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"Mi occupo di diritto ambientale da oltre trent’anni TuttoAmbiente è la guida più autorevole per la formazione e la consulenza ambientale Conta su di noi" Stefano Maglia
Mite, nuove istruzioni sull’applicazione del D.L.vo 116/2020
di Alessandra Corrù, Elena Mussida, Francesca Miniscalco
Categoria: Rifiuti
Importanti chiarimenti in materia di gestione rifiuti
Con la Circolare n. 51657 del 14 maggio 2021 il Ministero della Transizione Ecologica è intervenuto per fornire importanti chiarimenti in ordine a diverse problematiche sorte in materia di gestione rifiuti a seguito dell’entrata in vigore del D.L.vo 116/2020.
La Circolare affronta le criticità rilevate nell’applicazione di alcune norme della parte IV del D.lgs. 152/2006; sono, in particolare, analizzati gli artt. 179, 181, 183, 185, 185-bis, 190, 193, 230 e 258.
Ecco quindi, in sintesi, le principali indicazioni del MITE in ordine alla corretta interpretazione delle suddette norme modificate dal D.L.vo 116/2020:
179: con riferimento a tale norma il MITE chiarisce la portata applicativa delle previsioni di cui all’articolo 179, comma 3, del D.L.vo. n. 152/2006, che – come modificate – consentono il discostamento dalle priorità di gestione dei rifiuti “qualora ciò sia previsto nella pianificazione nazionale e regionale e consentito dall’autorità che rilascia l’autorizzazione”. In particolare, sulla deroga all’ordine di priorità, ci si è chiesti se la disposizione sia applicabile solo alle autorizzazioni da rilasciare o se incida anche sulla rivisitazione degli atti vigenti. Il Ministero ha chiarito che tale nuova previsione incida esclusivamente sui nuovi atti autorizzativi da rilasciare e non su quelli vigenti, se non in occasione di modifiche sostanziali o non sostanziali che comportino la necessità di riesame o modifica dell’autorizzazione.
181: con riguardo a tale disposizione il Ministero chiarisce la portata applicativa delle previsioni di cui all’articolo 181, comma 5, del D.L.vo n. 152/2006, che ha introdotto la possibilità di favorire il principio di prossimità per il recupero di frazioni di rifiuti urbani oggetto di raccolta differenziata, anche con “strumenti economici”. Il chiarimento richiesto riguarda, in primis, sul definire il soggetto titolato ad istituire tali strumenti economici e sulla tipologia di strumenti economici prevedibili. A tal proposito il MITE chiarisce che gli strumenti economici, a cui il dettato normativo fa riferimento, non specificamente evidenziati, sono considerati come forme di incentivi e di finanziamenti alla stregua delle previsioni di spesa contabilizzate nel bilancio annuale dello Stato, idonee a garantire la piena realizzazione degli obiettivi stabiliti dal Programma nazionale di gestione dei rifiuti, in virtù della relativa competenza statale ai sensi dell’art. 195 comma 1, lett. f). Si precisa anche che nella successiva fase di lavoro afferente alla predisposizione del Programma nazionale di gestione dei rifiuti di cui all’art. 198-bis del D.L.vo 152/2006 potrà essere valutata l’opportunità di procedere anche alla definizione degli strumenti economici atti a favorire il principio di prossimità esposto dalla norma.
