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Stefano Maglia

Intermediario rifiuti e sottoprodotti

di Stefano Maglia

Categoria: Rifiuti

Il ruolo dell’intermediario, nelle sue diverse sfaccettature che prenderemo in esame in questa sede, suscita non pochi problemi operativi ed interpretativi. L’obiettivo di questo articolo è quello di comprendere chi sia veramente questo soggetto, quali compiti abbia e quali responsabilità gli spettino, e come questi cambino a seconda del campo in cui opera: rifiuti, sottoprodotti o SOA.

Chi è l’intermediario?

In linea generale, il termine “intermediario” – come dice la parola stessa – rappresenta un soggetto “intermedio”, che serve di passaggio, di unione, di collegamento fra due soggetti.
Nel linguaggio comune, per intermediario s’intende un mediatore, un agente, un procacciatore di affari, che interviene nello svolgimento delle compra-vendite per facilitare il contratto, interponendosi fra due persone che non possono (o non vogliono) avere un contatto diretto.

Il procacciatore d’affari è, quindi, colui che promuove la conclusione di contratti in favore delle parti, per incrementarne la clientela, procurando commissioni, trovando e segnalando opportunità commerciali e potenziali clienti.

Questa figura non risulta regolamentata da norme di legge; e per svolgere l’attività di procacciatore di affari non è necessario possedere alcun requisito particolare, titolo di studio, abilitazione professionale o specializzazione./p>

Chi è l’intermediario di rifiuti?

Quando un soggetto della gestione rifiuti si occupa di individuare gli impianti di destino per inviarvi i rifiuti del produttore, senza entrarne in possesso ovvero senza svolgere la fase di trasporto, si pensa subito alla figura dell’intermediario.

L’art. 183 del D.L.vo 152/06, come modificato dal D.L.vo 205/10 definisce alla lett. l) “intermediario: qualsiasi impresa che dispone il recupero o lo smaltimento dei rifiuti per conto di terzi, compresi gli intermediari che non acquisiscono la materiale disponibilità dei rifiuti”.

Poco oltre, la lett. n) definisce “gestione dei rifiuti: la raccolta, il trasporto, il recupero, compresa la cernita, e lo smaltimento dei rifiuti, compresi la supervisione di tali operazioni e gli interventi successivi alla chiusura dei siti di smaltimento, nonché le operazioni effettuate in qualità di commerciante o intermediari …”.

L’attività di intermediazione senza detenzione, quindi, si configura a pieno titolo quale attività di gestione di rifiuti, a partire da gennaio 2011.

Poiché la P.A. deve poter disporre del quadro completo di tutti i soggetti che operano nel settore dei rifiuti, compresi anche coloro che semplicemente coordinano le attività altrui, da qui discende l’interesse pubblico alla tracciabilità delle operazioni compiute dagli intermediari senza detenzione e, conseguentemente, la necessità di iscriversi all’Albo Nazionale Gestori Ambientali.

L’art. 212, c. 5, infatti, dispone:

L’iscrizione all’Albo è requisito per lo svolgimento delle attività di raccolta e trasporto di rifiuti, di bonifica dei siti, di bonifica dei beni contenenti amianto, di commercio ed intermediazione dei rifiuti senza detenzione dei rifiuti stessi. …”.

A ciò si aggiunga che, senza particolari esoneri, l’art. 8 del D.M. 3 giugno 2014, n. 120[1] stabilisce che “l’iscrizione all’Albo è richiesta per le seguenti categorie di attività:h) categoria 8: Intermediazione e commercio di rifiuti senza detenzione dei rifiuti stessi”.

La stessa Corte di Cassazione Penale, Sez. III, n. 30582 del 3 agosto 2022, ha recentemente precisato che l’attività di colui il quale si adoperi per mettere in contatto chi produce rifiuti e chi possiede un impianto idoneo a smaltirli è qualificabile come “intermediazione senza detenzione” ai sensi dell’183, lett. l) del D. L.vo 152/06; di conseguenza, il soggetto sarà sottoposto all’obbligo di iscrizione alla Categoria 8 dell’Albo Nazionale Gestori Ambientali e sarà suo onere effettuare le dovute attività di vigilanza e controllo, nel rispetto del principio della responsabilità condivisa nella gestione dei rifiuti.

