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Gestione dei farmaci sperimentali scaduti come rifiuti

di Diego Ambrosi

Categoria: Rifiuti

Introduzione

Questo contributo parte dalla volontà di guardare la gestione dei farmaci sperimentali nelle farmacie ospedaliere da un punto di vista diverso, normalmente poco considerato eppure foriero di potenziali criticità, anche penali, per tutti i soggetti che a vario titolo (azienda farmaceutica, sponsor/promotore se non corrisponde con l’azienda farmaceutica, Contract Research Organization o CRO, farmacia, direzione sanitaria, …) concorrono nella gestione di questi presidi.

A prima vista può sembrare che i due mondi della gestione dei rifiuti e delle farmacie ospedaliere non abbiano nulla a che fare l’uno con l’altro, siano come due rette parallele destinate a non avvicinarsi mai, tantomeno toccarsi. In diversi incontri chi scrive ha avuto una sensazione di difficile comunicabilità, quasi si parlasse delle stesse cose ma in lingue diverse, nonostante l’elevata istruzione e competenza degli interlocutori.

Questo perché l’opinione generale alla voce “rifiuti” collega cumuli abbandonati ed indistinti di “monnezza”, e alla voce “rifiuti speciali” qualcosa di non meglio precisabile, ma indubbiamente che non riguarda, se non grossi, vetusti e inquinanti poli industriali. Cosa può avere a che fare tutto questo con l’ambiente pulito, preciso e scientifico come una farmacia ospedaliera?

Ragioneremo intorno a due punti cruciali, due definizioni: quella di “rifiuto” e quella di “produttore/detentore” dei rifiuti stessi e a tre documenti, attorno ai quali, attualmente, si organizza la gestione dei rifiuti: formulario, registro di carico scarico, MUD.

 

Definizioni

La nostra bussola è la normativa, in particolare il D.Lgs 152/06 del 1/4/2006 (detto anche TUA: Testo Unico sull’Ambiente) con le successive modifiche ed integrazioni, l’ultima delle quali è il D.Lgs. 116 del 3/9/2020, entrato in vigore il 26/9/2020, e il DPR 254/03 sui rifiuti di origine sanitaria.

Dobbiamo necessariamente definire correttamente due “entità”: il “rifiuto” e il “produttore/detentore”.

Il rifiuto

Cos’è un rifiuto? L’accezione comune lo definisce come qualcosa che non ha valore e che si “butta via”.

I dizionari seguono questo approccio e lo definiscono come “residuo inutile, scarto”, “Quanto si getta via, perché inutilizzabile o dannoso”, quasi a indicare che la cifra di un oggetto divenuto rifiuto sia l’inutilità, la residualità, la dannosità e di conseguenza la necessità di “toglierlo di mezzo”.

In modo un po’ più tecnico la Treccani lo definisce “Qualunque materia solida o liquida scarto di un processo, di provenienza domestica, agricola o industriale”. Insomma, l’attenzione è volta ai processi produttivi.

E la normativa cosa dice?

La normativa italiana in merito è di stretta derivazione comunitaria e il D.Lgs. 152/06 definisce (art 183):
a) “rifiuto”: qualsiasi sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi o abbia l’intenzione o abbia l’obbligo di disfarsi;
b) “rifiuto pericoloso”: rifiuto che presenta una o più caratteristiche di cui all’allegato I della parte quarta del presente decreto;

L’azione che caratterizza la “nascita” di rifiuto è il “disfarsi” (to dispose in inglese), inteso sia come azione tout court, che come “obbligo” che addirittura come “intenzione”.

Chiaramente sul tema si sono spesi fiumi di inchiostro da parte della giurisprudenza italiana e comunitaria. Quello che qui interessa è determinare che la nozione di rifiuto non è soggettiva (decido io arbitrariamente se questo oggetto, che ho – e non è detto sia mio – è o non è rifiuto), ma che esistono dei parametri oggettivi e in particolare:[1]

  • Il valore commerciale non ha importanza (tradotto: il fatto che un oggetto o materiale abbia un valore non impedisce che sia anche un rifiuto)
  • Il luogo dove sono collocati i materiali non influenza il fatto che essi assumano o meno la qualifica di rifiuti

 

Pertanto, se noi abbiamo un oggetto, un materiale qualsiasi di cui ci disfiamo oppure abbiamo l’obbligo di farlo (che evidentemente discende da una normativa giuridica o tecnica), allora quell’oggetto o quel materiale può a buon diritto rientrare nella “nozione ampia” di rifiuto, come di ciò che non è più di nessuna utilità per il detentore in base ad una sua personale scelta ma, piuttosto, ciò che è qualificabile come tale sulla scorta di dati obiettivi[2]

 

 

Il produttore

Se la definizione di rifiuto può sembrare a volte di difficile attuazione, è perché non abbiamo ancora affrontato quella del produttore (o detentore)! Qui la faccenda si complica, ma andiamo per gradi.

Secondo la normativa italiana in tema di rifiuti, il produttore è[3]:

“il soggetto la cui attività produce rifiuti e il soggetto al quale sia giuridicamente riferibile detta produzione (produttore iniziale)”

E il detentore chi è[4]?