183: in ordine alla nuova definizione di “rifiuti urbani” introdotta all’art. 183, comma 1, lettera b-ter), il Ministero ricorda che la direttiva (UE) 2018/851 (considerando n.10), al fine di poter confrontare le performance in materia di riciclaggio dei rifiuti urbani dei diversi Stati Membri, ha ritenuto che sia assolutamente indispensabile che la definizione di rifiuto urbano sia armonizzata a livello europeo e che tutti gli Stati Membri includano i medesimi rifiuti in tale definizione. Ne discende, pertanto, come non sia possibile alcuna discrezionalità sia a livello nazionale che regionale o comunale nella definizione dei rifiuti che devono essere considerati rifiuti urbani. Tuttavia, la direttiva chiarisce anche che detta definizione di rifiuto urbano non incide in nessuna maniera sulle decisioni degli Stati Membri relative alla ripartizione delle competenze e responsabilità nella gestione di detti rifiuti. Per questo motivo, la ratio delle nuove disposizioni è stata quella di consentire che l’attuale ripartizione tra operatori pubblici e privati nella gestione dei rifiuti domestici e di quelli provenienti dalle utenze non domestiche rimanesse inalterata. A tal proposito, il Ministero sottolinea che la definizione di rifiuti urbani, che in ogni caso non individua limiti quantitativi ai rifiuti simili per natura e composizione ai domestici provenienti da altre fonti, debba essere intesa esclusivamente ai fini degli obiettivi di preparazione per il riutilizzo e riciclaggio nonché per le relative norme di calcolo.
Diversi chiarimenti vengono forniti anche in merito ai rifiuti provenienti da costruzione e demolizione (C&D) di cui all’articolo 183 comma 1, lettera b-sexies), con particolare riferimento ai materiali lapidei e inerti provenienti da lavori di edilizia cimiteriale nonché quelli oggetto di abbandono:
– i rifiuti provenienti da aree cimiteriali, esumazioni ed estumulazioni, nonché gli altri rifiuti provenienti da attività cimiteriale sono considerati rifiuti urbani ai sensi dell’art. 183, lettera b-ter punto 6);
– i rifiuti da C&D nel novellato art. 183 comma 1 lettera b-sexies) sono esclusi dall’ambito di applicazione della definizione dei rifiuti urbani.
In merito ai rifiuti di qualunque natura o provenienza, giacenti sulle strade ed aree pubbliche o sulle strade ed aree private comunque soggette ad uso pubblico, cosiddetti rifiuti abbandonati, anche qualora costituiti da rifiuti da C&D, sono da considerarsi rifiuti urbani, ai sensi dell’art. 183 comma 1 lettera b-ter, punto 4), allorché per gli stessi non sia riconducibile ad alcuno la responsabilità dell’abbandono.
185: con riferimento ai residui della manutenzione del verde ed alle modifiche intervenute sulla disposizione di esclusione dal campo di applicazione dei rifiuti di cui all’articolo 185, comma 1, lettera f) il Ministero chiarisce che alla luce della norma non costituiscono rifiuti soltanto quelli che derivano da buone pratiche colturali, costituiti da paglia e altro materiale agricolo o forestale naturale non pericoloso, sempreché siano riutilizzati in agricoltura e in silvicoltura o per la produzione di energia da biomassa, anche al di fuori del luogo di produzione ovvero con cessione a terzi. Laddove non ricorrano le condizioni previste per l’applicazione dell’esclusione di cui all’articolo 185, è possibile qualificare il residuo come sottoprodotto, dimostrando la sussistenza delle condizioni previste dall’articolo 184-bis. Infine, quando i materiali non siano qualificabili come esclusi o come sottoprodotti ai sensi, i residui devono essere qualificati come rifiuti, distinguendo tre ipotesi: i materiali prodotti nell’ambito di una attività di manutenzione del verde pubblico devono essere qualificati come rifiuti urbani ai sensi dell’articolo 183, comma 1, lettera b-ter, punto 5; i materiali prodotti nell’ambito di una attività di manutenzione del verde privato posta in essere da una impresa, che integrano la definizione di rifiuto devono essere qualificati come rifiuti speciali, non risultando l’attività in questione ricompresa tra quelle individuate nell’allegato L-quinquies; i materiali prodotti nell’ambito di una attività di manutenzione del verde privato “fai da te”, posta in essere da privati, devono essere qualificati come rifiuti urbani.
