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Quale è la disciplina applicabile ai rifiuti contenenti amianto?
di Stefano Maglia
Categoria: Rifiuti
La normativa in materia di amianto e di rifiuti di amianto è particolarmente ampia e articolata, accanto a normative di base si ritrovano infatti norme attuative e di dettaglio che si susseguono nel tempo dettando disposizioni tecnico-pratiche alle quali attenersi nella gestione di questa particolare tipologia di materiale e di rifiuto. La L. 27 marzo 1992, n. 257 “Norme relative alla cessazione dell’impiego dell’amianto” costituisce la disciplina cardine dell’intero reticolato normativo su cui poggia la corretta gestione dell’amianto. Ma si tratta di una disciplina che pur ponendo dei principi importanti in materia, necessitava dell’emanazione di una pletora di decreti ministeriali che dessero concreta attuazione alle disposizioni in essa contenute. Ciò che viene stabilito con certezza dalla L. 257/1992, è la individuazione delle condotte vietate (art. 1, comma 2), la determinazione dei valori limite e dei rispettivi sistemi di valutazione, per i quali viene comunque operato un rinvio ad altre discipline (art. 3). Tutte queste disposizioni sono rimaste per diverso tempo inattuate, più precisamente fino agli anni 1994 e 2004, in cui è stata data attuazione rispettivamente, ai provvedimenti in materia di normative e metodologie tecniche per gli interventi di bonifica attraverso il D.M. 6 settembre 1994 (precedente punto 2) e ai disciplinari tecnici attraverso il D.M. 29 luglio 2004, n. 248 (precedente punto 3). Si tratta di provvedimenti normativi che rivestono una importanza fondamentale nella gestione dell’amianto e dei rifiuti contenenti amianto. Si noti che in particolare quest’ultimo dà attuazione ai disciplinari tecnici; individua, distinguendoli, i processi di trattamento dell’amianto ai fini di un potenziale riutilizzo dei rifiuti contenenti amianto (RCA) quale materia prima ed infine si pone quale normativa di raccordo tra la disciplina generale sui rifiuti e quella speciale sull’amianto. La parte IV del nuovo testo unico in materia ambientale ha introdotto qualche modifica anche in tema di RCA, senza stravolgere tuttavia l’impianto normativo preesistente. Tant’è che all’art. 227 “Rifiuti elettrici ed elettronici, rifiuti sanitari, veicoli fuori uso e prodotti contenenti amianto” – nell’ambito del Titolo III riferito alla gestione di particolari categorie di rifiuti – al comma 1, lettera d) conferma la vigenza delle disposizioni speciali, nazionali e comunitarie, relative al recupero dei rifiuti dei beni e prodotti contenenti amianto ed in particolare di quanto stabilito nel D.M. 248/2004. L’art. 195, del richiamato Testo Unico colloca – come peraltro anche il previgente decreto Ronchi – tra le competenze statali, la determinazione e la disciplina delle attività di recupero dei prodotti di amianto e dei beni e dei prodotti contenenti amianto, aggiungendo solo rispetto alla precedente disciplina che queste determinazioni avvengano attraverso decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, di concerto con il Ministro della salute e con il Ministro delle attività produttive. Inoltre, all’art. 212 viene riconfermato il requisito dell’iscrizione all’Albo Gestori Ambientali per l’esercizio dell’attività di bonifica dei beni contenenti amianto, puntualizzando sempre che questa iscrizione abilita la gestione degli impianti il cui esercizio sia stato autorizzato. La sola precisazione che viene inserita nel predetto nuovo articolo, è rappresentata dal fatto che questa particolare efficacia dell’iscrizione vale anche per lo svolgimento delle attività soggette ad iscrizione (art. 212, comma 6). Il successivo comma 11, dell’art. 212, prescrive alle imprese che effettuano attività di gestione di impianti fissi di smaltimento e di recupero di titolarità di terzi, alle imprese che effettuano attività di bonifica dei siti nonché di bonifica dei beni contenenti amianto, di prestare idonee garanzie finanziarie a favore della regione territorialmente competente. Infine, a partire dalla data di entrata in vigore del testo unico avvenuta il 29 aprile 2006, risulta abrogata espressamente (per effetto del disposto dell’art. 264, comma 1, lettera b), l’armonizzazione dei piani di smaltimento dei rifiuti di amianto con i piani di organizzazione dei servizi di smaltimento dei rifiuti di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 settembre 1982, n. 915 (avente ad oggetto l’attuazione delle direttive numero 75/442 relativa ai rifiuti, n. 76/403 relativa allo smaltimento dei policlorodifenili e dei policlorotrifenili e numero 78/319 relativa ai rifiuti tossici e nocivi), che era stata disposta dall’art. 5 del D.P.R. 8 agosto 1994 “Atto di indirizzo e coordinamento alle regioni e alle province autonome di Trento e di Bolzano per l’adozione di piani di protezione, di decontaminazione, di smaltimento e di bonifica dell’ambiente, ai fini della difesa dai pericoli derivanti dall’amianto”.