“detentore”: il produttore dei rifiuti o la persona fisica o giuridica che ne è in possesso

Se riprendiamo la definizione di rifiuto, qui già vediamo un problema: se il rifiuto è “qualsiasi sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi”, e se il detentore può essere il produttore oppure chi ne è in possesso, a chi spetta l’onere di “disfarsi”?

Non si tratta di una questione da poco, perché dall’individuazione del rifiuto in quanto tale, e del produttore / detentore, discende una serie di adempimenti, oneri e responsabilità.

Vediamo quali. Torneremo alla fine su questo punto cruciale.

 

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Adempimenti

Una volta che un oggetto diventa “rifiuto” non ha più la libertà di prima, è come un “prigioniero”:

  1. deve essere identificato, ossia classificato e caratterizzato
  2. non più stare con chi vuole, ma deve essere sempre accompagnato da qualcuno autorizzato
  3. non può più stare dove vuole, ma deve essere posto in luoghi ben identificati
  4. non più restare “in giro” quanto vuole, ma entro un tempo ben preciso deve raggiungere il suo sito definitivo
  5. non più andare “in giro” come vuole, ma deve essere sempre confezionato ed etichettato.


1. Classificazione e caratterizzazione

I rifiuti sono classificati secondo un elenco (EER: elenco europeo dei rifiuti) e ad ogni rifiuto viene attribuito un codice, detto CER (codice europeo rifiuti) e le modalità di attribuzione sono presenti nel D.Lgs 152/2006. Avendo origine da una direttiva europea i codici sono comuni a tutta la UE (anche se alcuni paesi mantengono una propria catalogazione).

Ad ogni rifiuto pertanto viene attribuito questo codice, attorno al quale ruotano le offerte commerciali di smaltimento e soprattutto le autorizzazioni dei soggetti (trasportatori, intermediari e smaltitori) che a vario titolo avranno a che fare con lui.

Non solo. I rifiuti vanno anche caratterizzati. Esistono rifiuti non pericolosi (in senso assoluto), rifiuti pericolosi in senso assoluto (ossia non si discute sulla loro pericolosità o meno) e rifiuti con CER diversi ma speculari, pericolosi o non pericolosi: per capire se sono pericolosi o meno si devono determinare le proprietà di pericolo.

Esistono 15 diverse proprietà di pericolo, con varie combinazioni tra loro.

Un esempio:

  • un farmaco sperimentale è un rifiuto pericoloso oppure no? La risposta è… dipende.
    • un farmaco citotossico o citostatico viene identificato immediatamente con il CER 180108* (pericoloso)
    • gli altri medicinali (purché non contengano sostanze pericolose) con il CER 180109 (non pericoloso).

A chi spetta la responsabilità di classificare e caratterizzare il rifiuto? Al produttore, perché si presume sia lui a conoscere bene il suo rifiuto e che quindi, in base alla composizione chimica, al processo produttivo che lo ha generato, alle schede di sicurezza dei prodotti da cui deriva e da altre informazioni, può attribuirne le proprietà di pericolo.

Il produttore può chiedere… l’aiuto da casa? Certo, può ad esempio far eseguire un’analisi di caratterizzazione sul rifiuto (per esempio le miscele di sostanze chimiche di laboratorio), e il laboratorio incaricato darà un referto indicando le classi di pericolo (HP, hazardous properties) e spesso, sulla scorta delle informazioni ricevute dal produttore, anche un codice CER. Anche i consulenti in materia possono aiutare in questa procedura, indirizzando il produttore grazie alla loro competenza e conoscenza del “mercato” dei rifiuti. Ma attenzione: la responsabilità è SEMPRE E COMUNQUE del produttore e nessuno gliela può togliere.

 

 

2. Chi gestisce il rifiuto. Soggetti autorizzati

 

Presso il luogo di produzione

Come detto, il rifiuto non può essere gestito da chiunque. Fintanto che si trova nel luogo in cui è stato prodotto, è bene che a gestirlo siano persone adeguatamente formate, che ne conoscano i potenziali rischi e le corrette modalità operative.

 

Trasportatore e intermediario

E una volta che il nostro rifiuto se ne sia andato dal suo “luogo natio”? Un po’ perché ci siamo affezionati e un po’ perché la responsabilità su di lui è ancora nostra, ossia del produttore, dobbiamo in queste vesti preoccuparci di coloro ai quali verrà affidato.

Sia che ci affidiamo ad un “intermediario”, ossia qualcuno che al nostro posto si preoccupa di individuare i soggetti più idonei (e non solo più economici, si spera) per il trasporto e lo smaltimento dei nostri rifiuti, sia che pensiamo a tutto noi, ricercando i trasportatori e gli smaltitori giusti, dobbiamo stare bene attenti.

I rifiuti non possono essere trasportati (e poi ricevuti) da chiunque. Esiste un elenco, un Albo, in cui sono iscritti tutti i trasportatori autorizzati, e anche gli intermediari. Quindi dobbiamo verificare se stiamo affidando un rifiuto ad un soggetto che abbia i requisiti giuridici. Non è detto che se questo soggetto trasporta farmaci (e magari è bravissimo e specializzatissimo, non ha mai sgarrato di un minuto o di un decimo di ° Celsius) possa anche trasportarli quando sono diventati rifiuti. Non si tratta più della “stessa cosa”.