185-bis: per quanto riguarda il deposito temporaneo è stato chiesto al MITE di chiarire se delle previsioni di cui alle lettere b) e c), riferite ai depositi allestiti dai distributori presso i locali del proprio punto vendita per i rifiuti soggetti a responsabilità estesa del produttore e presso le aree di pertinenza dei punti vendita dei prodotti per i rifiuti da costruzione e demolizione, se sia necessario che per il trasporto dal reale luogo di produzione al punto vendita o all’area di pertinenza del punto vendita avvenga con il formulario di identificazione di cui all’articolo 193, se sia necessaria la compilazione – presso il locale del punto vendita o la pertinenza del punto vendita – del registro di carico e scarico e se sia necessaria l’iscrizione all’Albo ai sensi dell’art. 212, comma 5. Sul punto il Ministero chiarisce che, la nozione di “deposito preliminare alla raccolta”, di cui alle lettere b) e c) del comma in esame sono evidentemente riferite alla nozione di deposito temporaneo prima della raccolta, di cui all’articolo 183, comma 1, lettera bb) oggetto della disposizione. Ciò premesso, il conferimento di rifiuti presso i depositi allestiti dai distributori o dai punti vendita potrebbe essere effettuato sia da soggetti privati che da imprese al fine di semplificare ed incentivare il conferimento di alcune tipologie di rifiuto. In tale contesto, in assenza di specifiche disposizioni di deroga, devono essere rispettate le ordinarie regole in materia di tracciabilità dei rifiuti, pertanto, il trasporto effettuato da imprese o enti, obbligati alla tenuta del formulario o all’iscrizione all’Albo, deve essere svolto nel rispetto delle relative regole. Ugualmente, nei casi previsti dall’articolo 190 del codice ambientale, dovrà essere compilato il registro di carico e scarico dei rifiuti.
190: Con riferimento al combinato disposto dai commi 1 e 2, viene chiarito che le informazioni relative a “quantità dei prodotti e materiali ottenuti dalle operazioni di trattamento quali preparazione per riutilizzo, riciclaggio e altre operazioni di recupero” dovranno essere annotate nel registro solo a seguito della revisione del nuovo modello di riferimento, essendo espressamente previsto che, nelle more, sia utilizzabile il modello vigente di cui al decreto ministeriale n. 148 del 1998 ove non è prevista tale annotazione.
In merito alle tempistiche di annotazione di cui al comma 3, considerato che la norma non contempla espressamente la categoria dei “nuovi produttori” e nelle more dell’eventuale approvazione di una disposizione specifica di riferimento, il MITE ritiene applicabile, per analogia, la tempistica prevista per i produttori iniziali di rifiuti, dovendo considerare che il nuovo produttore risulta inserito nella definizione di produttore di cui all’art. 183, comma 1, lett. f), D.L.vo 152/2006.
Per quanto riguarda la semplificazione, introdotta dal comma 6, prevista per gli imprenditori agricoli e per i soggetti esercenti attività ricadenti nell’ambito dei codici ATECO 96.02.01, 96.02.02, 96.02.03 e 96.09.02 che producono rifiuti pericolosi, viene precisato che va letta in combinato disposto con l’art. 69 della Legge 221 del 2015 in considerazione della mancata espressa abrogazione di quest’ultimo. Rimane in ogni caso ferma la necessità di procedere con un correttivo, in quanto l’articolo 190, comma 6, include, tra le attività elencate nella lettera a), anche quelle con codice ATECO 96.02.03 che non risultano contemplate nell’articolo 69 L. 221/2015 e per le quali, fino a che non intervenga una correzione del refuso indicato, non è possibile beneficiare della semplificazione sulle modalità di invio della comunicazione al catasto dei rifiuti.
