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Stefano Maglia

Preparazione per il riutilizzo. Vigente il DM 119/23

di Paolo Pipere

Categoria: Rifiuti

Dal 16 settembre 2023 in vigore il DM 119/23, recante “determinazione delle condizioni per l’esercizio delle preparazioni per il riutilizzo in forma semplificata, ai sensi dell’articolo 214-ter del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.

La “preparazione per il riutilizzo”, definita come l’insieme di operazioni “di controllo, pulizia, smontaggio e riparazione attraverso cui prodotti o componenti di prodotti diventati rifiuti sono preparati in modo da poter essere reimpiegati senza altro pretrattamento”, è la modalità di trattamento che assicura il miglior bilancio ambientale. Un’opzione da preferire sia al riciclaggio sia alle altre attività di recupero di materia o di energia. Una nozione completamente diversa da quella, spesso impropriamente ritenuta equivalente dal legislatore nazionale, di riutilizzo. Il termine “riutilizzo” (o riuso oppure reimpiego) indica, infatti: “qualsiasi operazione attraverso la quale prodotti o componenti che non sono rifiuti sono reimpiegati per la stessa finalità per la quale erano stati concepiti”. In altri termini, il riutilizzo è una misura volta ad evitare, o almeno a ritardare, la formazione di rifiuti, non una modalità di trattamento degli stessi.

La priorità della preparazione per il riutilizzo, seconda solo alla prevenzione alla fonte della produzione del rifiuto, è affermata dall’articolo 4 della Direttiva quadro sui rifiuti fin dal 2008 ed è recepita nell’ordinamento nazionale nel 2010 con l’articolo 179 – criteri di priorità nella gestione dei rifiuti – del decreto legislativo 152/2006.

La norma nazionale, infatti, dispone che:

«la gestione dei rifiuti avviene nel rispetto della seguente gerarchia:

a) prevenzione;

b) preparazione per il riutilizzo;

c) riciclaggio;

d) recupero di altro tipo, per esempio il recupero di energia;

e) smaltimento.

La gerarchia stabilisce, in generale, un ordine di priorità di ciò che costituisce la migliore opzione ambientale. Nel rispetto della gerarchia di cui al comma 1, devono essere adottate le misure volte a incoraggiare le opzioni che garantiscono […] il miglior risultato complessivo».

E ancora:

«Nel rispetto della gerarchia del trattamento dei rifiuti le misure dirette al recupero dei rifiuti mediante la preparazione per il riutilizzo, il riciclaggio o ogni altra operazione di recupero di materia sono adottate con priorità rispetto all’uso dei rifiuti come fonte di energia».

Le misure da adottare

La legislazione ambientale nazionale, pur avendo da oltre un decennio affermato la priorità delle attività di preparazione per il riutilizzo, finora non sembra averle in alcun modo concretamente incentivate.

La norma del 2010 aveva disposto che: “con uno o più decreti del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare” fossero adottate, entro sei mesi, “le ulteriori misure necessarie per promuovere il riutilizzo dei prodotti e la preparazione dei rifiuti per il riutilizzo”, ma fino ad oggi l’attesa è stata vana.

Non è bastato neppure che il decreto legislativo 116/2020 disponesse che:

«Entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione [quindi entro il 26 novembre del 2020], con decreto del Ministro dell’ambiente […] sono definite le modalità operative, le dotazioni tecniche e strutturali, i requisiti minimi di qualificazione degli operatori necessari per l’esercizio delle operazioni di preparazione per il riutilizzo, le quantità massime impiegabili, la provenienza, i tipi e le caratteristiche dei rifiuti, nonché le condizioni specifiche di utilizzo degli stessi in base alle quali prodotti o componenti di prodotti diventati rifiuti sono sottoposti a operazioni di preparazione per il riutilizzo».

Anche in questo caso, infatti, i sessanta giorni sono trascorsi senza che il decreto fosse emanato.