 

L’autorizzazione:

  • viene rilasciata per un tempo limitato (5 o 10 anni) e deve essere rinnovata. Quindi non è che se abbiamo l’autorizzazione del 2006 di un trasportatore possiamo ritenere che sia ancora valida…
  • L’autorizzazione non vale per tutti i rifiuti, ma viene rilasciata per rifiuti pericolosi e per rifiuti non pericolosi (lo stesso soggetto può comunque averle entrambe).
  • Viene rilasciata per i singoli CER, quindi attenzione! Non è detto che il rifiuto che ci interessa sia presente nell’elenco del nostro candidato trasportatore.
  • Vengono indicati i mezzi (identificati dalla targa) che possono trasportare i diversi rifiuti. Quindi attenzione alla targa del veicolo che porta via il nostro caro rifiuto. L’azienda potrebbe essere autorizzata, “avere” in autorizzazione il CER giusto, ma il mezzo potrebbe non essere iscritto oppure non poter trasportare quel CER.

Un’analoga autorizzazione viene rilasciata all’intermediario, persona fisica oppure azienda.

 

Destinatario

Che fatica… Facciamo conto di aver controllato tutto, che il traportatore sia a posto. Possiamo rilassarci? La nostra responsabilità è finita? Adesso sono … problemi suoi?

No, non possiamo ancora rilassarci. Abbiamo controllato il destinatario?

Spesso è capitato di ricevere telefonate da qualche CRO che chiedeva con ingenuo candore un’offerta per trasportare un farmaco scaduto dall’ospedale X alla sede dello sponsor (ad esempio), anche all’estero “perché mi hanno detto che voi trasportate i farmaci scaduti”. A quel punto mi mettevo comodo, salutavo i colleghi e mi preparavo ad una lunga conversazione…

I rifiuti non possono andare dove vogliono. Se questo è evidente per la “monnezza”, nonché auspicabile per i rifiuti potenzialmente infetti, spesso non è altrettanto chiaro per i farmaci scaduti. Ma ora, prima di essere farmaci scaduti, sono rifiuti ed esattamente come non possono essere trasportati da chiunque, non possono nemmeno andare dovunque; una volta usciti dal “luogo natio” devono essere indirizzati sempre in luoghi autorizzati al trattamento dei rifiuti.

Anche qui esistono delle autorizzazioni in cui sono riportati i CER che possono essere ricevuti ed indicate le modalità di trattamento. Purtroppo non esiste ancora un Albo nazionale unico (è in fase di preparazione) né uno modello standard di autorizzazione, per cui bisogna, prima di organizzare il servizio di ritiro e smaltimento, farsi rilasciare le autorizzazioni e verificarle.

 

 

3. I luoghi di detenzione del rifiuto. Deposito temporaneo, impianti di stoccaggio intermedio, impianti finali

 

Deposito temporaneo

Il luogo fisico dove un rifiuto deve essere posto e “raggruppato” ai fini del trasporto degli stessi in un impianto di recupero o smaltimento si chiama “deposito temporaneo”.

Esistono regole precise dettate dalle normative, oltre che dal buon senso, per la costituzione di un deposito temporaneo, che deve essere all’interno dell’area dell’attività che ha determinato la produzione del rifiuto.

Tra le altre regole, è necessario segnalare i rifiuti, con opportune etichettature, e imballarli correttamente.

 

Impianti di trattamento

Una volta che il rifiuto è stato allontanato dal deposito temporaneo, come detto deve andare in luoghi autorizzati, normalmente chiamati impianti di trattamento o smaltimento/recupero di rifiuti. Esistono infatti due strade per “disfarsi” del rifiuto: il recupero (di materia, di energia) oppure in alternativa lo smaltimento.

Il nostro rifiuto può essere direttamente distrutto, ossia andare in termovalorizzatori, oppure (a seconda della tipologia) in impianti di trattamento chimico-fisico, biologico, eccetera, oppure fare prima un passaggio in un impianto di stoccaggio preliminare, sempre autorizzato, dove verrà “raggiunto” da altri rifiuti e, sottoposto o meno ad operazioni preliminari, avviato infine alla distruzione finale.

 

4. I tempi per lo smaltimento

Il nostro rifiuto non può stare a tempo indeterminato nel deposito temporaneo. La normativa prevede che ci siano due possibilità per lo smaltimento/recupero dei rifiuti:

  • Modalità temporale: ogni tre mesi a prescindere dalla quantità di rifiuti in deposito temporaneo
  • Modalità volumetrica: quando il quantitativo di rifiuti raggiunge complessivamente i 30 mc, di cui 10 mc di rifiuti pericolosi. E comunque il deposito di un rifiuto non può durare per più di un anno.

Una volta arrivato all’eventuale stoccaggio preliminare, il nostro rifiuto dovrà sottostare alle regole autorizzative dell’impianto. Normalmente non può restare presso lo stoccaggio per più di sei mesi o un anno.

