Top

Preveniamo rischi Risolviamo problemi Formiamo competenze

"Mi occupo di diritto ambientale da oltre trent’anni
TuttoAmbiente è la guida più autorevole per la formazione e la consulenza ambientale
Conta su di noi"
Stefano Maglia

Il mancato coordinamento tra il regime sanzionatorio penale in materia di AIA e la 231 ambiente

di Giannicola Galotto

Categoria: AIA

L’Autorizzazione Integrata Ambientale, secondo la definizione normativa recata dalla lettera o-bis, co. 1, dell’art. 5 del D. Lgs. n. 152/2006, è il provvedimento che assente la messa in esercizio di grossi insediamenti industriali fortemente impattanti su ambiente ed ecosistema.

Segnatamente, la predetta procedura amministrativa è tesa alla prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento proveniente dal foltissimo elenco di attività produttive riportate nell’Allegato VIII, Parte Seconda, del TUA.

In pratica la P.A. valuta preliminarmente la sussistenza di tutti i requisiti tecnici e giuridici prescritti dalle norme di settore e, solo all’esito, rilascia il titolo autorizzativo imponendo misure volte ad evitare, ove possibile, o a ridurre le emissioni nell’aria, nell’acqua e nel suolo, comprese quelle relative ai rifiuti, per conseguire un livello elevato di protezione dell’ambiente.

Com’è noto la disciplina normativa dell’AIA è stata profondamente riformata con l’approvazione del D. Lgs. 4 marzo 2014 n. 46 recante “Attuazione della direttiva 2010/75/UE relativa alle emissioni industriali” (cd. Direttiva IED) il quale ha inserito nel TUA una serie di novità di estrema rilevanza non solo sotto il profilo procedurale-autorizzativo ma soprattutto in ordine al regime sanzionatorio a cui è assoggettato il gestore che conduce l’installazione industriale.

A tale ultimo riguardo la novella ha interamente riscritto il sotteso sistema punitivo introducendo una messe incredibile di violazioni penali-amministrative speciali per coloro che infrangono le norme e/o le prescrizioni contenute nel provvedimento AIA.

Lasciando in disparte l’analisi delle singole contravvenzioni ivi contemplate, il dato più rilevante che a parere dello scrivente è rimasto a tutt’oggi inspiegabilmente sotto traccia, si annida in un principio di diritto già cristallizzato nella precedente versione dell’art. 29-quattuordecies (Sanzioni), così come introdotto nella Parte Seconda del TUA dal D. Lgs. 29 giugno 2010 n. 128.

Nel comma 14 (ex comma 10) del citato articolo, si legge testualmente: “Per gli impianti autorizzati ai sensi della Parte Seconda, dalla data della prima comunicazione di cui all’articolo 29-decies, comma 1, non si applicano le sanzioni, previste da norme di settore o speciali, relative a fattispecie oggetto del presente articolo, a meno che esse non configurino anche un più grave reato”.

Con tutta evidenza la disposizione testé riportata ha finalmente posto fine ad una gravissima ingiustizia di sistema che si consumava quotidianamente in Italia: lavoratori autonomi, imprese individuali e società di modesto cabotaggio esercenti attività produttive a bassissimo impatto ambientale pativano il medesimo trattamento sanzionatorio applicato ai gestori di grandissimi impianti produttivi aventi comprovate ricadute negative sull’ecosistema.

In altri termini, col regime sanzionatorio ante art. 29-quattuordecies, l’estetista di turno alla quale veniva contestata una non corretta gestione di rifiuti subiva ingiustamente l’applicazione delle stesse pene inflitte al gestore di un grosso insediamento AIA.

Oggigiorno, quindi, le più severe sanzioni penali previste per illeciti commessi in regime AIA, sono finalmente direttamente proporzionali alle dimensioni delle attività produttive svolte e alle relative ricadute ambientali.

Master Gestione Rifiuti - Waste Manager

Tuttavia, il detto principio di specialità, non ha nel corso degli anni trovato univoca e puntuale applicazione.

Per vero le violazioni AIA, in alcune occasioni, vengono correttamente sanzionate ai sensi dell’art. 29-quattuordecies con pene molto più severe rispetto a quelle contenute nelle altre parti del TUA, in differenti fattispecie, restano ancora agganciate a singole norme di settore quali ad esempio l’art. 137 in tema di acque, l’art. 256 per i rifiuti e l’art. 269 in relazione alle emissioni in atmosfera, che prevedono pene edittali più blande.

La contestazione della violazione AIA in una delle due forme innanzi tratteggiate non è una questione di poco momento poiché in molti casi l’effetto meritorio del su citato principio di specialità si tramuta in un vero e proprio vulnus.

Il paradosso si consuma ogni qualvolta l’illecito AIA, contestato in maniera corretta ai sensi dell’art. 29-quattuordecies, impedisce l’addebito ai sensi del D. Lgs. n. 231/2001, in quanto la citata disposizione normativa non figura tra i reati presupposto ambientali elencati dall’art. 25-undecies.

Sicché, non esistendo alcun coordinamento né connessione tra la disposizione sanzionatoria AIA in parola col parallelo mondo della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche e degli enti, risulta essere preclusa una contestazione in tal senso.

Conclusivamente, non può non prendersi atto che ci si trova al cospetto dell’ennesimo mal governo della legislazione ambientale, settore nel quale le ecomafie continuano purtroppo a speculare traendo profitti da capogiro a discapito della collettività.

Torna all'elenco completo

© Riproduzione riservata