193: il comma 4 consente l’invio della IV copia del formulario a mezzo PEC, chiaramente come alternativa all’invio del documento cartaceo per posta ordinaria. Il MITE chiarisce che, ai fini dell’esonero della responsabilità per il produttore che riceve, via PEC, la quarta copia del formulario, non vi è un obbligo di trasmissione da parte del trasportatore, ma l’invio dell’originale è opzionale. A questo proposito, ma solo per migliore certezza nei rapporti, potrebbe essere opportuno che nel corpo della PEC il trasportatore dichiari espressamente l’impegno a conservare l’originale o ad inviarlo entro un determinato termine. La norma non richiede che la quarta copia del formulario sia firmata digitalmente e neppure che sia autenticata.
193, comma 14, del D. Lgs. 152/2006: in materia di micro-raccolta il MITE ha chiarito che il termine di 48 ore (che va considerato escludendo, dal computo, i giorni interdetti, per varie ragioni, alla circolazione) deve essere considerato a partire dalla prima annotazione riferita al primo prelievo effettuato fino al momento dell’arrivo all’impianto di destinazione finale. Inoltre, il Ministero ha evidenziato che non si ritiene di poter escludere dal calcolo complessivo delle 48 ore le ore di fermo legate al rispetto dei tempi di guida e riposo previsti dalle norme sulla sicurezza e della circolazione stradale.Con riferimento all’annotazione delle tappe intermedie e del percorso effettuato, il MITE ha chiarito che tali informazioni possono essere inserite all’interno del formulario nel campo annotazioni, secondo quanto previsto dalla circolare del Ministero dell’ambiente GAB/DEC/812 del 4 agosto 1998.
193, comma 18, del D. Lgs. 152/2006: in materia di deposito e trasporto dei rifiuti derivanti da assistenza sanitaria, il MITE ha chiarito che, con riferimento alle semplificazioni in materia di trasporto e di iscrizione all’Albo disposte dall’articolo 193, comma 18, del D. Lgs. 152/2006, la nozione di “assistenza sanitaria domiciliare”può essere interpretata estensivamente, ricomprendendovi tutte le attività svolte fuori sede, così come indicate nell’articolo 4, commi 2 e 3 del D.P.R. n. 254 del 2003. Tale interpretazione appare quella più idonea a consentire alle strutture sanitarie -soprattutto nel periodo di emergenza sanitaria in corso- una puntuale verifica circa la corretta gestione dei rifiuti e delle registrazioni.
193, comma 19, del D. Lgs. 152/2006: A fronte dei seguenti quesiti:
a) ci sono indicazioni o parametri per definire il concetto di “piccoli interventi edili”;
b) sussiste un criterio dimensionale per il concetto di “quantitativi limitati che non giustificano l’allestimento di un deposito” previsto dal secondo periodo dell’articolo 193, comma 19; il Ministero ha chiarito che la norma, allo stato, non indica quantità o limiti dimensionali: occorre quindi valutare le fattispecie di caso in caso e sulla base delle concrete circostanze, della tipologia dell’attività svolta e dei rifiuti prodotti. Infatti, un quantitativo che potrebbe essere considerato irrilevante per alcuni rifiuti, o in determinate circostanze, potrebbe, invece, avere una potenzialità lesiva o di rischio significativa, se riferito ad altre tipologie di rifiuti o in altre circostanze di luogo o di fatto. D’altra parte, è principio consolidato, nella giurisprudenza penale o amministrativa, come la quantità gestita non sia un parametro indicativo al fine di valutare la lieve entità di una fattispecie.
A fronte del seguente quesito:
nei casi indicati primo periodo del comma 19 è corretto ritenere che il trasporto dal luogo di produzione reale al luogo di produzione fittizio debba – anche solo opportunamente – avvenire con il formulario di identificazione, il Ministero ha chiarito che il primo ed il secondo periodo della norma non risultano riferite a fattispecie differenti, ma devono essere lette insieme. In particolare, ai fini del deposito, il primo periodo della disposizione in esame definisce una fictio iuris con riferimento a tutte le attività di manutenzione, prevedendo come, in tale ipotesi, i rifiuti si considerino prodotti presso l’unità locale, sede o domicilio del soggetto che svolge tali attività. Rispetto a tali tipologie di attività, il secondo periodo chiarisce, specificatamente, che, solo in determinate ipotesi (produzione di quantitativi limitati di rifiuti che non giustificano l’allestimento di un deposito dove è svolta l’attività) è possibile sostituire il formulario di identificazione con un documento di trasporto.
