Quesito

Con l’istanza di interpello ambientale ai sensi dell’art. 3-septies del D.L.vo 152/2006, un comune sardo ha richiesto di:

  • chiarire se i rifiuti di qualunque natura o provenienza, giacenti sulle strade e relative pertinenze, situate all’interno del territorio comunale, di proprietà o in concessione/gestione ad Enti terzi (Provincia, ANAS, Consorzi vari, ecc.), siano soggetti a privativa comunale;
  • precisare competenze e modalità operative di tutte le fasi della gestione, sia per i rifiuti da avviare a smaltimento che per quelli da avviare a recupero;
  • in alternativa specificare che i rifiuti di cui sopra non sono soggetti a privativa comunale e che i proprietari/gestori sono assolutamente titolati alla gestione degli stessi (come previsto dall’art. 183 comma 1, lettera n) ed a sostenerne tutti i costi relativi.

 

Considerazioni del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica (MASE)

In primo luogo, occorre esplicitare che i rifiuti oggetto dell’interpello ai sensi dell’articolo 183, comma 1, lettera b-ter), punto 4, del d.lgs. 152/2006, sono classificati come rifiuti urbani e pertanto come tali devono essere gestiti.

La norma va letta in combinato disposto con l’articolo 198 del d.lgs. 152/2006 che, in materia di gestione di rifiuti urbani, sancisce la competenza dei Comuni per la raccolta, il trasporto e l’avvio a smaltimento e con l’articolo 14 del d.lgs. n. 285 /1992, che prevede a carico degli enti proprietari delle strade e dei concessionari la manutenzione, la gestione e la pulizia delle strade, delle loro pertinenze e arredo, nonché delle attrezzature, impianti e servizi.

Ai sensi dell’art. 198 del d.lgs. n.152/2006, infatti sono i Comuni che concorrono alla gestione dei rifiuti a livello degli ambiti territoriali ottimali (ATO) di cui all’articolo 200 del medesimo decreto, e con le modalità ivi previste. Ai Comuni, ovvero gli Enti di Governo di Ambito Territoriale Ottimale (EGATO), laddove costituiti ed operanti, spetta quindi l’organizzazione del servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani. Tra l’altro gli stessi gestiscono in regime di privativa esclusivamente i rifiuti urbani ((…)) avviati allo smaltimento, nelle forme di cui al l’articolo 113, comma 5, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.”.

La giurisprudenza amministrativa ha sempre interpretato, con riferimento alla fattispecie dei rifiuti abbandonati sull’area di sedime di una strada pubblica, il d.lgs. n. 285 /1992 prevale come speciale rispetto a quella di cui all’articolo 198 del d.lgs. 152/2006, per l’effetto affermando che, nei casi in cui si accertino abbandoni di rifiuti a carico di ignoti su tratti stradali appartenenti ad enti proprietari diversi dai Comuni, si dovrà far riferimento agli obblighi derivanti dall’articolo 14 del D. Lgs. n. 285/1992 e ai sensi di tale disposto bisognerà richiedere all’ente proprietario di rimuovere i predetti rifiuti, sostenendone i relativi costi. Pertanto, in caso di abbandono su suolo pubblico comunale, le attività di raccolta e trasporto competono ai Comuni stessi, anche laddove i rifiuti derelitti siano inquadrabili nella categoria generale dei rifiuti speciali.

Sul punto, anche il Ministero della Transizione Ecologica – Circolare 14 maggio 2021, n. 51657 – ha convenuto: “In merito ai rifiuti di qualunque natura o provenienza, giacenti sulle strade ed aree pubbliche o sulle strade ed aree private comunque soggette ad uso pubblico o sulle spiagge marittime e lacuali e sulle rive dei corsi d’acqua, cosiddetti rifiuti abbandonati, anche qualora costituiti da rifiuti da costruzione e demolizione, sono da considerarsi rifiuti urbani, ai sensi dell’art. 183 comma 1 lettera b-ter, punto 4), allorché per gli stessi non sia riconducibile ad alcuno la responsabilità dell’abbandono”.

Ciò, tuttavia, non significa che tali rifiuti siano ontologicamente urbani.

