Preveniamo rischi Risolviamo problemi Formiamo competenze
"Mi occupo di diritto ambientale da oltre trent’anni TuttoAmbiente è la guida più autorevole per la formazione e la consulenza ambientale Conta su di noi" Stefano Maglia
La disciplina relativa alla sicurezza ed alla salute sui luoghi di lavoro è disciplinata in diversi Testi normativi.
Prima tra tutti la Costituzione della Repubblica, che, agli artt. 32, 35 e 41, fornisce adeguata tutela della salute, del lavoro e della sicurezza. In particolare:
l’articolo 32 afferma che “la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività […]”;
l’articolo 35 sancisce espressamente che “la Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme e applicazioni. Cura la formazione e l’elevazione professionale dei lavoratori”;
l’articolo 41, infine, prevede che “l’iniziativa privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana”.
Ad ogni modo, accanto alla Carta Costituzionale vengono comunemente affiancati il Codice Civile, lo statuto dei Lavoratori ed il Codice Penale.
Nello specifico, occorre far riferimento, per quanto concerne il Codice Civile:
all’art. 2087, secondo cui “l’imprenditore è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro”;
all’art. 2050, secondo cui “chiunque cagiona un danno ad altri nello svolgimento di un’attività pericolosa, per sua natura o per la natura dei mezzi adoperati, è tenuto al risarcimento, se non prova di aver adottato tutte le misure idonee ad adottare il danno”;
all’art. 2048, che, con particolare riferimento alla responsabilità dei docenti, statuisce che “[…] i precettori e coloro che insegnano un mestiere o un’arte sono responsabili del danno cagionato dal fatto illecito dei loro allievi e apprendisti nel tempo in cui sono sotto la loro vigilanza. Le persone indicate dai commi precedenti sono liberate dalla responsabilità soltanto se provano di non avere potuto impedire il fatto”.
Per quanto concerne lo Statuto dei Lavoratori (l. n. 300/1970), l’art. 9 prevede che “i lavoratori, mediante loro rappresentanze, hanno diritto di controllare l’applicazione delle norme per la prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali e di promuovere la ricerca, l’elaborazione e l’attuazione di tutte le misure idonee a tutelare la loro salute e la loro integrità fisica”.
Per quanto riguarda, infine, il Codice Penale:
l’art. 437 afferma che “chiunque omette di collocare impianti, apparecchi o segnali destinati a prevenire disastri o infortuni sul lavoro, ovvero li rimuove o li danneggia, è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni. Se dal fatto deriva un disastro o un infortunio, la pena è della reclusione da tre a dieci anni”;
l’art 451 dispone che “chiunque, per colpa, omette di collocare, ovvero rimuove o rende inservibili apparecchi o altri mezzi destinati alla estinzione di un incendio o al salvataggio o al soccorso contro disastri o infortuni sul lavoro, è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa da 103 euro a 116 euro” 2
l’art. 589 sancisce che “chiunque cagiona per colpa la morte di una persona è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni. Se il fatto è commesso con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro la pena è della reclusione da due a sette anni”;
infine, l’art 590 prevede che “chiunque cagiona ad altri, per colpa, una lesione personale è punito con la reclusione fino a tre mesi o con la multa fino a […]. Se i fatti di cui al precedente capoverso sono commessi con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, la pena per le lesioni gravi è reclusione da tre mesi a un anno o della multa da euro 500 a euro 000 e la pena per le lesioni gravissime è della reclusione da uno a tre anni […]”.
Passo ulteriore nella normativa di riferimento è stato introdotto dal legislatore attraverso l’elaborazione e la conseguente entrata in vigore del T.U. n. 81/2008, allo scopo di coordinare e razionalizzare in un unico testo la complessa normativa in materia di salute e sicurezza sul lavoro. Con l’entrata in vigore delle nuove disposizioni sono state abrogate, salvo poche eccezioni, le principali normative fino ad allora esistenti (nn. 626/94, 494/96, e DPR nn. 547/55,164/56,303/56). Il T.U. 81/2008 si applica a tutti i settori di attività pubblici e privati, scuola inclusa, interessa tutte le tipologie di rischio, si estende ad ogni forma di lavoro, anche atipico ed in parte anche a lavoratori autonomi, equipara gli studenti in tirocinio e in laboratorio a lavoratori.
Esso si compone di 306 articoli e 51 allegati tecnici.
Da un punto di vista del quadro europeo, la normativa di igiene e sicurezza si è evoluta dagli anni ’90 anche grazie alle norme della comunità europea. In particolare, attraverso gli strumenti delle direttive (che devono essere recepite dai singoli stati membri), dei regolamenti (che sono cogenti e direttamente applicabili) e delle decisioni (anch’esse di natura cogente verso i singoli stati membri destinatari).
La prevenzione aziendale
Il D. Lgs. 81/08 individua non soltanto le funzioni, i ruoli e i compiti degli enti e delle istituzioni, ma anche quali azioni devono compiere le singole aziende a livello di prevenzione degli infortuni, nonché i diritti ed i doveri delle singole figure che all’interno dell’azienda svolgono specifici compiti assegnati.
La tutela della sicurezza e della salute è estesa a tutti i lavoratori e a tutti i rischi a prescindere dal settore e dal tipo di contratto. Particolare attenzione è rivolta a gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari, tra cui quelli connessi alla gravidanza, alle differenze di genere, all’età, alla provenienza da altri paesi e quelli connessi alla specifica tipologia contrattuale attraverso cui viene resa la prestazione di lavoro. Inoltre, devono essere considerati i rischi da interferenza per i lavori in appalto.
Posto che la prevenzione deve diventare un valore aziendale di orientamento e di guida, deve essere integrata e permeare le altre attività aziendali, tra gli strumenti precauzionali si possono annoverare:
la valutazione dei rischi;
la programmazione degli interventi di miglioramento;
l’informazione, la formazione e l’addestramento dei lavoratori;
le procedure di sicurezza, sia per il lavoro ordinario che per le emergenze;
la sorveglianza
Mentre le misure preventive sono applicate per ridurre la probabilità dell’evento dannoso, le misure protettive agiscono per ridurre la gravità del danno potenziale. Più il sistema di prevenzione aziendale funziona, minore è la necessità di misure protettive.
A prescindere dal settore di appartenenza e dimensione in ogni azienda, deve essere organizzato un sistema di prevenzione aziendale, composto da figure che hanno:
responsabilità per la sicurezza (cioè rispondono del proprio operato in questo campo);
compiti per la sicurezza (contribuiscono a far funzionare il sistema di prevenzione aziendale).
Lo schema della responsabilità
Lo schema della responsabilità è costituito da figure che svolgono compiti particolari e con una specifica competenza tecnica, le quali operano sotto la responsabilità del datore di lavoro. Tali figure sono distinte dalla gerarchia aziendale e mantengono le relazioni stabilite dalla legge.