A fronte del seguente quesito: in tutti i casi dell’art. 193, comma 19 è corretto ritenere che occorra – per il trasporto – il requisito dell’iscrizione all’Albo il Ministero ha chiarito che, in assenza di una specifica previsione di deroga, rimane fermo l’obbligo di iscrizione all’Albo nei casi e con le modalità previste dall’art. 212 del D.lgs. n.152 del 2006.
230, comma 5, del D. Lgs. 152/2006:
Con riferimento ai rifiuti provenienti dalle attività di pulizia manutentiva delle reti fognarie, il Ministero ha chiarito che alla pulizia di singole fosse settiche o singoli bagni chimici, non trattandosi di reti fognarie, non si ritengono applicabili le disposizioni previste dall’art. 230 comma 5 del D. Lgs. 152/2006. Ne consegue l’impossibilità per il trasportatore di qualificarsi come produttore dei relativi rifiuti.
258, commi 9 e 13, del D. Lgs. 152/2006:
Con riferimento alle ipotesi di riduzione o di esclusione delle sanzioni amministrative applicabili in materia di tracciabilità dei rifiuti, è stato richiesto un chiarimento in merito a:
a) quali dati contenuti nella documentazione in materia di rifiuti (MUD, formulari e registri di carico e scarico) possono dirsi “rilevanti ai fini della tracciabilità” e quali non lo siano;
b) in che cosa consistono le “violazioni formali” -cui si riferisce il medesimo comma 13- relativamente alla disciplina della documentazione in materia di rifiuti (MUD, formulari e registri di carico e scarico);
c) quali siano i “dati rilevanti ai fini della tracciabilità di tipo seriale”;
d) quando debba applicarsi il comma 13, ultimo periodo e quando, invece, la disciplina del cumulo formale-illecito continuato di cui al comma 9;
e) se la disciplina contenuta nell’articolo 258, comma 9, D. Lgs. 152/2006 sia speciale rispetto alla previsione generale di cui all’art. 8, comma 1, della legge n. 689 del 1981.
Con riferimento al quesito suba)e b), il Ministero ha chiarito che l’articolo 258, comma 13, D. Lgs. 152/2006 esclude dall’applicazione delle sanzioni i casi di trasmissione o annotazione di dati incompleti o inesatti a condizione che i dati siano irrilevanti ai fini della tracciabilità. La stessa norma esclude dall’applicazione della sanzione gli errori materiali e le violazioni formali. La ratio della disciplina è quella di evitare l’applicazione delle sanzioni in caso di trasmissione o di annotazione di dati incompleti o inesatti o di mere irregolarità che non pregiudicano la possibilità di tracciare il rifiuto e non ostacolano o impediscono le attività di controllo da parte degli organi competenti. In tale prospettiva, non sono indicate nella norma le specifiche informazioni o violazioni rilevanti al fine di procedere all’applicazione della sanzione, in considerazione della necessità di poter valutare le fattispecie di caso in caso e sulla base delle circostanze concrete.
