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"Mi occupo di diritto ambientale da oltre trent’anni TuttoAmbiente è la guida più autorevole per la formazione e la consulenza ambientale Conta su di noi" Stefano Maglia
In occasione della pubblicazione della quinta edizione de La gestione dei rifiuti dalla A alla Z, il volume che raccoglie ben 465 casi in materia di rifiuti affrontati e risolti dallo Studio di Consulenze Legali Ambientali di Stefano Maglia, il sito TuttoAmbiente.it desidera offrire ai propri lettori un assaggio dei contenuti dell’opera.
Più in basso è possibile leggere trovare quattro brevi quesiti estratti dal libro, pubblicato a gennaio 2018 dalla nostra casa editrice, che trattano l’argomento rifiuti.
Chi volesse maggiori informazioni o acquistare il volume – la più autorevole, aggiornata e completa raccolta di casi nel campo della gestione dei rifiuti – può farlo cliccando oltre e visitando nel nostro eCommerce la scheda prodotto dedicata a La gestione dei rifiuti dalla A alla Z.
Per chi invece desiderasse aumentare le proprie conoscenze e aumentare la propria autorevolezza in quest’ambito segnaliamo il Corso di formazione Master Gestione Rifiuti, che si terrà a Bologna, dal 7 febbraio 2018, e a Milano, dal 9 maggio 2018.
Cosa si intende per rifiuto?
Il D.L.vo 205/10 ha riscritto interamente l’art. 183 e ha cambiato diverse definizioni, tra cui si segnala innanzitutto quella di rifiuto che, a far data dal 25 dicembre 2010, è la seguente: “qualsiasi sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi o abbia l’intenzione o abbia l’obbligo di disfarsi”.
Emerge con evidenza che nella nuova formulazione non compare più il periodo “che rientra nelle categorie riportate nell’allegato A alla parte quarta del presente decreto”, sicché la nuova definizione di rifiuto prescinde dal riferimento all’elenco positivo costituito dal catalogo europeo dei rifiuti (C.E.R.).
Quest’ultimo, infatti, è solo lo strumento per giungere ad una “normalizzazione” delle statistiche sui rifiuti a livello comunitario e mantiene integralmente la sua efficacia in questo ambito.
La commercializzazione a condizioni vantaggiose di un bene lo esclude dal campo di applicazione dei rifiuti?
Non sono assoggettabili alla disciplina sui rifiuti quei beni, sostanze o prodotti che il detentore intenda con certezza sfruttare o commercializzare in condizioni vantaggiose, senza alcuna volontà di disfarsene (Corte di Giustizia UE, Sez. I, n. C-241/12 e C-242/12 del 12 dicembre 2013).
A quali condizioni un oggetto o sostanza può essere qualificato “rifiuto”?
La nozione di rifiuto comprende qualsiasi sostanza od oggetto di cui il produttore o il detentore si disfi (o abbia deciso o abbia l’obbligo di disfarsi) senza che assuma rilievo che le sostanze e gli oggetti siano o meno suscettibili di riutilizzazione economica, che la “dismissione” avvenga attraverso lo smaltimento del prodotto ovvero tramite il recupero e senza aver riguardo all’intenzione del detentore in tema di eventuale riutilizzo.
Si accoglie, quindi, una nozione ampia di rifiuto, fondata su risultanze oggettive e alla quale devono essere ricondotti sostanze ed oggetti non più idonei a soddisfare i bisogni cui essi erano originariamente destinati, pur se non ancora privi di valore economico (Corte d’Appello di Napoli, Sez. VII penale, n. 2717 del 5 giugno 2013).
L’attribuzione di un valore economico fa venire meno la qualifica di rifiuto?
Il rifiuto, quale sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi o abbia l’intenzione, o l’obbligo, di disfarsi, non perde tale qualità in ragione di un accordo di cessione a terzi, né del valore economico ad esso riconosciuto nell’accordo stesso: ciò che conta è la volontà del cedente di disfarsene, non rileva, perciò, che il materiale sia destinato alla commercializzazione (Così Cass. pen. n. 38979/17).
