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RSPP, Delegato e Soggetti Apicali: quando è responsabile l'ente ai sensi del D.Lgs. N. 231/01?

di Alessandra Passafaro, Fabrizio Salmi

Categoria: Sicurezza lavoro

Nota a Cass. Pen., Sez. 4, 21.09.2022, n. 34943
La sentenza in esame pone in luce alcune tematiche di importanza trasversale sia in materia di delega di funzioni sia di responsabilità degli enti ai sensi del D.lgs. 231/2001.
 

Il Tribunale di Modena condannava R.P., in qualità di delegato alla sicurezza della ditta I s.r.l., per il reato di lesioni colpose gravissime per non aver adottato le misure idonee ad eliminare i rischi e nello specifico “per avere messo a disposizione dei lavoratori nel reparto ‘cucina formaggi’ una macchina … pericolosa per l’incolumità dei lavoratori, in quanto priva di dispositivi meccanici che impedissero alle mani dei lavoratori l’accesso alle parti taglienti in movimento dell’apparato”; oltre che, non aver adottato provvedimenti organizzativi tali da limitare l’utilizzo della macchina al personale addestrato. La persona offesa, peraltro, era priva di formazione specifica.
 

Accanto alla responsabilità della persona fisica, il Tribunale riconosceva la società I s.r.l. responsabile dell’illecito amministrativo di cui all’art. 25 septies comma 3 D.lgs. 231/2001 in relazione al fatto che R.P. rivestiva la qualifica di “rappresentanza e di amministrazione dell’ente” e il fatto era stato commesso a vantaggio e nell’interesse del medesimo.
 

La Corte d’Appello di Bologna dichiarava non doversi procedere nei confronti di R.P. per essere il reato estinto per intervenuta prescrizione mentre confermava le statuizioni emesse nei confronti dell’ente.
 

Avverso tale sentenza, la società proponeva ricorso per Cassazione.
 

La presente pronuncia offre importanti spunti di riflessione con riguardo alla qualificazione soggettiva dell’R.S.P.P. munito di delega e l’adozione del Modello di Organizzazione e Gestione.
 

La sentenza impugnata ha ritenuto che R.P. non rivestisse soltanto la qualifica di dipendente della società sottoposto alla direzione e vigilanza degli organi gestionali e rappresentativi della stessa ma era dotato di poteri tali da godere di autonomia gestionale e di rappresentanza in virtù della delega conferitagli in materia di sicurezza sul luogo di lavoro. Egli, dunque, non era mero ausiliario del datore di lavoro bensì investito di autonomia decisionale in materia di sicurezza senza alcuna ingerenza da parte dell’organo amministrativo, con diretta disponibilità di mezzi necessari all’adempimento dei suoi compiti.
 

Da qui, l’equiparazione di R.P., quale R.S.P.P. (Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione), a quello di soggetto in posizione apicale.
 

In altre parole, a parere dei Giudici di merito, il conferimento di un’ampia delega di funzioni, con poteri decisionali e di spesa, è sufficiente a includere il delegato nel novero delle figure apicali di cui all’art. 5 D.lgs.231/2001.
 

La Suprema Corte, tuttavia, ha fornito un’interpretazione diversa e ha in parte accolto il ricorso dell’ente.
 

Nello specifico, la Corte ha evidenziato che la responsabilità degli enti si fonda sulla “colpa di organizzazione” e che un deficit organizzativo si pone quale causa di un reato presupposto se, tra gli altri elementi, viene posto in essere da un soggetto apicale o da un suo sottoposto.
 

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Il Modello 231 – adottato ed efficacemente attuato – è sufficiente a esimere l’ente da responsabilità ex D.lgs. 231/2001?
 

Per il fatto commesso dall’apicale, non è sufficiente. È necessario dimostrare, altresì, che il Modello sia stato fraudolentemente eluso dall’apicale.
 

Per il fatto commesso da un soggetto sottoposto, invece, è sufficiente. “La violazione degli obblighi di controllo e di gestione perde la sua valenza indiziaria e degrada a fatto dell’apicale non espressivo della colpa di organizzazione dell’ente”.
 