Il datore di lavoro è, pertanto, il primo soggetto responsabile della salute e della sicurezza dei lavoratori della sua azienda. Infatti, tra i vari compiti e funzioni lui attribuite, egli si occupa di:
valutare i rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori presenti nella propria azienda;
elaborare e custodire in azienda il Documento di Valutazione dei Rischi (DVR), che contiene una relazione sulla valutazione dei rischi per la sicurezza, la salute e il programma di attuazione delle misure di prevenzione e protezione da adottare;
adottare le misure contenute nel documento di valutazione dei rischi;
consultare il Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza (RLS);
istituire il Servizio di Prevenzione e Protezione e nominarne il Responsabile (RSPP) e gli addetti;
designare gli incaricati sia per il primo soccorso che per l’antincendio e la gestione delle emergenze;
designare il Medico Competente quando previsto dalla legge;
organizzare la sorveglianza sanitaria se necessario.
In particolare, il datore di lavoro: “[…] fornisce […] dettagliate informazioni sui rischi specifici esistenti nell’ambiente in cui sono destinati ad operare e sulle misure di prevenzione e di emergenza adottate in relazione alla propria attività [e…] i datori di lavoro, ivi compresi i subappaltatori: a) cooperano all’attuazione delle misure di prevenzione e protezione dai rischi sul lavoro incidenti sull’attività lavorativa oggetto dell’appalto; e, b) coordinano gli interventi di protezione e prevenzione dai rischi cui sono esposti i lavoratori, informandosi reciprocamente anche al fine di eliminare rischi dovuti alle interferenze tra i lavori delle diverse imprese coinvolte nell’esecuzione dell’opera complessiva”.
Inoltre, “il datore di lavoro committente promuove la cooperazione e il coordinamento […], elaborando un unico documento di valutazione dei rischi che indichi le misure adottate per eliminare o, ove ciò non è possibile, ridurre al minimo i rischi da interferenze ovvero individuando, limitatamente ai settori di attività a basso rischio di infortuni e malattie professionali di cui all’art. 29, c. 6-ter, con riferimento sia all’attività del datore di lavoro committente sia alle attività dell’impresa appaltatrice e dei lavoratori autonomi, un proprio incaricato […]”. Ancora, “in caso di redazione del documento, esso è allegato al contratto di appalto o di opera e deve essere adeguato in funzione dell’evoluzione dei lavori, servizi e forniture”, salvo che si tratti di rischi specifici propri dell’attività delle imprese appaltatrici o dei singoli lavoratori autonomi.
L’attività del datore di lavoro non si esaurisce in una funzione meramente autonoma ed individuale; ciò in quanto il datore di lavoro ha sempre la facoltà di delegare ad un dipendente il proprio ruolo e la propria qualifica.
Tali deleghe, tuttavia, per essere valide: a) devono avere forma scritta; b) devono essere accettate; c) devono essere dettagliate; d) devono comportare autonomia di spesa, sia pure con un tetto; infine, e) devono essere giustificate da obbiettive esigenze dell’impresa.
Ai fin della validità della delega, inoltre, il soggetto delegato deve possedere l’idoneità tecnico-professionale allo svolgimento del ruolo, disporre di autonomia tecnico- organizzativa e, soprattutto, non subire ingerenze del delegante, altrimenti non può considerarsi un effettivo delegato, bensì un semplice prestanome.
Ad ogni modo, “la delega di funzioni non esclude l’obbligo di vigilanza in capo al datore di lavoro in ordine al corretto espletamento da parte del delegato delle funzioni trasferite”. Tale obbligo “si intende assolto in caso di adozione ed efficace attuazione del modello di verifica e controllo di cui all’art. 30, comma 4”.
È inoltre consentita la subdelega.
A tal proposito, infatti, “il soggetto delegato può, a sua volta, previa intesa con il datore di lavoro delegare specifiche funzioni in materia di salute e sicurezza sul lavoro alle medesime condizioni di cui ai cc. 1 e 2”.
Anche in tale ipotesi, la subdelega “non esclude l’obbligo di vigilanza in capo al delegante in ordine al corretto espletamento delle funzioni trasferite. Il soggetto al quale sia stata conferita la delega di cui al presente comma non può a sua volta, delegare le funzioni delegate”.
Ulteriori responsabilità, oltre a quelle rimproverabili in via ordinaria al datore di lavoro, gravano sul dirigente ovvero sul preposto.
In particolare, il dirigente è una persona professionalmente competente, che attua le direttive del datore di lavoro che lo ha incaricato, organizzando l’attività lavorativa e vigilando su di essa. È una figura presente soprattutto in aziende medio-grandi, nelle quali spesso svolge i compiti dello stesso datore di lavoro, di cui condivide anche parte degli obblighi e delle responsabilità.
Diversamente, il preposto è una persona che conosce bene l’attività da svolgere e, proprio grazie alle competenze professionali possedute, viene incaricato dal datore di lavoro di sovrintendere alla attività lavorativa e garantire l’attuazione delle direttive ricevute, controllandone la corretta esecuzione da parte dei lavoratori ed esercitando un funzionale potere di iniziativa, sia per gli aspetti produttivi che per il rispetto delle regole di sicurezza. La possibilità di decisione autonoma del preposto è tuttavia limitata al suo ambito di lavoro: pertanto, egli è tenuto a segnalare ai suoi superiori tutti i difetti tecnici, organizzativi e le mancanze delle persone sotto il suo controllo.
Da ultimo, il lavoratore è una persona che, indipendentemente dalla tipologia contrattuale, presta il proprio lavoro nell’organizzazione di un datore di lavoro. I lavoratori devono, infatti, prendersi cura della propria salute e sicurezza e di quella delle altre persone presenti sul luogo di lavoro su cui ricadono gli effetti delle sue azioni o omissioni, conformemente alla sua formazione, alle istruzioni e ai mezzi forniti dal datore di lavoro.
In particolare, essi sono tenuti innanzitutto ad osservare le disposizioni e le istruzioni impartite dal datore di lavoro, dai dirigenti e preposti, in merito alla protezione collettiva e individuale.
A tutela della propria incolumità e di quella degli altri lavoratori, è tenuto ad utilizzare correttamente i macchinari, le attrezzature, le sostanze, i preparati pericolosi e i dispositivi di sicurezza, ad utilizzare in modo appropriato i Dispositivi di Protezione Individuale (D.P.I.), a segnalare immediatamente al datore di lavoro, dirigente o preposto e al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, le deficienze delle apparecchiature e dei D.P.I. e le cause di pericolo.
Non meno importanti i divieti di rimuovere o modificare senza autorizzazione i dispositivi di sicurezza e di compiere di propria iniziativa operazioni che possano compromettere la sicurezza.
Ovviamente, i lavoratori debbono sottoporsi ai controlli sanitari se sono previsti e contribuire all’adempimento di tutti gli obblighi necessari a realizzare la sicurezza.
Le figure della prevenzione aziendale.
