’ipotesi di due distinte linee di trattamento, il Ministero sviluppa un discorso più complesso. Nel caso in cui al medesimo depuratore pervengano acque reflue urbane e altri scarichi provenienti anche da impianti soggetti ad AIA, nulla osta che l’intero depuratore sia assoggettato ad AIA (anche se l’AIA dovrà essere articolata in modo da garantire, per le acque reflue urbane, il pieno rispetto delle norme di settore). In alternativa, le due linee di trattamento possono essere considerate non tecnicamente connesse, e quindi oggetto di distinte autorizzazioni: ciò è senz’altro necessario se non sono coinsediate; in ogni caso il rilascio di due distinte autorizzazioni è previsto se la funzionalità della prima linea di trattamento (per i reflui urbani) non è suscettibile di influenzare il funzionamento dell’attività 6.11, o comunque se esiste un disaccoppiamento tra il funzionamento delle due linee.

Per quanto riguarda, invece, lo scarico in deroga assentito in AIA, bisogna precisare che l’art. 29-sexies del D.L.vo 152/06, al c. 3 dispone che “l’autorizzazione integrata ambientale deve includere valori limite di emissione fissati per le sostanze inquinanti, in particolare quelle dell’allegato X alla Parte Seconda, che possono essere emesse dall’installazione interessata in quantità significativa … I valori limite di emissione fissati nelle autorizzazioni integrate ambientali non possono comunque essere meno rigorosi di quelli fissati dalla normativa vigente nel territorio in cui è ubicata l’installazione”.

Quindi, l’A.I.A. di un’installazione può ben contenere l’indicazione in deroga dei valori limite di alcuni parametri relativi allo scarico: del resto, quest’ultima possibilità è implicita nell’espressione normativa “non possono comunque essere meno rigorosi di quelli …” (sempre che non si tratti di quelli della Tab. 3/A, né di quelli della Tab. 5).

A latere della Parte II, si ritiene utile segnalare che la Parte III precisa all’art. 101 che “tutti gli scarichi … devono comunque rispettare i valori limite previsti nell’Allegato 5 alla parte terza del presente decreto. L’autorizzazione può in ogni caso stabilire specifiche deroghe ai suddetti limiti …” e all’art. 107 che “ferma restando l’inderogabilità dei valori-limite di emissione di cui alla tabella 3/A dell’Allegato 5 alla parte terza del presente decreto e, limitatamente ai parametri di cui alla nota 2 della Tabella 5 del medesimo Allegato 5, alla Tabella 3, gli scarichi di acque reflue industriali che recapitano in reti fognarie sono sottoposti alle norme tecniche, alle prescrizioni regolamentari e ai valori-limite adottati dall’ente di governo dell’ambito 2 competente in base alle caratteristiche dell’impianto …”.

A quanto sopra riportato si aggiunga che la nota alla Tab. 3 così recita: “i limiti per lo scarico in rete fognaria sono obbligatori in assenza di limiti stabiliti dall’autorità competente o in mancanza di un impianto finale di trattamento in grado di rispettare i limiti di emissione dello scarico finale. Limiti diversi devono essere resi conformi a quanto indicato alla nota 2 della tabella 5 relativa a sostanze pericolose”.

Nel momento in cui un’attività IPPC scarica – in forza dell’A.I.A. in suo possesso – in pubblica fognatura le acque reflue con alcuni parametri in deroga, ma non si tratta delle sostanze ricomprese nelle Tab. 3/A o 5 dell’All. 5 alla Parte III, si ritiene che tendenzialmente essa sia legittima. Di fatto, l’espressione “che rispettano i limiti di immissione in pubblica fognatura” di cui alla Circolare Ministeriale prot. 12422/GAB del 17 giugno 2015 non fa alcun riferimento alla presenza/assenza di eventuali deroghe allo scarico presenti in A.I.A.: in altre parole, l’eventuale presenza di parametri in deroga non incide sul regime autorizzatorio del depuratore che riceve quei reflui. Ciò in quanto, dal combinato disposto della normativa di cui alla Parte II e III, la possibilità di autorizzare in deroga è comunque prevista dalle norme di settore.

 

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