Quando l’articolo 183, comma 1, lett. b-ter, punto 4, d.lgs. n. 152/2006 inserisce tra gli urbani i rifiuti «di qualunque natura o provenienza» abbandonati su strade o aree pubbliche, ha “il solo scopo di garantire la pulizia di aree, strade pubbliche ecc. da qualsiasi rifiuto, a cura del Comune (cui compete, appunto, la gestione dei rifiuti urbani), il quale deve, quindi, provvedere alla raccolta, trasporto e stoccaggio di tutti i rifiuti giacenti in aree pubbliche a prescindere dalla loro natura, provenienza e classificazione. Ma appare altrettanto evidente che non si tratta di una equiparazione a tutti gli effetti in quanto viene limitata alle prime fasi collegate con la raccolta, escludendo quelle successive di recupero o smaltimento che devono, quindi, avvenire, in conformità alla natura e
qualità del rifiuto raccolto”.

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In altri termini, la norma in esame sancisce la potestà regolatoria, in ordine alle competenze amministrative in materia di rimozione dei rifiuti abbandonati su suolo pubblico, senza tuttavia consentire alcuna deroga alle regole di caratterizzazione e classificazione dei rifiuti fondate, ai sensi dell’art. 184, comma 1, sull’origine e sulle caratteristiche di pericolo.

Per le finalità sopra richiamate quindi, i Comuni, con appositi regolamenti, nel rispetto dei principi di trasparenza, efficienza, efficacia ed economicità, dispongono le misure inerenti “tutte le fasi” della gestione dei rifiuti urbani e nello specifico, ai sensi del comma 2 del citato articolo 198 le modalità del servizio di raccolta e trasporto dei rifiuti urbani nonché le modalità del conferimento, della raccolta differenziata e del trasporto dei rifiuti urbani all’interno del proprio territorio.

Al fine di provvedere alla regolazione dei servizi pubblici locali di propria titolarità in aree locate o detenute da soggetti terzi, si ritiene quindi che il Comune possa adottare, all’interno del regolamento comunale per la gestione dei rifiuti urbani, disposizioni volte a definire competenze e modalità di conferimento e raccolta dei rifiuti dalla pulizia delle strade.

Infine, è il caso di citare la competenza dei Comuni di disporre l’ordinanza di rimozione dei rifiuti abbandonati e di ripristino dello stato dei luoghi ai sensi dell’art. 192 in materia di “abbandono di rifiuti”, come confermato da recente giurisprudenza che si riporta. “Il provvedimento di rimozione dei rifiuti abbandonati e di ripristino dello stato dei luoghi, ai sensi dell’art. 192 del decreto legislativo n. 152/2006 (e precedentemente ai sensi dell’analogo art. 14, comma 3, del decreto legislativo n. 22/1997) può essere diretto tanto contro gli autori degli abbandoni di rifiuti quanto nei confronti dei proprietari o dei titolari di diritti reali o personali di godimento delle aree dove sono stati abbandonati in modo incontrollato i rifiuti, qualora vi sia stato un loro comportamento o una
loro omissione, imputabile almeno a titolo di colpa, che nel caso di specie sussiste, essendo stata violato l’obbligo di cui al citato art. 14, comma 1, lettera a), del decreto legislativo n. 285/1992. Ciò posto, l’Anas s.p.a. è senz’altro titolare di un diritto personale di godimento sulla strada dove sono stati abbandonati i rifiuti, siccome concessionaria della gestione e della manutenzione ordinaria e straordinaria delle strade e delle autostrade di proprietà dello Stato, ai sensi dell’art. 2, comma 1, lettera a), del decreto legislativo n. 143/1994.” (Consiglio di Stato Sez. II n. 7189 del 27 ottobre 2021).

Nel caso in cui l’abbandono dei rifiuti avvenga su tratti stradali di competenza non comunale, trova applicazione l’articolo 14 comma 1, lettera a), del decreto legislativo n. 285/1992 che dispone, come già si è detto che gli enti proprietari delle strade, “allo scopo di garantire la sicurezza e la fluidità della circolazione”, provvedono, fra l’altro, “alla manutenzione, gestione e pulizia delle strade, delle loro pertinenze e arredo, nonché delle attrezzature, impianti e servizi” e, ai sensi dello stesso articolo, comma 3, per le strade in concessione “i poteri e i compiti dell’ente proprietario della strada previsti dal codice sono esercitati dal concessionario, salvo che sia diversamente stabilito”.

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