In una posizione di vertice, accanto al datore di lavoro, è possibile riscontrare la presenza di ulteriori figure con funzioni (e conseguenti responsabilità) relative alla prevenzione aziendale. Tra queste è possibile menzionare:
il RSPP;
il RLS;
il medico competente;
gli addetti all’emergenza.
Il Responsabile del Servizio Prevenzione e Protezione o RSPP) deve avere un curriculum adeguato e deve aver frequentato corsi di specializzazione e di aggiornamento in base al D.Lgs.195/03; deve essere dotato di capacità ed attitudini adeguate, valutate a discrezione del datore di lavoro che è responsabile della sua scelta (c.d. culpa in eligendo).
Egli non deve essere necessariamente un tecnico, ma deve avere capacità organizzative. Può avvalersi di supporti esterni. È obbligo di tutti collaborare con il RSPP. In mancanza di adeguate figure in azienda il datore di lavoro deve rivolgersi a strutture esterne. La nomina del RSPP è uno degli obblighi non delegabili del datore di lavoro.
Il responsabile del servizio di prevenzione e protezione collabora, inoltre, con lo stesso datore di lavoro, il medico competente del lavoro ed il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza alla realizzazione del documento di valutazione dei rischi.
Più nello specifico, questi deve provvedere:
all’individuazione dei fattori di rischio, alla valutazione dei rischi e all’individuazione delle misure per la sicurezza e la salubrità degli ambienti di lavoro, nel rispetto della normativa vigente sulla base della specifica conoscenza dell’organizzazione aziendale;
ad elaborare, per quanto di competenza, le misure preventive e protettive, nonché i sistemi di controllo di tali misure;
ad elaborare le procedure di sicurezza per le varie attività aziendali;
a proporre i programmi di informazione e formazione dei lavoratori;
a partecipare alle consultazioni in materia di tutela della salute e sicurezza sul lavoro, nonché alla riunione periodica;
Nelle aziende o nelle unità produttive che occupano più di 15 dipendenti, il datore di lavoro, direttamente o tramite il servizio di prevenzione e protezione dai rischi, indice almeno una volta all’anno una riunione cui partecipano:
il datore di lavoro stesso (o un suo rappresentante);
il responsabile del servizio di prevenzione e protezione – RSPP;
il medico competente, ove previsto;
il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza – RLS Nel corso della riunione, il datore di lavoro sottopone all’esame
il documento di valutazione dei Rischi a fornire ai lavoratori le informazioni necessarie.
Uno dei punti cardine del d.lgs. 81/2008 è senza dubbio l’obbligo di formazione per tutti i soggetti coinvolti nella gestione della sicurezza sul lavoro, tra cui l’RSPP.
Secondo l’Accordo Stato-Regioni del 07/07/2016 egli è obbligato a frequentare un corso di formazione iniziale strutturato nel seguente modo:
modulo
durata
descrizione
A
28 ore
modulo base, propedeutico
B
48 ore
corso di specializzazione per la formazione in un determinato settore
C
24 ore
corso di formazione sui rischi psicosociali, economici ed organizzativi
Il RLS (Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza) ha un ruolo essenziale all’interno dell’azienda con riferimento al settore di prevenzione degli infortuni.
Egli, per lo svolgimento delle proprie funzioni, deve disporre di tempo e mezzi necessari, deve potere accedere ai luoghi in cui si svolgono le attività nonché al Documento di Valutazione e al Registro Infortuni; ovviamente, deve conseguire una formazione adeguata.
La riunione ha altresì luogo in occasione di eventuali significative variazioni delle condizioni di esposizione al rischio, compresa la programmazione e l’introduzione di nuove tecnologie che hanno riflessi sulla sicurezza e salute dei lavoratori.
Il RLS viene consultato preventivamente e tempestivamente in ordine alla valutazione dei rischi di infortunio, all’individuazione, alla programmazione, alla realizzazione e alla verifica della prevenzione.
Egli viene anche consultato in merito alla designazione dei lavoratori addetti al servizio di prevenzione e protezione, al servizio di prevenzione incendi, al pronto soccorso e alla evacuazione dei lavoratori in caso di emergenza, nonché in merito alla loro formazione per il compimento di tali attività.
Il RLS riceve le informazioni e la documentazione inerente alla valutazione dei rischi e le relative misure di prevenzione e protezione nonché quelle inerenti le sostanze e i preparati pericolosi, le macchine, gli impianti, l’organizzazione e gli ambienti di lavoro, gli infortuni e le malattie professionali; riceve le informazioni provenienti dagli Organi di Vigilanza; promuove l’individuazione, l’elaborazione e l’attuazione di misure di prevenzione; formula osservazioni in occasione delle visite e verifiche effettuate dalle Autorità competenti; partecipa alle riunioni periodiche di sicurezza organizzate dal datore di lavoro;
Non meno importante il potere di proposta sull’attività di prevenzione e di segnalazione al RSPP i rischi da lui individuati.
Infine, può far ricorso alle autorità competenti qualora ritenga che le misure di prevenzione siano inadeguate.
Il Medico Competente viene nominato se la valutazione dei rischi ha evidenziato l’esposizione dei lavoratori a rischi specifici al di sopra dei limiti di legge, ad esempio per:
la movimentazione manuale dei carichi;
l’uso dei videoterminali;
la presenza ovvero l’uso di agenti chimici, cancerogeni o esposizione ad amianto;
la presenza di fonti di rumore, vibrazioni e altri agenti fisici;
lavoro notturno.
Inoltre, viene nominato anche per verificare l’assenza delle condizioni di alcol- dipendenza e di assunzione di sostanze psicotrope e stupefacenti per lavoratori che svolgono mansioni che comportano rischi per l’incolumità e la sicurezza di terzi (es: guidatori di mezzi di trasporto, educatori, personale sanitario, ecc.).
Egli effettua gli accertamenti sanitari necessari alla sorveglianza sanitaria, esprimendo il parere di idoneità al lavoro nella mansione specifica.
Istituisce ed aggiorna, sotto la propria responsabilità, una cartella sanitaria di rischio per ogni lavoratore da custodire con salvaguardia del segreto professionale; collabora con il datore di lavoro all’organizzazione del primo soccorso; visita, congiuntamente al RSPP gli ambienti di lavoro almeno una volta all’anno; fornisce informazioni ai lavoratori sul significato degli accertamenti sanitari; consegna, su richiesta del lavoratore, la copia della documentazione sanitaria.
Non meno importante, il potere di compiere accertamenti preventivi ai fini della valutazione di idoneità del lavoratore alla mansione specifica, nonché di compiere accertamenti ulteriori su richiesta motivata del lavoratore.
Il medico competente può anche avvalersi della collaborazione di medici specialistici scelti dal datore di lavoro.
Infine, collabora con il Datore di lavoro e con il Servizio di Prevenzione e Protezione alla predisposizione dell’attuazione delle misure di prevenzione e partecipa alla Riunione periodica di sicurezza.