A fronte di una nozione così ampia di intermediazione (con o senza detenzione), è possibile e legittimo operare sul mercato come intermediari senza detenzione solo a fronte di regolare iscrizione all’Albo Gestori (cat. 8); l’intermediario con detenzione, invece, può legittimamente operare sul mercato, ma non deve iscriversi all’Albo in categoria 8, in quanto, se trasportatore è già iscritto ad altre categorie, mentre se è il gestore di un impianto è già dotato di autorizzazione all’esercizio di un’attività di trattamento.

Come si è visto poco sopra, l’attività di intermediazione, pur senza detenzione, rientra, nell’ambito della gestione dei rifiuti e, pertanto, colui che agisce in qualità di intermediario si inserisce nel sistema di co-responsabilità previsto in materia, con conseguente applicazione delle sanzioni di cui all’art. 256 del D.L.vo 152/06[2], sia per coloro che esercitano tale attività senza le necessarie iscrizioni, sia per coloro che hanno usufruito negligentemente dei servizi offerti da questi.

A tal proposito si può ricordare la sentenza della Cassazione Penale, Sez. III. n. 15771 del 9 aprile 2018, secondo la quale in materia di gestione di rifiuti non vi è alcuna incompatibilità tra l’attività di gestione illecita di rifiuti e le operazioni effettuate in qualità di commerciante o intermediario, sicché può configurarsi anche lo smaltimento illecito commesso dal commerciante o intermediario. Ciò significa che l’intermediario si pone in una posizione di co-responsabilizzazione con gli altri soggetti coinvolti nella filiera di gestione dei rifiuti.

In estrema sintesi, l’intermediario senza detenzione di rifiuti, assumendo l’incarico di disporre per conto di terzi il recupero o lo smaltimento, è tenuto a individuare i soggetti dotati dei titoli abilitativi (autorizzazioni degli impianti, iscrizioni all’Albo nazionale gestori ambientali dei trasportatori) necessari a gestire i rifiuti dei quali i produttori hanno provveduto ad effettuare la corretta attribuzione del codice identificativo e l’attribuzione delle caratteristiche di pericolo. Evidentemente l’intermediario dovrà anche preliminarmente verificare la corretta caratterizzazione e classificazione dei rifiuti[3].

Chi è l’intermediario di sottoprodotti?

A differenza della figura dell’intermediario della gestione dei rifiuti, quella dell’intermediario del sottoprodotto non è normata. Essa è semplicemente sfiorata in un paio di disposizioni ministeriali, ma non si rinviene una vera e propria disciplina dedicata a questo soggetto.

Come già anticipato poco sopra, il D.L.vo 152/06 non ne fa cenno (e nemmeno la Dir. 98/08) e pertanto l’unico provvedimento ad occuparsene è il D.M. 264/16 (e di conseguenza la Circ. Min. 7619/17) nei seguenti articoli:

  • art. 5, c. 4: “ai fini di cui al comma 3, costituisce elemento di prova l’esistenza di rapporti o impegni contrattuali tra il produttore del residuo, eventuali intermediari e gli utilizzatori, dai quali si evincano le informazioni relative alle caratteristiche tecniche dei sottoprodotti, alle relative modalità di utilizzo e alle condizioni della cessione che devono risultare vantaggiose e assicurare la produzione di una utilità economica o di altro tipo”;
  • art. 8, c. 4: “la responsabilità del produttore o del cessionario in relazione alla gestione del sottoprodotto è limitata alle fasi precedenti alla consegna dello stesso all’utilizzatore o a un intermediario”;
  • Scheda tecnica e dichiarazione di conformità: “la scheda tecnica e la dichiarazione di conformità di cui agli articoli 5 e 7 del presente decreto devono contenere le seguenti informazioni: … Riferimenti di eventuali intermediari”.