Con riferimento ai quesiti sub c), d) ed e), il Ministero ha chiarito che, con riferimento alle sanzioni, fino all’entrata in vigore delle nuove disposizioni sanzionatorie introdotte con il decreto legislativo n.116 del 2020, risultava applicabile la disciplina generale di cui all’articolo 8 della legge n. 689 del 1981, che prevede il cumulo cosiddetto “giuridico” delle sanzioni per le sole ipotesi di concorso formale, omogeneo od eterogeneo, di violazioni, vale a dire nel caso di violazioni commesse con un’unica azione ad omissione. Con riferimento alle violazioni in materia di tracciabilità dei rifiuti, la giurisprudenza ha sempre escluso la possibilità di cumulo giuridico delle sanzioni per le ipotesi di violazioni commesse con una pluralità di condotte. Pertanto, fino all’entrata in vigore dell’articolo 258 come sopra riportato, ad un soggetto che violava con più azioni od omissioni la stessa o diverse disposizioni ambientali, doveva applicarsi il cumulo materiale delle sanzioni, cioè la somma delle sanzioni previste per ogni violazione commessa. Le nuove disposizioni introdotte, con il comma 9 dell’art. 258 citato, estendono espressamente la possibilità di applicare il cd. cumulo giuridico delle sanzioni non solo alle ipotesi di concorso formale (omogeneo ed eterogeneo), ma anche all’ipotesi di concorso materiale, quando via sia la continuazione fra illeciti amministrativi, vale a dire quando le azioni od omissioni siano esecutive di un disegno unitario. Con riferimento all’ultimo periodo dell’articolo 258, comma 13 del codice ambientale, accanto alla disciplina del cd. cumulo giuridico, sopra descritta, il legislatore ha introdotto una ulteriore ipotesi sanzionatoria di favore, di maggiore specificazione, che trova applicazione in caso di errori (dati incompleti o inesatti) seriali, vale a dire errori uguali e ripetuti (si pensi – ad esempio – alla medesima inesattezza nella compilazione di più formulari commessa dallo stesso soggetto).
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Mite, nuove istruzioni sull’applicazione del D.L.vo 116/2020
di Alessandra Corrù, Elena Mussida, Francesca Miniscalco
Importanti chiarimenti in materia di gestione rifiuti
Con la Circolare n. 51657 del 14 maggio 2021 il Ministero della Transizione Ecologica è intervenuto per fornire importanti chiarimenti in ordine a diverse problematiche sorte in materia di gestione rifiuti a seguito dell’entrata in vigore del D.L.vo 116/2020.
La Circolare affronta le criticità rilevate nell’applicazione di alcune norme della parte IV del D.lgs. 152/2006; sono, in particolare, analizzati gli artt. 179, 181, 183, 185, 185-bis, 190, 193, 230 e 258.
Ecco quindi, in sintesi, le principali indicazioni del MITE in ordine alla corretta interpretazione delle suddette norme modificate dal D.L.vo 116/2020:
Diversi chiarimenti vengono forniti anche in merito ai rifiuti provenienti da costruzione e demolizione (C&D) di cui all’articolo 183 comma 1, lettera b-sexies), con particolare riferimento ai materiali lapidei e inerti provenienti da lavori di edilizia cimiteriale nonché quelli oggetto di abbandono:
– i rifiuti provenienti da aree cimiteriali, esumazioni ed estumulazioni, nonché gli altri rifiuti provenienti da attività cimiteriale sono considerati rifiuti urbani ai sensi dell’art. 183, lettera b-ter punto 6);
– i rifiuti da C&D nel novellato art. 183 comma 1 lettera b-sexies) sono esclusi dall’ambito di applicazione della definizione dei rifiuti urbani.
In merito ai rifiuti di qualunque natura o provenienza, giacenti sulle strade ed aree pubbliche o sulle strade ed aree private comunque soggette ad uso pubblico, cosiddetti rifiuti abbandonati, anche qualora costituiti da rifiuti da C&D, sono da considerarsi rifiuti urbani, ai sensi dell’art. 183 comma 1 lettera b-ter, punto 4), allorché per gli stessi non sia riconducibile ad alcuno la responsabilità dell’abbandono.
In merito alle tempistiche di annotazione di cui al comma 3, considerato che la norma non contempla espressamente la categoria dei “nuovi produttori” e nelle more dell’eventuale approvazione di una disposizione specifica di riferimento, il MITE ritiene applicabile, per analogia, la tempistica prevista per i produttori iniziali di rifiuti, dovendo considerare che il nuovo produttore risulta inserito nella definizione di produttore di cui all’art. 183, comma 1, lett. f), D.L.vo 152/2006.