Esistono, infine, i c.d. addetti all’emergenza, ovverosia gli Addetti al primo Soccorso e alla Lotta Antincendio, quali lavoratori incaricati dal datore di lavoro di mettere in atto le misure di prevenzione incendi e lotta antincendio, di evacuazione dei luoghi di lavoro in caso di pericolo grave e immediato, di salvataggio, di primo soccorso e, comunque, di gestione dell’emergenza.
La responsabilità dell’RSPP
Il RSPP “con l’assunzione dell’incarico, assume anche degli obblighi nei confronti del datore di lavoro, specie se si tratta di RSPP esterno all’azienda o comunque di RSPP interno che, per tale ruolo, riceve una specifica retribuzione”. Se dalla sua consulenza derivano danni a qualcuno “il RSPP li deve risarcire”.
La responsabilità extracontrattuale (o da fatto illecito) trova fondamento nell’art. 2043 del Codice Civile (“qualunque fatto, doloso o colposo che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno”).
Questa disposizione è il cardine su cui si fonda la parte preponderante della responsabilità civile del RSPP, in base alla quale qualsiasi azione, sia essa cosciente e volontaria, o semplicemente non voluta ma posta in essere per negligenza, imprudenza o imperizia, se cagiona un danno a qualcuno, obbliga al risarcimento.
Pertanto, una consulenza errata, superficiale, negligente ovvero il mancato rispetto quindi di uno dei compiti di cui all’art. 33 del D.Lgs. 81/08 sono tutte omissioni che, laddove diventino causa o concausa di un danno, obbligano il RSPP a risarcire di tasca propria i soggetti lesi.
Si tratta, dunque, di una responsabilità che si rivolge a tutti i soggetti che, a causa della negligenza del RSPP possano lamentare dei danni, sia di natura patrimoniale (perdite nel patrimonio, mancato guadagno ecc.) sia di natura non patrimoniale (danni qualificati come morali, alla salute, biologici, esistenziali, alla vita di relazione, etc. ).
Ancora, a fondamento della responsabilità contrattuale “l’affidamento da parte del datore di lavoro e l’accettazione da parte di un soggetto, dell’incarico di RSPP, si configura in genere come un contratto a prestazioni corrispettive in cui il nominato RSPP assume l’obbligo di svolgere i compiti propri a tale figura, a fronte di un compenso da parte del datore di lavoro”.
Il RSPP, in quanto soggetto qualificato ed adeguatamente formato ed aggiornato, è tenuto quindi ad assolvere alle obbligazioni contrattuali legate al suo ruolo con la diligenza del buon professionista. Ne consegue, pertanto, che laddove il RSPP non svolga con la dovuta diligenza l’incarico che gli viene affidato, il datore di lavoro che subisca un danno può contestare l’inadempimento contrattuale e, eventualmente, protestare i danni che abbia subito.
Per quanto riguarda la responsabilità penale si ricorda che il d.lgs. 81/2008 “non prevede specifiche sanzioni penali per il Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione”: non vi è dunque uno specifico sistema di contravvenzioni punite con l’arresto o con l’ammenda che vadano a sanzionare il comportamento di un RSPP che non svolge adeguatamente il suo compito. Ciò, però, non significa che il Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione non possa incorrere in una responsabilità penale. Il RSPP, infatti, risponde, insieme al datore di lavoro, per il verificarsi di un infortunio ogni qual volta questo sia oggettivamente riconducibile ad una situazione pericolosa che egli avrebbe avuto l’obbligo di conoscere e segnalare.
Il quadro normativo attuale, inoltre, prevede che il datore di lavoro sia e rimanga titolare della posizione di garanzia e, di conseguenza, il responsabile in caso di infortunio sul lavoro. Pertanto, il fatto che la normativa di settore escluda la sanzionabilità penale o amministrativa di eventuali comportamenti inosservanti dei componenti del servizio di prevenzione e protezione e quindi dello stesso RSPP, non significa che questi componenti o l’RSPP debbano ritenersi in ogni caso totalmente esonerati da qualsiasi responsabilità penale e civile derivante da attività svolte nell’ambito dell’incarico ricevuto. Infatti, occorre distinguere nettamente il piano delle responsabilità prevenzionali (di cui, in genere, non risponde penalmente il RSPP), derivanti dalla violazione di norme di puro pericolo, da quello di responsabilità per reati colposi di evento, quando cioè si siano verificati infortuni sul lavoro o tecnopatie.
La giurisprudenza è uniforme nel ritenere che “il RSPP non può non dirsi esonerato da un’eventuale responsabilità per colpa professionale: anzi, qualora l’errore non fosse rilevabile dal datore di lavoro, quest’ultimo, in assenza di profili di colpa, potrebbe andare persino esente da ogni responsabilità. In definitiva, vi è co-responsabilità del RSPP con il datore di lavoro per il verificarsi di un evento lesivo tutte le volte che l’inosservanza dei compiti di prevenzione attribuiti al RSPP dalla legge si configura come una delle concause dell’evento lesivo. E dunque, laddove il datore di lavoro non adotti una “doverosa misura di prevenzione a causa di un errato suggerimento o di una mancata segnalazione circa una situazione di rischio da parte del RSPP, che abbia agito con imperizia, imprudenza o inosservanza di leggi e discipline, quest’ultimo sarà chiamato a rispondere dell’evento dannoso derivatone, essendo l’infortunio a lui ascrivibile a titolo di colpa professionale”.
Potrebbe sorgere, inoltre, la responsabilità del RSPP per omicidio o per lesioni colpose nel caso in cui:
il RSPP abbia il compito di individuare in azienda i potenziali pericoli per la salute e per l’incolumità dei lavoratori, di suggerire azioni volte all’eliminazione dei medesimi e di formare ed informare i lavoratori alla prevenzione;
Egli sia un «professionista» ed abbia svolto corsi di formazione e di aggiornamento continuo per cui è tenuto a
«sapere» individuare i rischi, valutarli e prevenirli;
Laddove il RSPP non svolga adeguatamente il proprio ruolo di consulente ed ometta di prendere in considerazione taluni rischi, di eliminarli o di informare i lavoratori sulle modalità di prevenire incidenti e si verifichi un infortunio che può essere considerato «tipico» in relazione al rischio che si è omesso di considerare, lo stesso risponde penalmente, in concorso con il datore di lavoro o autonomamente, dell’evento occorso.
Tuttavia, il RSPP andrà esente da responsabilità qualora riesca a dimostrare di avere diligentemente svolto i compiti a cui è chiamato, mettendo in concreto il datore di lavoro in condizione di individuare i rischi e adottare idonee misure correttive per eliminarli. In tal caso, se il datore di lavoro non segue le direttive del RSPP, risponderà lui solo della mancata attuazione delle misure indicate.