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Qual è la nozione di rifiuto?
di Stefano Maglia
In occasione della pubblicazione della quinta edizione de La gestione dei rifiuti dalla A alla Z, il volume che raccoglie ben 465 casi in materia di rifiuti affrontati e risolti dallo Studio di Consulenze Legali Ambientali di Stefano Maglia, il sito TuttoAmbiente.it desidera offrire ai propri lettori un assaggio dei contenuti dell’opera.
Più in basso è possibile leggere trovare quattro brevi quesiti estratti dal libro, pubblicato a gennaio 2018 dalla nostra casa editrice, che trattano l’argomento rifiuti.
Chi volesse maggiori informazioni o acquistare il volume – la più autorevole, aggiornata e completa raccolta di casi nel campo della gestione dei rifiuti – può farlo cliccando oltre e visitando nel nostro eCommerce la scheda prodotto dedicata a La gestione dei rifiuti dalla A alla Z.
Per chi invece desiderasse aumentare le proprie conoscenze e aumentare la propria autorevolezza in quest’ambito segnaliamo il Corso di formazione Master Gestione Rifiuti, che si terrà a Bologna, dal 7 febbraio 2018, e a Milano, dal 9 maggio 2018.
Cosa si intende per rifiuto?
Il D.L.vo 205/10 ha riscritto interamente l’art. 183 e ha cambiato diverse definizioni, tra cui si segnala innanzitutto quella di rifiuto che, a far data dal 25 dicembre 2010, è la seguente: “qualsiasi sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi o abbia l’intenzione o abbia l’obbligo di disfarsi”.
Emerge con evidenza che nella nuova formulazione non compare più il periodo “che rientra nelle categorie riportate nell’allegato A alla parte quarta del presente decreto”, sicché la nuova definizione di rifiuto prescinde dal riferimento all’elenco positivo costituito dal catalogo europeo dei rifiuti (C.E.R.).
Quest’ultimo, infatti, è solo lo strumento per giungere ad una “normalizzazione” delle statistiche sui rifiuti a livello comunitario e mantiene integralmente la sua efficacia in questo ambito.
La commercializzazione a condizioni vantaggiose di un bene lo esclude dal campo di applicazione dei rifiuti?
Non sono assoggettabili alla disciplina sui rifiuti quei beni, sostanze o prodotti che il detentore intenda con certezza sfruttare o commercializzare in condizioni vantaggiose, senza alcuna volontà di disfarsene (Corte di Giustizia UE, Sez. I, n. C-241/12 e C-242/12 del 12 dicembre 2013).
A quali condizioni un oggetto o sostanza può essere qualificato “rifiuto”?
La nozione di rifiuto comprende qualsiasi sostanza od oggetto di cui il produttore o il detentore si disfi (o abbia deciso o abbia l’obbligo di disfarsi) senza che assuma rilievo che le sostanze e gli oggetti siano o meno suscettibili di riutilizzazione economica, che la “dismissione” avvenga attraverso lo smaltimento del prodotto ovvero tramite il recupero e senza aver riguardo all’intenzione del detentore in tema di eventuale riutilizzo.
Si accoglie, quindi, una nozione ampia di rifiuto, fondata su risultanze oggettive e alla quale devono essere ricondotti sostanze ed oggetti non più idonei a soddisfare i bisogni cui essi erano originariamente destinati, pur se non ancora privi di valore economico (Corte d’Appello di Napoli, Sez. VII penale, n. 2717 del 5 giugno 2013).
L’attribuzione di un valore economico fa venire meno la qualifica di rifiuto?
Il rifiuto, quale sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi o abbia l’intenzione, o l’obbligo, di disfarsi, non perde tale qualità in ragione di un accordo di cessione a terzi, né del valore economico ad esso riconosciuto nell’accordo stesso: ciò che conta è la volontà del cedente di disfarsene, non rileva, perciò, che il materiale sia destinato alla commercializzazione (Così Cass. pen. n. 38979/17).
Piacenza, 22.01.2018
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