 

Dalla SCIA al controllo preventivo

La riforma del 2020 aveva previsto che le operazioni di preparazione per il riutilizzo di prodotti o componenti di prodotti diventati rifiuti potessero essere avviate, a partire dall’entrata in vigore del decreto che avrebbe dovuto essere emanato, mediante “segnalazione certificata di inizio di attività” (SCIA), quindi con un procedimento molto snello che forse avrebbe potuto contribuire a recuperare, almeno in parte, il ritardo di dieci anni nel frattempo accumulato.

La legge di conversione del decreto-legge 77/2021 (L. 108/2021) ha però eliminato la SCIA e ha introdotto un controllo preventivo.

Oggi l’articolo 214-ter del D.Lgs. 152/2006 (Determinazione delle condizioni per l’esercizio delle operazioni di preparazione per il riutilizzo in forma semplificata) dispone che:

«L’esercizio delle operazioni di preparazione per il riutilizzo di prodotti o componenti di prodotti diventati rifiuti, di cui all’articolo 183, comma 1, lettera q), è avviato, a partire dall’entrata in vigore del decreto di cui al comma 2, decorsi novanta giorni dalla comunicazione di inizio attività, entro i quali le province o le città metropolitane territorialmente competenti verificano, secondo le modalità indicate dall’articolo 216, il possesso dei requisiti previsti dal decreto di cui al comma 2 del presente articolo».

Deve essere considerato, infine, che la riforma della Parte quarta del decreto legislativo 152/2006 ha espunto dalla disciplina della cessazione della qualifica di rifiuto (articolo 184-ter) il riferimento alla preparazione per il riutilizzo. Da un lato, quindi, le attività di preparazione per il riutilizzo non rientrerebbero nella disciplina della cessazione della qualifica di rifiuto, pur costituendo l’esempio più evidente di oggettiva e indubitabile “fine del rifiuto” (End of Waste); dall’altro, la mancata emanazione dei decreti ministeriali ha finora reso impossibile l’esercizio di queste attività nell’ambito delle previste “procedure semplificate” volte a incentivarne la diffusione.

 

Il DM 119

Caratteristiche e dotazioni tecniche

I centri di preparazione per il riutilizzo dovranno avere caratteristiche e dotazioni tecniche conformi a quanto previsto nell’allegato 1 del decreto e potranno ricevere i rifiuti indicati nel catalogo di cui al medesimo allegato, entro le quantità massime nello stesso individuate.

La bozza di regolamento specifiche che le operazioni di preparazione per il riutilizzo condotte nei centri di preparazione per il riutilizzo consistono in almeno una delle seguenti attività:

a) «controllo»: operazione che consiste nell’ispezione visiva, cernita e prova funzionale per valutare l’idoneità del rifiuto ad essere preparato per il successivo riutilizzo […];

b) «pulizia»: operazione mediante la quale vengono eliminate le impurità anche attraverso l’impiego di acqua e liquidi specifici come i detergenti ad azione disinfettante, anche in forma di vapore; operazioni di disinfestazione contro il tarlo;

c) «smontaggio»: operazione di disassemblaggio totale o parziale del rifiuto in componenti riutilizzabili singolarmente o nell’operazione di riparazione;

d) «riparazione»: operazione che comprende la sostituzione, la soppressione e/o ripristino di qualsiasi componente, anche particolare, del rifiuto nonché l’installazione sugli stessi di impianti e componenti fissi, comprese le attività di sabbiatura, verniciatura, laccatura.

È prevista una disciplina specifica per la preparazione per il riutilizzo dei RAEE e sembra un po’ troppo generica la disposizione secondo la quale: “Il centro è dotato di attrezzatura idonea allo svolgimento delle operazioni di cui al punto 1 [preparazione per il riutilizzo]”.