Ora, pur non esistendo un’esplicita definizione normativa di questa figura, si ritiene ragionevole considerare l’intermediario del sottoprodotto quale mero partner aziendale terzo esterno, al pari di un procacciatore d’affari, che mette in relazione il produttore (venditore) e l’utilizzatore (acquirente), senza un formale rapporto di dipendenza o rappresentanza con le parti coinvolte.

In altre parole, questo soggetto rivestirebbe il ruolo di un referente aziendale esterno che, non acquisendo (cautelativamente) la detenzione del sottoprodotto, realizzerebbe solo l’incontro tra produttori e destinatari idonei a ricevere il materiale ed a perfezionare così il contratto.

E’ vero che sia l’art. 8 del D.M. 264/16, sia la Circ. n. 7619/17[4] parrebbero ipotizzare anche questa opzione, ma è da ritenersi assolutamente da evitare in via precauzionale.

L’intermediario dei sottoprodotti, in alcuni casi, potrebbe diventare il primo interlocutore per realizzare accordi commerciali continuativi, contribuendo sotto il profilo probatorio a dimostrare l’esistenza di contratti commerciali, nonché di un mercato per quel residuo.

Con riferimento al ricorso all’intermediario nell’ambito della gestione dei sottoprodotti, occorre anche riportare per completezza, l’attenzione su una criticità particolare: come può finire la responsabilità del produttore con la consegna del sottoprodotto all’intermediario? Come si concilia questa previsione con l’utilizzo diretto – “utilizzato direttamente” -, previsto dal requisito normativo?

Dal momento che il Decreto sembrerebbe ammettere la consegna del sottoprodotto all’intermediario (ma non la Dir. 2008/98 né il D.L.vo 152/06), non si può non riconoscere l’utilità di questa figura che mette in contatto chi produce il sottoprodotto con chi lo utilizza. Tuttavia, a che risulti, solo in un caso la giurisprudenza si è pronunciata al riguardo: la Corte di Cassazione Penale, sez. VII, con l’ordinanza n. 50628 del 16 dicembre 2019 ha affermato che se è vero che l’esistenza di rapporti contrattuali tra il produttore del residuo ed “eventuali” intermediari ed “utilizzatori” rilevano in termini di prova sulla certezza dell’utilizzo, il mero richiamo all’esistenza di tali rapporti non può però essere sufficiente a soddisfare le verifiche richieste, necessitando che dalla documentazione citata possano con certezza evincersi le caratteristiche tecniche dei prodotti, l’esistenza di condizioni che giustifichino la vantaggiosità della cessione, e via dicendo. Tale dimostrazione specifica richiede anche l’osservanza dell’art. 6 del D.M. 264/16 per quanto attiene alla “normale pratica industriale” cui fa riferimento l’art. 184 bis lett. c) che contempla specifiche verifiche sui requisiti dei prodotti e sull’impatto ambientale derivante dai processi di trasformazione;

 

Chi è l’intermediario dei S.O.A.?

L’art. 23 del Reg. 1069/09 stabilisce un obbligo di registrazione, da effettuare prima dell’inizio dell’attività, per gli operatori, gli stabilimenti o impianti che sono attivi in qualunque fase di produzione, trasporto, manipolazione, lavorazione, magazzinaggio, immissione sul mercato, distribuzione, uso o smaltimento dei sottoprodotti di origine animale (SOA) e prodotti derivati.

Al fine di comprendere meglio i confini di tale obbligo è necessario tenere in considerazione le definizioni indicate nel Regolamento circa il soggetto “operatore” e “lo “stabilimento o impianto”:

– «operatore»: le persone fisiche o giuridiche che esercitano un effettivo controllo su sottoprodotti di origine animale o prodotti derivati, inclusi i trasportatori, i commercianti e gli utilizzatori;

– «stabilimento» o «impianto»: qualsiasi luogo, diverso da un peschereccio, in cui è svolta qualsiasi operazione che comporta la manipolazione di sottoprodotti di origine animale o di prodotti derivati”.