 

5. Modalità di etichettatura e confezionamento

Nei film americani il detenuto ha sempre una tuta arancione, dicono perché sia ben evidente in caso di evasione.

Mutatis mutandis il nostro rifiuto deve sempre essere “vestito” come tale, fin dalla fase di deposito preliminare. Dovrà pertanto essere confezionato in un imballaggio che potrà essere semplice (una scatola) in caso di rifiuto non pericoloso, oppure più sofisticato in base ad esigenze dettate dalla sicurezza nel deposito temporaneo o nel trasporto, oppure da specifiche richieste del produttore, ad esempio per tutelare la privacy o la riservatezza.

L’etichetta dovrà riportare almeno:

  • Il CER
  • Eventuali indicazioni del pericolo (lettera R nera in campo giallo di dimensioni prefissate dalla normativa, simboli e/o indicazioni di pericolo, eventuali etichettature dettate dalla normativa ADR sul trasporto di merci pericolose su strada)
  • È fortemente raccomandato indicare il nome e indirizzo del produttore

 

Documenti

L’Italia è il paese, tra le tante belle cose, della burocrazia. Era pertanto impossibile che anche nella disciplina dei rifiuti non ci fossero diversi documenti da compilare e redigere.

La normativa, in questo scorcio finale del 2020, è in fase di cambiamento per quanto concerne la documentazione da predisporre, con l’intenzione di passare da una gestione cartacea a una gestione elettronica, almeno parzialmente. In attesa di ulteriori Decreti Ministeriali che specifichino le modalità pratiche, restiamo su quanto si fa attualmente.

Il documento fondamentale nella gestione dei rifiuti si chiama formulario (di identificazione dei rifiuti). Per gli amici, FIR.

In determinati casi può essere prevista anche la tenuta di un Registro di carico / scarico rifiuti e, normalmente entro il 30 aprile dell’anno successivo, una dichiarazione resa alla Camera di Commercio, chiamata MUD.

 

 

Formulario [5]

Il formulario è un documento simile a un DDT, redatto in 4 copie autoricalcanti, vidimato dalla Camera di commercio o dall’agenzia delle Entrate; devono essere riportate delle informazioni minime e il modello, al momento, è quello riportato nel DM 145 del 1/4/1998.

Può essere emesso (cioè scritto a mano o stampato, in questo caso con stampante ad aghi…) dal produttore o dal trasportatore; è importante segnalare una novità recentemente introdotta nell’art. 193 comma 17 del D.Lgs 152/06 :

Nella compilazione del formulario di identificazione, ogni operatore è responsabile delle informazioni inserite e sottoscritte nella parte di propria competenza. Il trasportatore non è responsabile per quanto indicato nel formulario di identificazione dal produttore o dal detentore dei rifiuti e per le eventuali difformità tra la descrizione dei rifiuti e la loro effettiva natura e consistenza, fatta eccezione per le difformità riscontrabili in base alla comune diligenza.

 

Le 4 copie del formulario compilato e firmato, che sono tutte ugualmente valide ed “originali”, prendono le seguenti strade:

  • La 1° resta al produttore/detentore
  • Le altre 3 accompagnano il trasporto. All’arrivo a destino, il destinatario completa la parte di propria spettanza e si trattiene una copia.
  • Le restanti 2 vanno al trasportatore, che se ne trattiene una e restituisce l’altra (la cosiddetta famosa e famigerata 4° copia, al produttore entro 90 gg)

Una recente novità permette al trasportatore di restituire la copia non più inviandola per posta tradizionale o recapitandola a mano, ma inviando una PEC al produttore (metodo moderno che permette anche di evitare smarrimenti, denunce per mancata consegna o tempi eccessivamente lunghi).

Perché la 4° copia è così importante? Perché è al momento dell’arrivo della 4° copia al produttore che la sua responsabilità sul rifiuto viene meno, perché si attesta che il rifiuto è stato “preso in custodia” dall’impianto di destino, che ne diventa il “proprietario”.

In caso di conferimento del rifiuto ad un soggetto che fa solo deposito preliminare ai fine dello smaltimento (non del recupero) con il D.Lgs 116/20 che ha introdotte modifiche al TUA, è stata inserita la necessità per il produttore di ricevere un ulteriore documento in aggiunta al formulario: si tratta di un’attestazione di avvenuto smaltimento, in cui si dovrebbe trovare scritto che il rifiuto conferito all’impianto di stoccaggio con formulario numero X è stato avviato a smaltimento finale nell’impianto “tal dei tali”. Ora, la scrittura di questo comma[6] non è stato scritto bene, perché non è affatto chiaro, ad esempio, se la dichiarazione debba arrivare dall’impianto “intermedio” o da quello “finale”. Si attendono chiarimenti, ma comunque è opportuno che il produttore si faccia predisporre idonea documentazione che attesti che il rifiuto è arrivato al capolinea.

Una volta arrivata la 4° copia (e l’eventuale dichiarazione) essa va messa insieme alla copia “gemella” e conservata per 3 anni. (novità del 2020, prima era per 5 anni).