Il RSPP non incorrerà in responsabilità anche nel caso in cui dimostri che l’evento si è verificato nonostante il corretto assolvimento dei suoi obblighi, ovvero per ragioni estranee ed indipendenti dalla valutazione dei rischi da lui condotta o dalle misure da lui adottate, come, esemplificativamente, dalla mancata esecuzione delle misure suggerite da parte del datore di lavoro, da un fatto abnorme del lavoratore, dal caso fortuito.
La valutazione dei rischi
Il rischio è la combinazione tra la probabilità (P) che si manifesti un certo evento dannoso e la gravità (Magnitudo, M) associata all’evento stesso.
R = f (P, M)
Generalmente si considera R = P x M
Si tratta di un’indicazione generica che va associata al numero dei lavoratori esposti.
La valutazione dei rischi e le relative misure di miglioramento sono indicate nel DVR, (Documento di Valutazione dei Rischi) art. 17 co. 1 del D. Lgs. 81/2008.
Essendo un documento cardine per la gestione dell’igiene e della sicurezza dell’azienda, esso deve necessariamente contenere:
una relazione sulla VDR, nella quale siano specificati i criteri adottati per la valutazione stessa;
l’individuazione delle misure di prevenzione e protezione attuate e dei DPI adottati;
il programma delle misure ritenute opportune per garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di sicurezza;
l’individuazione delle procedure da seguire per l’attuazione delle misure;
l’individuazione delle mansioni che eventualmente espongono i lavoratori a rischi specifici;
l’identificazione dell’azienda;
la caratterizzazione del sito e delle lavorazioni;
l’organizzazione della prevenzione e protezione;
la valutazione dei rischi e metodologia adottata;
la programmazione degli interventi di prevenzione e protezione;
l’informazione, formazione e addestramento dei lavoratori;
le procedure di sicurezza e DPI;
la gestione appalti e fornitori;
la sorveglianza sanitaria;
gli allegati con documentazione e valutazioni specifiche.
Per quanto concerne la metodologia per la valutazione dei rischi, tenuto conto che: RISCHIO = PROBABILITÀ X GRAVITÀ, il rischio sarà:
1 = IMPROBABILE quando la sua manifestazione è legata al contemporaneo verificarsi di più eventi sfavorevoli indipendenti e poco probabili;
2 = POSSIBILE quando la sua manifestazione è legata al contemporaneo verificarsi di più eventi sfavorevoli e di probabilità non trascurabile;
3 = PROBABILE quando la sua manifestazione è legata al verificarsi di eventi sfavorevoli che si sono già verificati;
4 = FREQUENTE quando la sua manifestazione è legata al verificarsi di eventi sfavorevoli frequenti che si sono già verificati in altri casi.
L’abbattimento della probabilità di un evento dannoso – R = f (P, M) – è possibile attraverso l’adozione di misure di prevenzione, quali, ad esempio:
la formazione e l’informazione, che aumentano conoscenze e consapevolezza sui rischi;
L’addestramento, che aumenta la capacità dell’operatore;
la sostituzione delle sostanze pericolose con altre non pericolose, che previene l’esposizione;
l’uso di macchine a norma dotate di tutte le necessarie protezioni, in modo da prevenire incidenti e infortuni dovuti a parti non protette;
la verifica periodica degli impianti al fine di prevenire i guasti.
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La figura dell'HSE Manager: normativa di riferimento, valutazione dei rischi e ruolo del RSPP
di Stefano Maglia, Fabrizio Salmi
Tratto dal capitolo 2 del volume “HSE Manager – Manuale Operativo”:
Normativa di di riferimento
La disciplina relativa alla sicurezza ed alla salute sui luoghi di lavoro è disciplinata in diversi Testi normativi.
Prima tra tutti la Costituzione della Repubblica, che, agli artt. 32, 35 e 41, fornisce adeguata tutela della salute, del lavoro e della sicurezza. In particolare:
Ad ogni modo, accanto alla Carta Costituzionale vengono comunemente affiancati il Codice Civile, lo statuto dei Lavoratori ed il Codice Penale.
Nello specifico, occorre far riferimento, per quanto concerne il Codice Civile:
Per quanto concerne lo Statuto dei Lavoratori (l. n. 300/1970), l’art. 9 prevede che “i lavoratori, mediante loro rappresentanze, hanno diritto di controllare l’applicazione delle norme per la prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali e di promuovere la ricerca, l’elaborazione e l’attuazione di tutte le misure idonee a tutelare la loro salute e la loro integrità fisica”.
Per quanto riguarda, infine, il Codice Penale:
Passo ulteriore nella normativa di riferimento è stato introdotto dal legislatore attraverso l’elaborazione e la conseguente entrata in vigore del T.U. n. 81/2008, allo scopo di coordinare e razionalizzare in un unico testo la complessa normativa in materia di salute e sicurezza sul lavoro. Con l’entrata in vigore delle nuove disposizioni sono state abrogate, salvo poche eccezioni, le principali normative fino ad allora esistenti (nn. 626/94, 494/96, e DPR nn. 547/55,164/56,303/56). Il T.U. 81/2008 si applica a tutti i settori di attività pubblici e privati, scuola inclusa, interessa tutte le tipologie di rischio, si estende ad ogni forma di lavoro, anche atipico ed in parte anche a lavoratori autonomi, equipara gli studenti in tirocinio e in laboratorio a lavoratori.
Esso si compone di 306 articoli e 51 allegati tecnici.
Da un punto di vista del quadro europeo, la normativa di igiene e sicurezza si è evoluta dagli anni ’90 anche grazie alle norme della comunità europea. In particolare, attraverso gli strumenti delle direttive (che devono essere recepite dai singoli stati membri), dei regolamenti (che sono cogenti e direttamente applicabili) e delle decisioni (anch’esse di natura cogente verso i singoli stati membri destinatari).
La prevenzione aziendale
Il D. Lgs. 81/08 individua non soltanto le funzioni, i ruoli e i compiti degli enti e delle istituzioni, ma anche quali azioni devono compiere le singole aziende a livello di prevenzione degli infortuni, nonché i diritti ed i doveri delle singole figure che all’interno dell’azienda svolgono specifici compiti assegnati.
La tutela della sicurezza e della salute è estesa a tutti i lavoratori e a tutti i rischi a prescindere dal settore e dal tipo di contratto. Particolare attenzione è rivolta a gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari, tra cui quelli connessi alla gravidanza, alle differenze di genere, all’età, alla provenienza da altri paesi e quelli connessi alla specifica tipologia contrattuale attraverso cui viene resa la prestazione di lavoro. Inoltre, devono essere considerati i rischi da interferenza per i lavori in appalto.
Posto che la prevenzione deve diventare un valore aziendale di orientamento e di guida, deve essere integrata e permeare le altre attività aziendali, tra gli strumenti precauzionali si possono annoverare:
Mentre le misure preventive sono applicate per ridurre la probabilità dell’evento dannoso, le misure protettive agiscono per ridurre la gravità del danno potenziale. Più il sistema di prevenzione aziendale funziona, minore è la necessità di misure protettive.