Per quanto riguarda la semplificazione, introdotta dal comma 6, prevista per gli imprenditori agricoli e per i soggetti esercenti attività ricadenti nell’ambito dei codici ATECO 96.02.01, 96.02.02, 96.02.03 e 96.09.02 che producono rifiuti pericolosi, viene precisato che va letta in combinato disposto con l’art. 69 della Legge 221 del 2015 in considerazione della mancata espressa abrogazione di quest’ultimo. Rimane in ogni caso ferma la necessità di procedere con un correttivo, in quanto l’articolo 190, comma 6, include, tra le attività elencate nella lettera a), anche quelle con codice ATECO 96.02.03 che non risultano contemplate nell’articolo 69 L. 221/2015 e per le quali, fino a che non intervenga una correzione del refuso indicato, non è possibile beneficiare della semplificazione sulle modalità di invio della comunicazione al catasto dei rifiuti.
a) ci sono indicazioni o parametri per definire il concetto di “piccoli interventi edili”;
b) sussiste un criterio dimensionale per il concetto di “quantitativi limitati che non giustificano l’allestimento di un deposito” previsto dal secondo periodo dell’articolo 193, comma 19; il Ministero ha chiarito che la norma, allo stato, non indica quantità o limiti dimensionali: occorre quindi valutare le fattispecie di caso in caso e sulla base delle concrete circostanze, della tipologia dell’attività svolta e dei rifiuti prodotti. Infatti, un quantitativo che potrebbe essere considerato irrilevante per alcuni rifiuti, o in determinate circostanze, potrebbe, invece, avere una potenzialità lesiva o di rischio significativa, se riferito ad altre tipologie di rifiuti o in altre circostanze di luogo o di fatto. D’altra parte, è principio consolidato, nella giurisprudenza penale o amministrativa, come la quantità gestita non sia un parametro indicativo al fine di valutare la lieve entità di una fattispecie.
A fronte del seguente quesito:
nei casi indicati primo periodo del comma 19 è corretto ritenere che il trasporto dal luogo di produzione reale al luogo di produzione fittizio debba – anche solo opportunamente – avvenire con il formulario di identificazione, il Ministero ha chiarito che il primo ed il secondo periodo della norma non risultano riferite a fattispecie differenti, ma devono essere lette insieme. In particolare, ai fini del deposito, il primo periodo della disposizione in esame definisce una fictio iuris con riferimento a tutte le attività di manutenzione, prevedendo come, in tale ipotesi, i rifiuti si considerino prodotti presso l’unità locale, sede o domicilio del soggetto che svolge tali attività. Rispetto a tali tipologie di attività, il secondo periodo chiarisce, specificatamente, che, solo in determinate ipotesi (produzione di quantitativi limitati di rifiuti che non giustificano l’allestimento di un deposito dove è svolta l’attività) è possibile sostituire il formulario di identificazione con un documento di trasporto.
A fronte del seguente quesito: in tutti i casi dell’art. 193, comma 19 è corretto ritenere che occorra – per il trasporto – il requisito dell’iscrizione all’Albo il Ministero ha chiarito che, in assenza di una specifica previsione di deroga, rimane fermo l’obbligo di iscrizione all’Albo nei casi e con le modalità previste dall’art. 212 del D.lgs. n.152 del 2006.
Con riferimento ai rifiuti provenienti dalle attività di pulizia manutentiva delle reti fognarie, il Ministero ha chiarito che alla pulizia di singole fosse settiche o singoli bagni chimici, non trattandosi di reti fognarie, non si ritengono applicabili le disposizioni previste dall’art. 230 comma 5 del D. Lgs. 152/2006. Ne consegue l’impossibilità per il trasportatore di qualificarsi come produttore dei relativi rifiuti.