Se la 4° copia ci viene inviata via PEC, è necessario farsi dichiarare dal trasportatore che la 4° copia originale viene da loro conservata ed è a disposizione per ogni eventuale controllo.

 

Registro di carico scarico rifiuti[7]

Come nel caso del formulario, siamo in un momento di passaggio. Nel 2021 si attendono novità, con l’introduzione di un Registro elettronico nazionale per la tracciabilità dei rifiuti (RENTRI). Ma al momento attuale non si conoscono dettagli e pertanto restiamo a descrivere il buon vecchio Registro di Carico scarico.

Come si presenta? Come nel caso del formulario c’è un modello, previsto dal DM 148 del 1/4/1998. Possiamo avere un “quaderno” che si acquista in cartolibreria, che va vidimato come il formulario e sul quale scrivere a mano, oppure possiamo predisporre delle pagine A4 con le opportune intestazioni che andranno numerate e fatte vidimare, sulle quali possiamo stampare; molti software gestionali offrono questa possibilità.

Non lo devono avere tutti i produttori di rifiuti, ma soltanto “imprese ed enti produttori iniziali di rifiuti pericolosi, e le imprese e gli enti produttori iniziali di rifiuti non pericolosi”[8] se prodotti nell’ambito delle lavorazioni industriali, artigianali e da altre attività di trattamento di reflui che non rientrano nell’attività oggetto di questo scritto.

 

Anche per questo motivo è importante determinare chi è il produttore dei rifiuti e classificare correttamente il rifiuto.

Il registro è di carico e scarico, quindi va annotata l’operazione di carico (quando “genero” il rifiuto e lo porto nel mio deposito temporaneo) e quella di scarico (quando il soggetto autorizzato se lo porta via). Il produttore ha 10 giorni lavorativi di tempo per fare le operazioni di carico e di scarico, a partire da quando rispettivamente genera il rifiuto e se lo fa portare via.

 

MUD[9]

Le informazioni contenute nel registro sono utilizzate anche ai fini della comunicazione annuale al Catasto dei rifiuti.

I soggetti tenuti alla compilazione comunicano alle camere di commercio territorialmente competenti annualmente (di solito entro il 30 aprile dell’anno successivo) quanti e quali rifiuti hanno prodotto (e fatto smaltire) e a chi li hanno affidati (sia come trasportatori che come smaltitori). Le informazioni vengono chiaramente desunte dai Registri e dai Formulari.

Aspetti commerciali ed economici

Senza addentrarsi in dettagli specialistici, si sottolinea che è opportuno che il soggetto che paga lo smaltimento dei rifiuti sia lo stesso che compare come produttore, altrimenti si potrebbe configurare, per il soggetto pagatore, un ruolo improprio di “intermediario” nella gestione dei rifiuti, che se svolto in assenza delle necessarie autorizzazioni, diventa un reato penalmente perseguibile.

 

 

Sanzioni

Il capitolo delle sanzioni è quello più antipatico da scrivere, per diversi motivi:

  • Ci si addentra in un campo, quello giurisprudenziale, che entra in campo quando la frittata è fatta; sarebbe bello poter impostare dei modelli per cui si è sempre a posto e non si debba temere di entrare in questo ulteriore mondo
  • Può dare l’idea di essere stato scritto per spaventare il lettore. Lo scopo non è questo, quanto piuttosto quello di far capire l’importanza che il legislatore dà a questi temi e quanto facile possa essere sbagliare, per ignoranza o sottovalutazione
  • Perché, banalmente, la normativa è complessa e, a personale giudizio di chi scrive, non pesa in modo equo situazioni davvero rischiose per l’ambiente con altre leggerezze burocratiche; ma tant’è.

 

 

Gestione dei rifiuti[10]

Il produttore deve verificare che i soggetti a cui affida i propri rifiuti (intermediario, trasportatori, destinatari) siano debitamente autorizzati, pena il rischio di sanzione per il reato di gestione illecita di rifiuto.

Le sanzioni sono previste dal comma 2 dell’art 256 del Dlgs 152/06 e prevedono sia per chi esegue l’attività senza averne le autorizzazioni che per chi affida i rifiuti:

– l’arresto da 3 mesi a 1 anno o la multa da 2600 a 26000 € (rifiuti non pericolosi)

– l’arresto da 6 mesi a 2 anni e la multa da 2600 a 26000 € (rifiuti pericolosi)

Deposito temporaneo

Se si superano i tempi previsti per la tenuta del rifiuto nel deposito temporaneo, si rischia una sanzione per gestione non autorizzata di rifiuti (art 256 D.Lgs 152/06), perché di fatto il deposito temporaneo diventa uno stoccaggio abusivo. Le sanzioni sono le stesse del capoverso precedente.

Se invece non vengono rispettate le altre norme sul deposito temporaneo, si rischia la sanzione di abbandono incontrollato di rifiuti (art. 255 del D.Lgs. 152/06): da 300 a 3000 € per rifiuti non pericolosi, fino al doppio per i rifiuti pericolosi.