Da qui, l’importanza dell’identificazione del soggetto autore del reato presupposto nell’una o nell’altra categoria di cui all’art. 5 cit.
 

Al riguardo, si sottolinea che le posizioni non debbono essere individuate alla luce della disciplina del settore lavoristico (datore di lavoro, dirigente, preposto), poiché questo comporterebbe un’interpretazione analogica, in violazione del principio di legalità.
 

La nozione di rappresentanza evoca un insieme di poteri in forza dei quali il soggetto esprime la volontà dell’ente nei rapporti con i terzi; indipendentemente dal conferimento di specifiche procure. L’amministrazione e direzione, invece, richiamano poteri di indirizzo ed elaborazione strategiche per l’ente.
 

Consulenza Modello 231: il D. Lgs. 231/2001 spiegato alle aziende
 

Da ciò discende che il Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione (RSPP) non può essere considerato soggetto in posizione apicale!
 

“Come noto, il Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione assume una funzione di ausilio diretta a supportare e non a sostituire il datore di lavoro nella individuazione dei fattori di rischio nella lavorazione, nella scelta delle procedure di sicurezza e nelle pratiche di informazione di formazione dei dipendenti. Per tale motivo, la sua nomina non vale a sollevare il datore di lavoro e i dirigenti dalle rispettive responsabilità in tema di violazione degli obblighi dettati per la prevenzione degli infortuni sul lavoro”.
 

A tale soggetto, dunque, anche se investito di poteri gestionali e di spesa mediante delega di funzioni, non può riconoscersi una posizione di amministrazione, direzione o rappresentanza al posto del delegante secondo la previsione di cui all’art. 5 lett. a) D.lgs. 231/2001. È pur sempre un delegato, anche se di un settore nevralgico per l’azienda, sottoposto alla vigilanza e al potere del delegante. Ciò, anche se ha sottoscritto, come nel caso di specie, il D.V.R. (Documento di Valutazione dei Rischi): è sempre il datore di lavoro che si assume la responsabilità in ordine alla valutazione dei rischi e all’adozione del documento stesso.
 

La delega, dunque, opera un trasferimento di specifici poteri e responsabilità dal delegante al delegato, anche se in capo al delegante residua sempre e comunque un obbligo di vigilanza.
 

“Il cumulare i ruoli di responsabile del servizio prevenzione e protezione e di delegato alla sicurezza non fa per ciò solo assumere il ruolo di chi gestisce o dirige l’ente o una ripartizione rilevante di essa come indicata dalla norma.
 

Non può costituire elemento sintomatico della costituzione di una posizione verticistica ovvero direzionale lo strumento delineato dall’art. 16 D.L. 81/2008 che attiene al diverso ambito della delega di funzioni nel settore della prevenzione dei rischi in ambito lavorativo, che non determina il trasferimento della funzione datoriale, nella sua accezione gestionale e di indirizzo, né di regola, la costituzione di una posizione verticistica, ma risulta strutturato per sollevare il datore di lavoro da singoli incombenti in materia di sicurezza nel limitato ambito delle funzioni trasferite”.
 

In conclusione, il potere dell’R.S.P.P. di compiere scelte decisionali in piena autonomia in materia di sicurezza non implica il riconoscimento della veste di apicale ai sensi dell’art. 5 lett. a) D.lgs. 231/2001; neanche in forza di una delega in materia di sicurezza.
 

Con riguardo alla responsabilità dell’ente, dunque, tale qualificazione non risulta di poco conto. Qualificando il Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione quale soggetto sottoposto anziché apicale, dunque, l’ente va esente da responsabilità ex D.lgs. 231/2001 se dimostra di aver adottato ed efficacemente attuato un Modello di Organizzazione e Gestione, anche quando il reato sia stato reso possibile dalla violazione degli obblighi di direzione e controllo gravanti sui soggetti apicali.
 

Piacenza, 5 ottobre 2022
 
 

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