La figura dell’intermediario/commerciante, che non viene menzionata nel Regolamento 1069/2009, viene invece citata nelle Linee guida per l’applicazione del predetto Regolamento[5] le quali all’art. 1, comma 4, stabiliscono che: “L’operatore effettua la notifica dell’apertura, della variazione di titolarità o di tipologia di attività soggetta a registrazione, presso l’azienda sanitaria locale (ASL) o lo Sportello Unico Attività Produttive (secondo le procedure definite da ogni Regione o Provincia autonoma) in cui ha sede l’attività o in cui è residente (nel caso si tratti di attività prive di stabilimento quali, ad esempio, il trasporto per conto terzi o attività di intermediario senza possesso fisico della merce)”.

Ciò premesso, soggetti all’obbligo di registrazione di cui sopra saranno sicuramente gli intermediari che operano di fatto entrando in possesso dei SOA (che potrebbero svolgere anche attività di magazzinaggio, trasporto etc.), ma anche (così sembrerebbero far intendere le linee guida) gli intermediari senza detenzione dei sottoprodotti.

Dopotutto, il Regolamento 1069/2009 indica tra gli operatori soggetti all’obbligo di registrazione coloro che sono attivi in qualunque fase del processo di immissione sul mercato o distribuzione, senza fare alcuna distinzione tra intermediari con o senza detenzione dei sottoprodotti.

Tuttavia, sul punto la normativa non appare per nulla chiara in relazione alla figura dell’intermediario/commerciante di SOA ed è pertanto necessario operare un approfondimento soprattutto in relazione a quali obblighi debbano sottostare gli operatori che agiscono in qualità di intermediari/commercianti ai sensi del Regolamento 1069/2009.

In primo luogo, va sicuramente fatta una distinzione tra gli operatori che immettono sul mercato SOA svolgendo anche attività di spedizione, trasporto o ricezione dei predetti sottoprodotti e gli intermediari che invece operano unicamente agevolando l’incontro tra produttore ed utilizzatore senza mai entrare in possesso dei SOA.

Con riguardo ai primi, il Regolamento 1069/2009 stabilisce specifici obblighi che sono indicati nel titolo II “Obblighi degli operatori”, Sezione 1 “Raccolta, trasporto e rintracciabilità”.

Con riguardo invece a quella forma di intermediazione che possiamo qui definire come “senza detenzione” è chiaro che se l’operatore di fatto non svolge alcuna attività di spedizione, trasporto o ricezione dei sottoprodotti ma si pone come soggetto che svolge attività di mera “ricerca” per conto del produttore di SOA al fine di meglio collocare il sottoprodotto, non potrà essere soggetto agli obblighi documentali inerenti il trasporto o la spedizione degli stessi.

Ad ogni buon conto, anche gli operatori intermediari senza detenzione di SOA dovranno in ogni caso, ai fine di fornire indicazioni corrette circa l’utilizzo e la collocazione degli stessi sul mercato, tenere ben presenti le predette prescrizioni fornite, onde evitare condotte illecite e non conformi al Regolamento 1069/2009. Infatti, il D.L.vo 186/12[6] ha previsto un sistema sanzionatorio per la violazione delle disposizioni di cui al regolamento (CE) n. 1069/2009.

 

Conclusioni

Una delle figure più importanti nella gestione dei rifiuti, ma dai “confini” poco conosciuti, è dunque l’intermediario.

Senza andare a scomodare alcune fattispecie “a margine” (es. intermediario sottoprodotti e intermediario SOA) di cui sopra, credo sia opportuno mettere qualche paletto invalicabile ad una figura che dal gennaio 2011 fa parte a tutti gli effetti nel concetto di gestione, con tanto di obbligo di iscrizione all’Albo gestori.