 

Requisiti minimi degli operatori

Lo schema di decreto prevede che gli operatori addetti alle attività di preparazione per il riutilizzo dei rifiuti debbano possedere, ad esclusione delle persone svantaggiate impiegate in percorsi di inserimento lavorativo, almeno uno dei seguenti requisiti tecnico-professionali:

a) diploma di scuola secondaria superiore conseguito, con specializzazione relativa al settore di attività, presso un istituto statale o legalmente riconosciuto;

b) attestato di qualifica professionale conseguito ai sensi della legislazione vigente in materia di formazione professionale;

c) prestazione lavorativa svolta, alle dirette dipendenze di una impresa del settore per un periodo non inferiore a due anni.

La capacità tecnica necessaria per l’esecuzione di attività di preparazione per il riutilizzo dei RAEE richiede anche uno specifico aggiornamento professionale, a cura del Centro di coordinamento RAEE anche in collaborazione con le Associazioni dei produttori di AEE, da effettuarsi con cadenza biennale.

 

Tipologie di rifiuti

La tabella 1, rifiuti e quantità massime, contiene un elenco estremamente eterogeneo delle tipologie di rifiuti che, oltre ai RAEE, potranno essere preparate per il riutilizzo:

  • Biciclette, passeggini, carrozzine, giocattoli e loro componenti;
  • Mobili e cucine a gas e loro componenti;
  • Reti e materassi;
  • Pneumatici per biciclette;
  • Attrezzature sportive e ricreative e loro componenti;
  • Attrezzature nautiche e loro componenti (galleggianti, cime, catene, salvagenti, ancore, parabordi, remi e pagaie, materassini e canotti, tavole da surf, barche a vela (derive), gommoni fino ad una lunghezza di 6 m, ecc.);
  • Abbigliamento, accessori di abbigliamento, tessuti, tappeti, calzature, zaini;
  • Cancelli in metallo, in legno, in plastica, serrature e loro componenti;
  • Attrezzi da giardino, suppellettili in legno metalli e plastica, appendiabiti e loro componenti
  • Pentole padelle e stoviglie;
  • Pavimenti, rivestimenti, ceramiche;
  • Porte/finestre e elementi costruttivi in legno, plastica, metallo, alluminio, vetro e loro componenti;
  • Componenti di impianti di irrigazione, impianti e attrezzature per l’attività agricola e florovivaistica e loro componenti, componenti di serre.

Da un lato colpisce il livello di dettaglio con il quale si opera una distinzione tra mobili e, ad esempio, reti dei letti o appendiabiti, dall’altro preoccupa l’assenza di tipologie di rifiuti particolarmente adatte alla preparazione per il riutilizzo come, ad esempio, i rifiuti di imballaggio terziari (cisternette, IBC, pallet, ecc.).

Anomala anche la scelta di escludere i RAEE aventi caratteristiche di pericolo e i rifiuti di prodotti contenenti gas ozono lesivi. Infatti, mentre è piuttosto evidente perché sia opportuno escludere dall’ambito di applicazione della norma “i rifiuti radioattivi e i rifiuti da articoli pirotecnici”, sfuggono le ragioni che hanno condotto a impedire il ricondizionamento di un frigorifero o di un condizionatore.

 

Adempimenti documentali e garanzia dei prodotti

Il gestore dell’impianto deve tenere uno schedario, suddiviso in tre sezioni (conferimento, gestione e cessione), finalizzato a registrare i dati relativi ai rifiuti ricevuti ed alle operazioni di trattamento effettuate.

La preparazione per il riutilizzo, infine, deve garantire: “l’ottenimento di prodotti o componenti di prodotti conformi al modello originario”, definiti come prodotti o componenti di prodotti che, rispetto ai prodotti originari, abbiano la stessa finalità per la quale sono stati concepiti e le medesime caratteristiche merceologiche e garanzie di sicurezza come individuate dalla normativa tecnica di settore ovvero gli stessi requisiti previsti per l’immissione sul mercato. Il prodotto ottenuto, inoltre, dovrà essere munito di etichetta recante l’indicazione: «Prodotto preparato per il riutilizzo».

 

Per approfondimenti operativi si rimanda al CORSO di formazione del 3 ottobre: DM 119/23 sulla preparazione per il riutilizzo rifiuti

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