A prescindere dal settore di appartenenza e dimensione in ogni azienda, deve essere organizzato un sistema di prevenzione aziendale, composto da figure che hanno:
Lo schema della responsabilità
Lo schema della responsabilità è costituito da figure che svolgono compiti particolari e con una specifica competenza tecnica, le quali operano sotto la responsabilità del datore di lavoro. Tali figure sono distinte dalla gerarchia aziendale e mantengono le relazioni stabilite dalla legge.
Il datore di lavoro è, pertanto, il primo soggetto responsabile della salute e della sicurezza dei lavoratori della sua azienda. Infatti, tra i vari compiti e funzioni lui attribuite, egli si occupa di:
In particolare, il datore di lavoro: “[…] fornisce […] dettagliate informazioni sui rischi specifici esistenti nell’ambiente in cui sono destinati ad operare e sulle misure di prevenzione e di emergenza adottate in relazione alla propria attività [e…] i datori di lavoro, ivi compresi i subappaltatori: a) cooperano all’attuazione delle misure di prevenzione e protezione dai rischi sul lavoro incidenti sull’attività lavorativa oggetto dell’appalto; e, b) coordinano gli interventi di protezione e prevenzione dai rischi cui sono esposti i lavoratori, informandosi reciprocamente anche al fine di eliminare rischi dovuti alle interferenze tra i lavori delle diverse imprese coinvolte nell’esecuzione dell’opera complessiva”.
Inoltre, “il datore di lavoro committente promuove la cooperazione e il coordinamento […], elaborando un unico documento di valutazione dei rischi che indichi le misure adottate per eliminare o, ove ciò non è possibile, ridurre al minimo i rischi da interferenze ovvero individuando, limitatamente ai settori di attività a basso rischio di infortuni e malattie professionali di cui all’art. 29, c. 6-ter, con riferimento sia all’attività del datore di lavoro committente sia alle attività dell’impresa appaltatrice e dei lavoratori autonomi, un proprio incaricato […]”. Ancora, “in caso di redazione del documento, esso è allegato al contratto di appalto o di opera e deve essere adeguato in funzione dell’evoluzione dei lavori, servizi e forniture”, salvo che si tratti di rischi specifici propri dell’attività delle imprese appaltatrici o dei singoli lavoratori autonomi.
L’attività del datore di lavoro non si esaurisce in una funzione meramente autonoma ed individuale; ciò in quanto il datore di lavoro ha sempre la facoltà di delegare ad un dipendente il proprio ruolo e la propria qualifica.
Tali deleghe, tuttavia, per essere valide: a) devono avere forma scritta; b) devono essere accettate; c) devono essere dettagliate; d) devono comportare autonomia di spesa, sia pure con un tetto; infine, e) devono essere giustificate da obbiettive esigenze dell’impresa.
Ai fin della validità della delega, inoltre, il soggetto delegato deve possedere l’idoneità tecnico-professionale allo svolgimento del ruolo, disporre di autonomia tecnico- organizzativa e, soprattutto, non subire ingerenze del delegante, altrimenti non può considerarsi un effettivo delegato, bensì un semplice prestanome.
Ad ogni modo, “la delega di funzioni non esclude l’obbligo di vigilanza in capo al datore di lavoro in ordine al corretto espletamento da parte del delegato delle funzioni trasferite”. Tale obbligo “si intende assolto in caso di adozione ed efficace attuazione del modello di verifica e controllo di cui all’art. 30, comma 4”.
È inoltre consentita la subdelega.
A tal proposito, infatti, “il soggetto delegato può, a sua volta, previa intesa con il datore di lavoro delegare specifiche funzioni in materia di salute e sicurezza sul lavoro alle medesime condizioni di cui ai cc. 1 e 2”.
Anche in tale ipotesi, la subdelega “non esclude l’obbligo di vigilanza in capo al delegante in ordine al corretto espletamento delle funzioni trasferite. Il soggetto al quale sia stata conferita la delega di cui al presente comma non può a sua volta, delegare le funzioni delegate”.
Ulteriori responsabilità, oltre a quelle rimproverabili in via ordinaria al datore di lavoro, gravano sul dirigente ovvero sul preposto.
In particolare, il dirigente è una persona professionalmente competente, che attua le direttive del datore di lavoro che lo ha incaricato, organizzando l’attività lavorativa e vigilando su di essa. È una figura presente soprattutto in aziende medio-grandi, nelle quali spesso svolge i compiti dello stesso datore di lavoro, di cui condivide anche parte degli obblighi e delle responsabilità.
Diversamente, il preposto è una persona che conosce bene l’attività da svolgere e, proprio grazie alle competenze professionali possedute, viene incaricato dal datore di lavoro di sovrintendere alla attività lavorativa e garantire l’attuazione delle direttive ricevute, controllandone la corretta esecuzione da parte dei lavoratori ed esercitando un funzionale potere di iniziativa, sia per gli aspetti produttivi che per il rispetto delle regole di sicurezza. La possibilità di decisione autonoma del preposto è tuttavia limitata al suo ambito di lavoro: pertanto, egli è tenuto a segnalare ai suoi superiori tutti i difetti tecnici, organizzativi e le mancanze delle persone sotto il suo controllo.
Da ultimo, il lavoratore è una persona che, indipendentemente dalla tipologia contrattuale, presta il proprio lavoro nell’organizzazione di un datore di lavoro. I lavoratori devono, infatti, prendersi cura della propria salute e sicurezza e di quella delle altre persone presenti sul luogo di lavoro su cui ricadono gli effetti delle sue azioni o omissioni, conformemente alla sua formazione, alle istruzioni e ai mezzi forniti dal datore di lavoro.
In particolare, essi sono tenuti innanzitutto ad osservare le disposizioni e le istruzioni impartite dal datore di lavoro, dai dirigenti e preposti, in merito alla protezione collettiva e individuale.
A tutela della propria incolumità e di quella degli altri lavoratori, è tenuto ad utilizzare correttamente i macchinari, le attrezzature, le sostanze, i preparati pericolosi e i dispositivi di sicurezza, ad utilizzare in modo appropriato i Dispositivi di Protezione Individuale (D.P.I.), a segnalare immediatamente al datore di lavoro, dirigente o preposto e al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, le deficienze delle apparecchiature e dei D.P.I. e le cause di pericolo.
Non meno importanti i divieti di rimuovere o modificare senza autorizzazione i dispositivi di sicurezza e di compiere di propria iniziativa operazioni che possano compromettere la sicurezza.
Ovviamente, i lavoratori debbono sottoporsi ai controlli sanitari se sono previsti e contribuire all’adempimento di tutti gli obblighi necessari a realizzare la sicurezza.
Le figure della prevenzione aziendale.