 

 

Registro, formulario, MUD [11]

Se si è tenuti a fare la dichiarazione MUD e non la si fa, oppure la si fa in modo incompleto o inesatto si rischia la sanzione da 2000 a 10000 €, con uno sconto se ci si ravvede entro 60 giorni dalla scadenza.

Se non si tiene il Registro di carico scarico, o lo si fa in modo errato, la sanzione va da 2000 a 10000 €, che possono lievitare fino a 30000 € con sospensione da 1 mese a 1 anno della carica rivestita dal soggetto responsabile dell’infrazione e dalla carica di amministratore.

Se il formulario non c’è oppure se i dati riportati nel formulario sono inesatti, la sanzione va dai 1600 ai 10000 €, con l’applicazione del reato di falso ideologico secondo l’art. 483 del codice pensale in caso di rifiuti pericolosi (2 anni di reclusione). Dal momento che ognuno dei soggetti è responsabile, per la sua parte, di quanto riportato sul formulario, il produttore deve stare bene attento ai dati tecnici del proprio rifiuto (CER, classi di pericolo, …).

 

Il farmaco sperimentale – criticità

Entriamo ora in una farmacia ospedaliera e analizziamo un caso concreto della distruzione di un farmaco sperimentale.

Quali sono le nostre fonti normative?

Come rifiuto, abbiamo visto che abbiamo il D.Lgs 152/06 (parte IV) e s.m.i, e il DPR 254/03 sui rifiuti sanitari.

Come farmaco sperimentale abbiamo:

https://www.aifa.gov.it/documents/20142/847386/FAQ_generali-Ispezioni_GCP_18.02.2020.pdf/afebf256-092c-52e4-e6a3-8d6e1de7b0d0

Le linee guida GCP Ich R2 riportano quanto segue:

4.6.3 Lo sperimentatore/istituzione e/o il farmacista od altra persona competente, designato dallo sperimentatore/istituzione, deve conservare la documentazione relativa alle consegne e all’inventario del prodotto nella sede dello studio, all’uso del prodotto da parte di ciascun soggetto e alla restituzione allo sponsor o allo smaltimento alternativo del/i prodotto/i non utilizzato/i. Queste registrazioni devono comprendere le date, le quantità, i numeri di lotto o di serie, le date di scadenza (se è il caso) ed i numeri di codice unici assegnati al/i prodotto/i in esame ed ai soggetti dello studio. Gli sperimentatori devono conservare le registrazioni che documentino adeguatamente il fatto che i soggetti abbiano ricevuto le dosi specificate dal protocollo e che permettano la ricostruzione quantitativa della destinazione di tutto/i il/i prodotto/i in studio ricevuto/i dallo sponsor.

5.14.3 Lo sponsor deve assicurarsi che le procedure scritte contengano le istruzioni alle quali lo sperimentatore/istituzione deve attenersi per la gestione e la conservazione del prodotto in sperimentazione, e della documentazione relativa. Le procedure devono riguardare un’adeguata e sicura ricezione del prodotto, la gestione, la conservazione, la distribuzione, il recupero del prodotto inutilizzato da parte dei soggetti e la restituzione allo sponsor del prodotto in sperimentazione rimasto inutilizzato (o lo smaltimento alternativo se autorizzato dallo sponsor ed in conformità a quanto stabilito dalle disposizioni normative applicabili).

 

5.14.4 Lo sponsor deve:

  1. a) garantire la puntuale consegna allo sperimentatore del prodotto in sperimentazione.
  2. b) Conservare i documenti attestanti la spedizione, la ricezione, la sistemazione, il recupero e la distruzione del prodotto in sperimentazione (vedi 8. Documenti Essenziali per la Conduzione di uno Studio Clinico).
  3. c) Mantenere un sistema per il recupero del prodotto in sperimentazione e documentare tale recupero (es. ritiro per carenze del prodotto, recupero dopo il termine dello studio, ritiro del prodotto scaduto).
  4. d) Mantenere un sistema per lo smaltimento del prodotto in sperimentazione inutilizzato e per la documentazione di tale smaltimento.

 

5.18.4 Responsabilità del Monitor

(…)

  1. c) Verificare, per il prodotto in sperimentazione, che:

(…)

5) lo smaltimento del prodotto in sperimentazione inutilizzato, presso le sedi di sperimentazione, sia conforme alle disposizioni normative applicabili e alle direttive dello sponsor.

 

Sul sito di AIFA si riporta nella FAQ n. 3.3 quanto segue (evidenziati i passaggi non corretti o quantomeno discutibili).

Distruzione del farmaco sperimentale

Quale normativa, in Italia, regolamenta la distruzione del farmaco sperimentale utilizzato o scaduto?
Può quest’ultimo, in Italia, essere importato/esportato per la distruzione?

In Italia la normativa che regola la distruzione del farmaco sperimentale è la seguente:

 

  1. Linee guida GCP Ich 5.14.4

Lo Sponsor deve avere una procedura per la distruzione dell’IMP, che deve essere documentata.

Il farmaco non utilizzato o restituito dal soggetto può essere distrutto:

  • Presso il centro sperimentale
  • Presso la sede dello sponsor
  • Presso un terzista

In ogni caso deve essere disponibile un documento di conferma di invio alla distruzione / avvenuta distruzione con la data e lista di quanto distrutto che deve essere archiviato nel TMF (e se eliminato al centro anche nell’ISF).