Con riferimento alle ipotesi di riduzione o di esclusione delle sanzioni amministrative applicabili in materia di tracciabilità dei rifiuti, è stato richiesto un chiarimento in merito a:
a) quali dati contenuti nella documentazione in materia di rifiuti (MUD, formulari e registri di carico e scarico) possono dirsi “rilevanti ai fini della tracciabilità” e quali non lo siano;
b) in che cosa consistono le “violazioni formali” -cui si riferisce il medesimo comma 13- relativamente alla disciplina della documentazione in materia di rifiuti (MUD, formulari e registri di carico e scarico);
c) quali siano i “dati rilevanti ai fini della tracciabilità di tipo seriale”;
d) quando debba applicarsi il comma 13, ultimo periodo e quando, invece, la disciplina del cumulo formale-illecito continuato di cui al comma 9;
e) se la disciplina contenuta nell’articolo 258, comma 9, D. Lgs. 152/2006 sia speciale rispetto alla previsione generale di cui all’art. 8, comma 1, della legge n. 689 del 1981.
Con riferimento al quesito sub a) e b), il Ministero ha chiarito che l’articolo 258, comma 13, D. Lgs. 152/2006 esclude dall’applicazione delle sanzioni i casi di trasmissione o annotazione di dati incompleti o inesatti a condizione che i dati siano irrilevanti ai fini della tracciabilità. La stessa norma esclude dall’applicazione della sanzione gli errori materiali e le violazioni formali. La ratio della disciplina è quella di evitare l’applicazione delle sanzioni in caso di trasmissione o di annotazione di dati incompleti o inesatti o di mere irregolarità che non pregiudicano la possibilità di tracciare il rifiuto e non ostacolano o impediscono le attività di controllo da parte degli organi competenti. In tale prospettiva, non sono indicate nella norma le specifiche informazioni o violazioni rilevanti al fine di procedere all’applicazione della sanzione, in considerazione della necessità di poter valutare le fattispecie di caso in caso e sulla base delle circostanze concrete.
Con riferimento ai quesiti sub c), d) ed e), il Ministero ha chiarito che, con riferimento alle sanzioni, fino all’entrata in vigore delle nuove disposizioni sanzionatorie introdotte con il decreto legislativo n.116 del 2020, risultava applicabile la disciplina generale di cui all’articolo 8 della legge n. 689 del 1981, che prevede il cumulo cosiddetto “giuridico” delle sanzioni per le sole ipotesi di concorso formale, omogeneo od eterogeneo, di violazioni, vale a dire nel caso di violazioni commesse con un’unica azione ad omissione. Con riferimento alle violazioni in materia di tracciabilità dei rifiuti, la giurisprudenza ha sempre escluso la possibilità di cumulo giuridico delle sanzioni per le ipotesi di violazioni commesse con una pluralità di condotte. Pertanto, fino all’entrata in vigore dell’articolo 258 come sopra riportato, ad un soggetto che violava con più azioni od omissioni la stessa o diverse disposizioni ambientali, doveva applicarsi il cumulo materiale delle sanzioni, cioè la somma delle sanzioni previste per ogni violazione commessa. Le nuove disposizioni introdotte, con il comma 9 dell’art. 258 citato, estendono espressamente la possibilità di applicare il cd. cumulo giuridico delle sanzioni non solo alle ipotesi di concorso formale (omogeneo ed eterogeneo), ma anche all’ipotesi di concorso materiale, quando via sia la continuazione fra illeciti amministrativi, vale a dire quando le azioni od omissioni siano esecutive di un disegno unitario. Con riferimento all’ultimo periodo dell’articolo 258, comma 13 del codice ambientale, accanto alla disciplina del cd. cumulo giuridico, sopra descritta, il legislatore ha introdotto una ulteriore ipotesi sanzionatoria di favore, di maggiore specificazione, che trova applicazione in caso di errori (dati incompleti o inesatti) seriali, vale a dire errori uguali e ripetuti (si pensi – ad esempio – alla medesima inesattezza nella compilazione di più formulari commessa dallo stesso soggetto).
Piacenza, 18 maggio 2021
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