In una posizione di vertice, accanto al datore di lavoro, è possibile riscontrare la presenza di ulteriori figure con funzioni (e conseguenti responsabilità) relative alla prevenzione aziendale. Tra queste è possibile menzionare:
Il Responsabile del Servizio Prevenzione e Protezione o RSPP) deve avere un curriculum adeguato e deve aver frequentato corsi di specializzazione e di aggiornamento in base al D.Lgs.195/03; deve essere dotato di capacità ed attitudini adeguate, valutate a discrezione del datore di lavoro che è responsabile della sua scelta (c.d. culpa in eligendo).
Egli non deve essere necessariamente un tecnico, ma deve avere capacità organizzative. Può avvalersi di supporti esterni. È obbligo di tutti collaborare con il RSPP. In mancanza di adeguate figure in azienda il datore di lavoro deve rivolgersi a strutture esterne. La nomina del RSPP è uno degli obblighi non delegabili del datore di lavoro.
Il responsabile del servizio di prevenzione e protezione collabora, inoltre, con lo stesso datore di lavoro, il medico competente del lavoro ed il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza alla realizzazione del documento di valutazione dei rischi.
Più nello specifico, questi deve provvedere:
Nelle aziende o nelle unità produttive che occupano più di 15 dipendenti, il datore di lavoro, direttamente o tramite il servizio di prevenzione e protezione dai rischi, indice almeno una volta all’anno una riunione cui partecipano:
Uno dei punti cardine del d.lgs. 81/2008 è senza dubbio l’obbligo di formazione per tutti i soggetti coinvolti nella gestione della sicurezza sul lavoro, tra cui l’RSPP.
Secondo l’Accordo Stato-Regioni del 07/07/2016 egli è obbligato a frequentare un corso di formazione iniziale strutturato nel seguente modo:
B
48 ore
C
24 ore
Il RLS (Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza) ha un ruolo essenziale all’interno dell’azienda con riferimento al settore di prevenzione degli infortuni.
Egli, per lo svolgimento delle proprie funzioni, deve disporre di tempo e mezzi necessari, deve potere accedere ai luoghi in cui si svolgono le attività nonché al Documento di Valutazione e al Registro Infortuni; ovviamente, deve conseguire una formazione adeguata.
La riunione ha altresì luogo in occasione di eventuali significative variazioni delle condizioni di esposizione al rischio, compresa la programmazione e l’introduzione di nuove tecnologie che hanno riflessi sulla sicurezza e salute dei lavoratori.
Il RLS viene consultato preventivamente e tempestivamente in ordine alla valutazione dei rischi di infortunio, all’individuazione, alla programmazione, alla realizzazione e alla verifica della prevenzione.
Egli viene anche consultato in merito alla designazione dei lavoratori addetti al servizio di prevenzione e protezione, al servizio di prevenzione incendi, al pronto soccorso e alla evacuazione dei lavoratori in caso di emergenza, nonché in merito alla loro formazione per il compimento di tali attività.
Il RLS riceve le informazioni e la documentazione inerente alla valutazione dei rischi e le relative misure di prevenzione e protezione nonché quelle inerenti le sostanze e i preparati pericolosi, le macchine, gli impianti, l’organizzazione e gli ambienti di lavoro, gli infortuni e le malattie professionali; riceve le informazioni provenienti dagli Organi di Vigilanza; promuove l’individuazione, l’elaborazione e l’attuazione di misure di prevenzione; formula osservazioni in occasione delle visite e verifiche effettuate dalle Autorità competenti; partecipa alle riunioni periodiche di sicurezza organizzate dal datore di lavoro;
Non meno importante il potere di proposta sull’attività di prevenzione e di segnalazione al RSPP i rischi da lui individuati.
Infine, può far ricorso alle autorità competenti qualora ritenga che le misure di prevenzione siano inadeguate.
Il Medico Competente viene nominato se la valutazione dei rischi ha evidenziato l’esposizione dei lavoratori a rischi specifici al di sopra dei limiti di legge, ad esempio per:
Inoltre, viene nominato anche per verificare l’assenza delle condizioni di alcol- dipendenza e di assunzione di sostanze psicotrope e stupefacenti per lavoratori che svolgono mansioni che comportano rischi per l’incolumità e la sicurezza di terzi (es: guidatori di mezzi di trasporto, educatori, personale sanitario, ecc.).
Egli effettua gli accertamenti sanitari necessari alla sorveglianza sanitaria, esprimendo il parere di idoneità al lavoro nella mansione specifica.
Istituisce ed aggiorna, sotto la propria responsabilità, una cartella sanitaria di rischio per ogni lavoratore da custodire con salvaguardia del segreto professionale; collabora con il datore di lavoro all’organizzazione del primo soccorso; visita, congiuntamente al RSPP gli ambienti di lavoro almeno una volta all’anno; fornisce informazioni ai lavoratori sul significato degli accertamenti sanitari; consegna, su richiesta del lavoratore, la copia della documentazione sanitaria.
Non meno importante, il potere di compiere accertamenti preventivi ai fini della valutazione di idoneità del lavoratore alla mansione specifica, nonché di compiere accertamenti ulteriori su richiesta motivata del lavoratore.
Il medico competente può anche avvalersi della collaborazione di medici specialistici scelti dal datore di lavoro.
Infine, collabora con il Datore di lavoro e con il Servizio di Prevenzione e Protezione alla predisposizione dell’attuazione delle misure di prevenzione e partecipa alla Riunione periodica di sicurezza.
Esistono, infine, i c.d. addetti all’emergenza, ovverosia gli Addetti al primo Soccorso e alla Lotta Antincendio, quali lavoratori incaricati dal datore di lavoro di mettere in atto le misure di prevenzione incendi e lotta antincendio, di evacuazione dei luoghi di lavoro in caso di pericolo grave e immediato, di salvataggio, di primo soccorso e, comunque, di gestione dell’emergenza.
La responsabilità dell’RSPP
Il RSPP “con l’assunzione dell’incarico, assume anche degli obblighi nei confronti del datore di lavoro, specie se si tratta di RSPP esterno all’azienda o comunque di RSPP interno che, per tale ruolo, riceve una specifica retribuzione”. Se dalla sua consulenza derivano danni a qualcuno “il RSPP li deve risarcire”.
La responsabilità extracontrattuale (o da fatto illecito) trova fondamento nell’art. 2043 del Codice Civile (“qualunque fatto, doloso o colposo che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno”).
Questa disposizione è il cardine su cui si fonda la parte preponderante della responsabilità civile del RSPP, in base alla quale qualsiasi azione, sia essa cosciente e volontaria, o semplicemente non voluta ma posta in essere per negligenza, imprudenza o imperizia, se cagiona un danno a qualcuno, obbliga al risarcimento.
Pertanto, una consulenza errata, superficiale, negligente ovvero il mancato rispetto quindi di uno dei compiti di cui all’art. 33 del D.Lgs. 81/08 sono tutte omissioni che, laddove diventino causa o concausa di un danno, obbligano il RSPP a risarcire di tasca propria i soggetti lesi.