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Quale è la disciplina applicabile ai rifiuti contenenti amianto?
di Stefano Maglia
La normativa in materia di amianto e di rifiuti di amianto è particolarmente ampia e articolata, accanto a normative di base si ritrovano infatti norme attuative e di dettaglio che si susseguono nel tempo dettando disposizioni tecnico-pratiche alle quali attenersi nella gestione di questa particolare tipologia di materiale e di rifiuto.
La L. 27 marzo 1992, n. 257 “Norme relative alla cessazione dell’impiego dell’amianto” costituisce la disciplina cardine dell’intero reticolato normativo su cui poggia la corretta gestione dell’amianto. Ma si tratta di una disciplina che pur ponendo dei principi importanti in materia, necessitava dell’emanazione di una pletora di decreti ministeriali che dessero concreta attuazione alle disposizioni in essa contenute.
Ciò che viene stabilito con certezza dalla L. 257/1992, è la individuazione delle condotte vietate (art. 1, comma 2), la determinazione dei valori limite e dei rispettivi sistemi di valutazione, per i quali viene comunque operato un rinvio ad altre discipline (art. 3).
Tutte queste disposizioni sono rimaste per diverso tempo inattuate, più precisamente fino agli anni 1994 e 2004, in cui è stata data attuazione rispettivamente, ai provvedimenti in materia di normative e metodologie tecniche per gli interventi di bonifica attraverso il D.M. 6 settembre 1994 (precedente punto 2) e ai disciplinari tecnici attraverso il D.M. 29 luglio 2004, n. 248 (precedente punto 3). Si tratta di provvedimenti normativi che rivestono una importanza fondamentale nella gestione dell’amianto e dei rifiuti contenenti amianto. Si noti che in particolare quest’ultimo dà attuazione ai disciplinari tecnici; individua, distinguendoli, i processi di trattamento dell’amianto ai fini di un potenziale riutilizzo dei rifiuti contenenti amianto (RCA) quale materia prima ed infine si pone quale normativa di raccordo tra la disciplina generale sui rifiuti e quella speciale sull’amianto.
La parte IV del nuovo testo unico in materia ambientale ha introdotto qualche modifica anche in tema di RCA, senza stravolgere tuttavia l’impianto normativo preesistente. Tant’è che all’art. 227 “Rifiuti elettrici ed elettronici, rifiuti sanitari, veicoli fuori uso e prodotti contenenti amianto” – nell’ambito del Titolo III riferito alla gestione di particolari categorie di rifiuti – al comma 1, lettera d) conferma la vigenza delle disposizioni speciali, nazionali e comunitarie, relative al recupero dei rifiuti dei beni e prodotti contenenti amianto ed in particolare di quanto stabilito nel D.M. 248/2004.
L’art. 195, del richiamato Testo Unico colloca – come peraltro anche il previgente decreto Ronchi – tra le competenze statali, la determinazione e la disciplina delle attività di recupero dei prodotti di amianto e dei beni e dei prodotti contenenti amianto, aggiungendo solo rispetto alla precedente disciplina che queste determinazioni avvengano attraverso decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, di concerto con il Ministro della salute e con il Ministro delle attività produttive.
Inoltre, all’art. 212 viene riconfermato il requisito dell’iscrizione all’Albo Gestori Ambientali per l’esercizio dell’attività di bonifica dei beni contenenti amianto, puntualizzando sempre che questa iscrizione abilita la gestione degli impianti il cui esercizio sia stato autorizzato. La sola precisazione che viene inserita nel predetto nuovo articolo, è rappresentata dal fatto che questa particolare efficacia dell’iscrizione vale anche per lo svolgimento delle attività soggette ad iscrizione (art. 212, comma 6).
Il successivo comma 11, dell’art. 212, prescrive alle imprese che effettuano attività di gestione di impianti fissi di smaltimento e di recupero di titolarità di terzi, alle imprese che effettuano attività di bonifica dei siti nonché di bonifica dei beni contenenti amianto, di prestare idonee garanzie finanziarie a favore della regione territorialmente competente.
Infine, a partire dalla data di entrata in vigore del testo unico avvenuta il 29 aprile 2006, risulta abrogata espressamente (per effetto del disposto dell’art. 264, comma 1, lettera b), l’armonizzazione dei piani di smaltimento dei rifiuti di amianto con i piani di organizzazione dei servizi di smaltimento dei rifiuti di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 settembre 1982, n. 915 (avente ad oggetto l’attuazione delle direttive numero 75/442 relativa ai rifiuti, n. 76/403 relativa allo smaltimento dei policlorodifenili e dei policlorotrifenili e numero 78/319 relativa ai rifiuti tossici e nocivi), che era stata disposta dall’art. 5 del D.P.R. 8 agosto 1994 “Atto di indirizzo e coordinamento alle regioni e alle province autonome di Trento e di Bolzano per l’adozione di piani di protezione, di decontaminazione, di smaltimento e di bonifica dell’ambiente, ai fini della difesa dai pericoli derivanti dall’amianto”.
*Tratto da “La gestione dei rifiuti dalla A alla Z, III ed – 350 problemi, 350 soluzioni“, Stefano Maglia, 2012.
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