Sono necessarie SOP sulla distruzione (contabilità, riconciliazione, autorizzazione) e Contratti con eventuali terzisti.

 

  1. Eudralex Vol.4 – GMP- ANNEX 13

Lo Sponsor è responsabile della distruzione dell’IMP inutilizzato o restituito. È necessaria l’autorizzazione dello Sponsor per la distruzione.

Prima della distruzione è necessaria una contabilità dettagliata di:

  • Quantitativi di IMP spediti/usati/non usati/ritornati per ogni centro, già verificata dal Monitor.
  • La distruzione può avvenire solo dopo che le eventuali discrepanze nella contabilità siano state chiarite e risolte.
  • Il certificato di distruzione deve riportare i numeri di lotto e/o i codici paziente e la quantità distrutta.

 

In merito al quesito relativo alla movimentazione del farmaco sperimentale scaduto, in Italia, la normativa che regola lo smaltimento dei farmaci scaduti è disciplinata dal DPR 254/2003 (che alla lettera c) del comma 1 dell’art. 16 abroga l’articolo 45 del Decreto Legislativo 22/1997 “Ronchi” relativo ai rifiuti sanitari).

Il DPR 254/2003 all’art. 2 classifica i farmaci scaduti come “rifiuti sanitari che richiedono particolari sistemi di gestione”.
Per quanto attiene lo smaltimento, il DPR 254/2003, all’art. 14, prescrive le modalità di smaltimento di tale tipologia di rifiuti.

Non sono riportate in nessuna norma, disposizioni relative alle importazioni/esportazioni di farmaco sperimentale scaduto e pertanto in questo caso deve essere seguito quanto disposto per i farmaci già in commercio.

Per l’importazione di farmaco sperimentale si deve fare riferimento al D.Lvo 200/2007 CAPO III.

 

 

Analizziamo i singoli punti delle FAQ:

1 – Il DPR 254/03 disciplina la gestione dei rifiuti sanitari, ma non per tutto. La gestione del deposito temporaneo è quella del D.Lgs 152/06. Il DPR 254/03 adotta misure più stringenti solo per i rifiuti sanitari a rischio infettivo (art. 8)

2 – proprio per il fatto che la gestione è normata dal DPR 254/03 non si capisce perché si riporti la possibilità che lo sponsor possa distruggere il farmaco “non utilizzato” o “restituito” secondo queste modalità.

La criticità è proprio questa. Questo farmaco è o non è un rifiuto?

Se lo è (come ritiene chi scrive, alla luce della definizione di rifiuto) allora si deve seguire la norma sui rifiuti e non è permesso distruggere il farmaco sperimentale presso il centro sperimentale o preso la sede dello sponsor, presso cui peraltro dovrebbe essere trasportato. In questo caso si potrebbero configurare i reati di trasporto e smaltimento illecito di rifiuti (D.Lgs 152/06 art 256 comma 1:

(…) chiunque effettua una attività di raccolta, trasporto, recupero, smaltimento, commercio ed intermediazione di rifiuti in mancanza della prescritta autorizzazione, (…) è punito:

  1. a) con la pena dell’arresto da tre mesi a un anno o con l’ammenda da 2.600 euro a 26.000 euro se si tratta di rifiuti non pericolosi;
    b) con la pena dell’arresto da sei mesi a due anni e con l’ammenda da 2.600 euro a 26.000 euro se si tratta di rifiuti pericolosi.

In effetti le linee GCP Ich R2 indicano correttamente al punto 5.14.3 che lo sponsor predispone procedure che riguardano “il recupero del prodotto inutilizzato da parte dei soggetti e la restituzione allo sponsor del prodotto in sperimentazione rimasto inutilizzato (o lo smaltimento alternativo se autorizzato dallo sponsor ed in conformità a quanto stabilito dalle disposizioni normative applicabili).” Al punto 5.14.4 si rimarca questo obbligo da parte dello sponsor, a cui si affianca la responsabilità del monitor come indicato al punto 5.18.4.

 

3 – Non si entra nel merito di chi abbia la responsabilità della gestione del farmaco sperimentale, ma è fondamentale stabilire chi sarà il produttore del rifiuto qualora il farmaco diventi tale.

Se il produttore è colui la cui attività genera il rifiuto, in linea teorica potrebbe essere l’ospedale, che sperimenta la cura (attività nel senso di “terapia”), oppure lo sponsor stesso, in un’accezione più ampia del termine “attività”, intesa come “sperimentazione”. Le linee guida GCP Ich r2 (5.14.4) non dipanano del tutto la questione della responsabilità, indicando però che lo sponsor debba prevedere nella procedura la modalità di smaltimento a cui lo sperimentatore / istituzione deve attenersi.

È opinione di chi scrive che il produttore del rifiuto sia lo sponsor dal momento che è nelle sue facoltà decidere se disfarsi o meno del farmaco; l’ospedale si configura più come un detentore del rifiuto, che può, eventualmente, collaborare al corretto smaltimento, anche soltanto nelle operazioni logistiche e di corretta collocazione nel deposito temporaneo.