Si tratta, dunque, di una responsabilità che si rivolge a tutti i soggetti che, a causa della negligenza del RSPP possano lamentare dei danni, sia di natura patrimoniale (perdite nel patrimonio, mancato guadagno ecc.) sia di natura non patrimoniale (danni qualificati come morali, alla salute, biologici, esistenziali, alla vita di relazione, etc. ).
Ancora, a fondamento della responsabilità contrattuale “l’affidamento da parte del datore di lavoro e l’accettazione da parte di un soggetto, dell’incarico di RSPP, si configura in genere come un contratto a prestazioni corrispettive in cui il nominato RSPP assume l’obbligo di svolgere i compiti propri a tale figura, a fronte di un compenso da parte del datore di lavoro”.
Il RSPP, in quanto soggetto qualificato ed adeguatamente formato ed aggiornato, è tenuto quindi ad assolvere alle obbligazioni contrattuali legate al suo ruolo con la diligenza del buon professionista. Ne consegue, pertanto, che laddove il RSPP non svolga con la dovuta diligenza l’incarico che gli viene affidato, il datore di lavoro che subisca un danno può contestare l’inadempimento contrattuale e, eventualmente, protestare i danni che abbia subito.
Per quanto riguarda la responsabilità penale si ricorda che il d.lgs. 81/2008 “non prevede specifiche sanzioni penali per il Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione”: non vi è dunque uno specifico sistema di contravvenzioni punite con l’arresto o con l’ammenda che vadano a sanzionare il comportamento di un RSPP che non svolge adeguatamente il suo compito. Ciò, però, non significa che il Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione non possa incorrere in una responsabilità penale. Il RSPP, infatti, risponde, insieme al datore di lavoro, per il verificarsi di un infortunio ogni qual volta questo sia oggettivamente riconducibile ad una situazione pericolosa che egli avrebbe avuto l’obbligo di conoscere e segnalare.
Il quadro normativo attuale, inoltre, prevede che il datore di lavoro sia e rimanga titolare della posizione di garanzia e, di conseguenza, il responsabile in caso di infortunio sul lavoro. Pertanto, il fatto che la normativa di settore escluda la sanzionabilità penale o amministrativa di eventuali comportamenti inosservanti dei componenti del servizio di prevenzione e protezione e quindi dello stesso RSPP, non significa che questi componenti o l’RSPP debbano ritenersi in ogni caso totalmente esonerati da qualsiasi responsabilità penale e civile derivante da attività svolte nell’ambito dell’incarico ricevuto. Infatti, occorre distinguere nettamente il piano delle responsabilità prevenzionali (di cui, in genere, non risponde penalmente il RSPP), derivanti dalla violazione di norme di puro pericolo, da quello di responsabilità per reati colposi di evento, quando cioè si siano verificati infortuni sul lavoro o tecnopatie.
La giurisprudenza è uniforme nel ritenere che “il RSPP non può non dirsi esonerato da un’eventuale responsabilità per colpa professionale: anzi, qualora l’errore non fosse rilevabile dal datore di lavoro, quest’ultimo, in assenza di profili di colpa, potrebbe andare persino esente da ogni responsabilità. In definitiva, vi è co-responsabilità del RSPP con il datore di lavoro per il verificarsi di un evento lesivo tutte le volte che l’inosservanza dei compiti di prevenzione attribuiti al RSPP dalla legge si configura come una delle concause dell’evento lesivo. E dunque, laddove il datore di lavoro non adotti una “doverosa misura di prevenzione a causa di un errato suggerimento o di una mancata segnalazione circa una situazione di rischio da parte del RSPP, che abbia agito con imperizia, imprudenza o inosservanza di leggi e discipline, quest’ultimo sarà chiamato a rispondere dell’evento dannoso derivatone, essendo l’infortunio a lui ascrivibile a titolo di colpa professionale”.
Potrebbe sorgere, inoltre, la responsabilità del RSPP per omicidio o per lesioni colpose nel caso in cui:
«sapere» individuare i rischi, valutarli e prevenirli;
Laddove il RSPP non svolga adeguatamente il proprio ruolo di consulente ed ometta di prendere in considerazione taluni rischi, di eliminarli o di informare i lavoratori sulle modalità di prevenire incidenti e si verifichi un infortunio che può essere considerato «tipico» in relazione al rischio che si è omesso di considerare, lo stesso risponde penalmente, in concorso con il datore di lavoro o autonomamente, dell’evento occorso.
Tuttavia, il RSPP andrà esente da responsabilità qualora riesca a dimostrare di avere diligentemente svolto i compiti a cui è chiamato, mettendo in concreto il datore di lavoro in condizione di individuare i rischi e adottare idonee misure correttive per eliminarli. In tal caso, se il datore di lavoro non segue le direttive del RSPP, risponderà lui solo della mancata attuazione delle misure indicate.
Il RSPP non incorrerà in responsabilità anche nel caso in cui dimostri che l’evento si è verificato nonostante il corretto assolvimento dei suoi obblighi, ovvero per ragioni estranee ed indipendenti dalla valutazione dei rischi da lui condotta o dalle misure da lui adottate, come, esemplificativamente, dalla mancata esecuzione delle misure suggerite da parte del datore di lavoro, da un fatto abnorme del lavoratore, dal caso fortuito.
La valutazione dei rischi
Il rischio è la combinazione tra la probabilità (P) che si manifesti un certo evento dannoso e la gravità (Magnitudo, M) associata all’evento stesso.
R = f (P, M)
Generalmente si considera R = P x M
Si tratta di un’indicazione generica che va associata al numero dei lavoratori esposti.
La valutazione dei rischi e le relative misure di miglioramento sono indicate nel DVR, (Documento di Valutazione dei Rischi) art. 17 co. 1 del D. Lgs. 81/2008.
Essendo un documento cardine per la gestione dell’igiene e della sicurezza dell’azienda, esso deve necessariamente contenere:
Per quanto concerne la metodologia per la valutazione dei rischi, tenuto conto che: RISCHIO = PROBABILITÀ X GRAVITÀ, il rischio sarà:
1 = IMPROBABILE quando la sua manifestazione è legata al contemporaneo verificarsi di più eventi sfavorevoli indipendenti e poco probabili;
2 = POSSIBILE quando la sua manifestazione è legata al contemporaneo verificarsi di più eventi sfavorevoli e di probabilità non trascurabile;
3 = PROBABILE quando la sua manifestazione è legata al verificarsi di eventi sfavorevoli che si sono già verificati;
4 = FREQUENTE quando la sua manifestazione è legata al verificarsi di eventi sfavorevoli frequenti che si sono già verificati in altri casi.
L’abbattimento della probabilità di un evento dannoso – R = f (P, M) – è possibile attraverso l’adozione di misure di prevenzione, quali, ad esempio:
Piacenza, 5 gennaio 2021
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