Questa importantissima funzione non deve essere confusa con una sorta di onnipotenza nella gestione ambientale. C’è chi promette sonni tranquilli a qualunque produttore di rifiuti addossandosi tutte responsabilità che in realtà non potrebbe – per legge – addossarsi (per es, rammento che il produttore è sempre responsabile per legge della corretta classificazione dei rifiuti e del deposito temporaneo dei medesimi), o chi promette facili gestioni sul terreno ESG, sottoprodotti, addirittura emissioni, tutti argomenti fuori dai radar delle competenze di colui che deve, per legge (art. 183, lett l, D.L.vo 152/06) limitarsi a “disporre il recupero o lo smaltimento dei rifiuti per conto di terzi”.

Anche perché non solo la giurisprudenza ultimamente non ci sta andando leggera con i tentativi – al contrario – di deresponsabilizzazione dell’intermediario, estendendo anche a questa figura gli obblighi di responsabilità estesa, ma addirittura la stessa Dir. 123/24 CE sulla tutela penale dell’ambiente (entrata in vigore il 20 maggio scorso) mira ad estendere, in certi casi, anche a commercianti ed intermediari pesantissime sanzioni sia come persone fisiche che giuridiche.

[1] Regolamento per la definizione delle attribuzioni e delle modalità di organizzazione dell’Albo nazionale dei gestori ambientali, dei requisiti tecnici e finanziari delle imprese e dei responsabili tecnici, dei termini e delle modalità di iscrizione e dei relativi diritti annuali.

Pubblicato in G.U. n. 195 del 23 agosto 2014 ed in vigore dal 7 settembre 2014.

[2] Art. 256, c. 1:

“1. Fuori dai casi sanzionati ai sensi dell’articolo 29-quattuordecies, comma 1, chiunque effettua una attività di raccolta, trasporto, recupero, smaltimento, commercio ed intermediazione di rifiuti in mancanza della prescritta autorizzazione, iscrizione o comunicazione di cui agli articoli 208, 209, 210, 211, 212, 214, 215 e 216 è punito:

  1. a) con la pena dell’arresto da tre mesi a un anno o con l’ammenda da duemilaseicento euro a ventiseimila euro se si tratta di rifiuti non pericolosi;
  2. b) con la pena dell’arresto da sei mesi a due anni e con l’ammenda da duemilaseicento euro a ventiseimila euro se si tratta di rifiuti pericolosi”.

[3] Così P. PIPERE, Intermediario rifiuti: quali responsabilità?, 2021, in www.tuttoambiente.it

[4] Cap. 6.4, pag. 15:

La dimostrazione del requisito de quo potrà essere fornita riempendo adeguatamente il campo «Conformità del sottoprodotto rispetto all’impiego previsto» della scheda tecnica, indicando se il residuo necessita di un trattamento in vista dell’utilizzo, di quale trattamento si discorre e se l’attività di trattamento sia svolta direttamente, o mediante un intermediario, o presso l’utilizzatore.

In merito pare utile ulteriormente chiarire che, sebbene sia riconosciuta la possibilità che il trattamento sia effettuato anche da soggetti intermediari, l’eventuale eccessiva molteplicità di passaggi e di operatori lungo la filiera potrebbe rendere maggiormente complicata la dimostrazione della sussistenza dei requisiti richiesti dalla legge”.

[5] Linee Guida per l’applicazione del Regolamento (CE) n. 1069/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio del 21 ottobre 2009 recante norme sanitarie relative ai sottoprodotti di origine animale e ai prodotti derivati non destinati al consumo umano e che abroga il regolamento (CE) n. 1774/2002.

[6] Disciplina sanzionatoria per la violazione delle disposizioni di cui al regolamento (CE) n. 1069/2009 recante norme sanitarie relative ai sottoprodotti di origine animale e ai prodotti derivati non destinati al consumo umano e che abroga il regolamento (CE) n. 1774/2002, e per la violazione delle disposizioni del regolamento (UE) n. 142/2011 recante disposizioni di applicazione del regolamento (CE) n. 1069/2009 e della direttiva 97/78/CE per quanto riguarda taluni campioni e articoli non sottoposti a controlli veterinari in frontiera.

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