Anche dal punto di vista della rendicontazione come farmaco sperimentale, la scelta che lo sponsor sia il produttore (ed intestatario del formulario) appare opportuna, perché in questo modo può avere un maggiore controllo nella riconciliazione dei documenti da produrre al Ministero della Salute, indicando con precisione e sotto il proprio controllo diretto come, quando e da chi siano stati smaltiti i farmaci sperimentali non utilizzati.

Si ritiene basilare che sia ben chiarito nel contratto chi debba risultare come produttore di un eventuale rifiuto. La questione non è banale, perché come si ricorda il produttore compare nel formulario e a cascata sulle successive scritture ambientali (registro di carico scarico e MUD) e deve conservare le copie dei formulari per almeno 3 anni.

 

Inoltre, il produttore deve firmare il formulario, assumendosi la responsabilità di quanto scritto, quando il trasportatore di rifiuto lo ritira (e in un prossimo futuro potrebbe dover compilare il documento in formato elettronico). È necessario quindi porsi le seguenti domande:

Chi consegna nella pratica normale il rifiuto al trasportatore? Chi si preoccupa di confezionare il rifiuto?

4 – il formulario può già essere considerato un documento un documento di distruzione, almeno nel caso in cui il rifiuto vada direttamente all’incenerimento. Siccome i riferimenti del farmaco sperimentale non sono presenti tra i campi da compilare del formulario, è opportuno che vengano riportati nel campo libero “annotazioni”, per permettere una perfetta riconciliazione. Attenzione va posta sul fatto che la quantità di rifiuto è comprensiva dell’imballo, quindi superiore normalmente a quella del farmaco sperimentale.

5 – si fa notare che le FAQ di AIFA sono del 2013 poi ripubblicate nel 2020; il D.Lgs 22/97 (cosiddetto Decreto Ronchi) che viene citato nel DPR 254/03 è stato superato e abolito per effetto del D.Lgs 152/06. In sostanza quando sono state pubblicate le FAQ il decreto Ronchi non vigeva più da 16 anni, pur essendo (per forza di cose) rimasto citato nel DPR 254/03.

6 – Non si entra nel merito delle disposizioni relative alla importazione/esportazione di farmaco sperimentale, ma si sottolinea che se il farmaco sperimentale è “scaduto” allora è diventato rifiuto, allora esistono regole molto stringenti sulla spedizione di rifiuti fuori confine.

 

 

Conclusioni

La normativa relativa alla gestione del farmaco sperimentale regola anche aspetti alla gestione del farmaco sperimentale scaduto o da restituire, ma non si integra in modo inequivocabile con la normativa sulla gestione dei rifiuti.

La normativa sui rifiuti può comprendere nel suo campo di applicazione anche il farmaco sperimentale scaduto, stante la definizione di rifiutoqualsiasi sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi o abbia l’intenzione o abbia l’obbligo di disfarsi”.

Va posta pertanto estrema attenzione da parte dei soggetti coinvolti (sponsor, farmacia ospedaliera, direzione sanitaria, monitor, CRO, …) sulla corretta gestione del farmaco scaduto.

È necessario infine prestare attenzione ai ruoli svolti dai vari soggetti in base alle definizioni date nella gestione dei rifiuti, in particolare è necessario individuare il “produttore/detentore” del rifiuto, sul quale ricade una serie di adempimenti importanti e che possono sfociare in sanzioni penali, tra cui la classificazione e caratterizzazione del rifiuto, la scelta dei soggetti coinvolti nella gestione dello stesso, la tenuta e compilazione dei documenti obbligatori.

 

 

Piacenza, 26 marzo 2021

 

 

 

[1] Per un iniziale approfondimento: https://www.tuttoambiente.it/commenti-premium/la-cassazione-ritorna-sulla-nozione-oggettiva-rifiuto/#:~:text=Come%20fin%20qui%20pi%C3%B9%20volte,l’obbligo%20di%20disfarsi%E2%80%9D.

[2] sentenza n. 48316 del 16 novembre 2016 della corte di Cassazione, citata in https://www.tuttoambiente.it/commenti-premium/la-cassazione-ritorna-sulla-nozione-oggettiva-rifiuto/#:~:text=Come%20fin%20qui%20pi%C3%B9%20volte,l’obbligo%20di%20disfarsi%E2%80%9D.

[3] D. Lgs 152/06 e s.m.i. art 183 comma 1 lettera f)

[4] D. Lgs 152/06 e s.m.i. art 183 comma 1 lettera h)

[5] D. Lgs 152/06 e s.m.i. art 193; DM 145 del 1/4/1998

[6] Comma 5 art 188 D.Lgs 152/06 e s.m.i.

[7] D.Lgs 152/06 e s.m.i. art 190; DM 148 del 1/4/1998

[8] Art 190 comma 1 del D.Lgs 152/06 e s.m.i.

[9] D.Lgs 152/06 e s.m.i. art 189

[10] D.Lgs 152/06 e s.m.i. art 188 e 256

[11] Art 258 D.Lgs 152/06 e s.m.i.

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