Top

Preveniamo rischi Risolviamo problemi Formiamo competenze

"Mi occupo di diritto ambientale da oltre trent’anni
TuttoAmbiente è la guida più autorevole per la formazione e la consulenza ambientale
Conta su di noi"
Stefano Maglia

Rifiuti speciali: definizione, classificazione, gestione, smaltimento

di Stefano Maglia, Giacomo Spoldi

Categoria: Rifiuti

Rifiuti speciali: definizione, classificazione, gestione, smaltimento e recupero
 

Al giorno d’oggi, soprattutto fra i professionisti del settore, si sente spesso parlare di rifiuti urbani. Quante volte avete sentito discutere su come gestire il verde pubblico? O su come, giustamente, fare una buona e corretta raccolta differenziata? Per non parlare della TARI, dei centri di raccolta e così via discorrendo… I rifiuti urbani per la loro genetica vicinanza ai nuclei domestici e, quindi, ai cittadini hanno “monopolizzato” l’attenzione pubblica e anche politica.
 

Pochi sanno però che la produzione di rifiuti speciali è di gran lunga superiore a quella degli urbani.
 

Non solo, negli ultimi anni la produzione di rifiuti speciali in Italia è aumentata esponenzialmente, soprattutto dopo la crisi pandemica che ha colpito tutto il mondo. Nell’ultimo Rapporto Ispra 2023 si legge infatti che nel nostro Paese, nel 2021, vi è stata una produzione di rifiuti speciali pari a circa 165 milioni con un aumento del 12,2% corrispondente a quasi 18 milioni di tonnellate.
 

Per rendere ancor più l’idea della quantità prodotta, si pensi che nel 2021 in Italia la produzione dei rifiuti urbani si è attestata ad “appena” 29,6 milioni di tonnellate. In sintesi, si può dire che per una tonnellata di rifiuti urbani prodotta se ne producono quasi sei di rifiuti speciali.
 

Ma esattamente cosa sono i rifiuti speciali? Chi li produce? Chi se ne occupa? Perché è così importante gestirli correttamente? Che figure professionali ruotano attorno?
 

In questo approfondimento risponderemo a tutte queste domande e cercheremo di capire quali figure professionali ruotano attorno ai rifiuti speciali e a alla loro produzione, gestione, smaltimento e recupero.
 

Master Gestione Rifiuti da remoto in streaming
 

La definizione di “rifiuto” e la classificazione rifiuti

 

A monte di ogni considerazione ed analisi, pare sicuramente necessario partire col definire cosa si intenda con “rifiuto”, anche al fine di comprendere la sua sostanziale differenza con tutto ciò che invece rifiuto non è e che, conseguentemente, non deve sottostare a tutta una serie di obblighi e adempimenti previsti dalla legge.
 

In nostro soccorso viene il Decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, il cosiddetto Testo Unico Ambientale (TUA), che all’art. 183, comma 1, lett. a) definisce “rifiuto” come una “qualsiasi sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi o abbia l’intenzione o abbia l’obbligo di disfarsi”.
 

A questo punto, data la definizione, non è secondario chiarire che a livello normativo, ex art. 184 del D.L.vo 152/2006, i rifiuti possono classificarsi:
 

  • in base all’origine: in rifiuti urbani e rifiuti speciali;
  • secondo le caratteristiche di pericolosità di cui all’allegato I della parte IV del TUA: in rifiuti pericolosi e non pericolosi.

 

Rifiuti speciali di vario genere
 

I rifiuti urbani e RUP

 

Entrando nel merito dell’argomento, fanno parte dei rifiuti urbani ai sensi dell’art. 183, comma 1, lett. b-ter) del D.L.vo 152/2006:
 

  • 1. I rifiuti domestici indifferenziati e da raccolta differenziata, ivi compresi: carta e cartone, vetro, metalli, plastica, rifiuti organici, legno, tessili, imballaggi, rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche, rifiuti di pile e accumulatori e rifiuti ingombranti, ivi compresi materassi e mobili;
  •  

  • 2. I rifiuti indifferenziati e da raccolta differenziata provenienti da altre fonti che sono simili per natura e composizione ai rifiuti domestici indicati nell’allegato L-quater prodotti dalle attività riportate nell’allegato L-quinquies;
  •  

  • 3. I rifiuti provenienti dallo spazzamento delle strade e dallo svuotamento dei cestini portarifiuti;
  •  

  • 4. I rifiuti di qualunque natura o provenienza, giacenti sulle strade ed aree pubbliche o sulle strade ed aree private comunque soggette ad uso pubblico o sulle spiagge marittime e lacuali e sulle rive dei corsi d’acqua;
  •  

  • 5. I rifiuti della manutenzione del verde pubblico, come foglie, sfalci d’erba e potature di alberi, nonché i rifiuti risultanti dalla pulizia dei mercati;
  •  

  • 6. I rifiuti provenienti da aree cimiteriali, esumazioni ed estumulazioni, nonché gli altri rifiuti provenienti da attività cimiteriale diversi da quelli di cui ai punti 3, 4 e 5;
  •  

  • 6-bis. I rifiuti accidentalmente pescati o volontariamente raccolti, anche attraverso campagne di pulizia, in mare, nei laghi, nei fiumi e nelle lagune.


 

Punto su cui soffermarsi brevemente è il punto 2, laddove si evince che i rifiuti prodotti lontano dai nuclei domestici, ma che sono simili per natura e composizione, rientrano comunque nella famiglia dei rifiuti urbani. La riforma del Testo Unico Ambientale per effetto del D.L.vo 3 settembre 2020, n.116, ha introdotto infatti due nuovi allegati, ampliando così il novero dei rifiuti urbani:
 

Il primo L –quater Elenco dei rifiuti di cui all’articolo 183, comma 1, lettera b -ter), punto 2)” reca questa serie di rifiuti individuati come urbani pur essendo stati generati da attività economiche come ad esempio: Rifiuti biodegradabili, carta e cartone, plastica, vetro, abbigliamento etc…
 

Il secondo, L quinquies Elenco attività che producono rifiuti di cui all’articolo 183, comma 1, lettera b-ter), punto 2)”, riporta invece le attività che possono dar origine ai rifiuti urbani di cui sopra, come ad esempio: ospedali, uffici, studi professionali, negozi di abbigliamento, edicola, farmacia, tabaccaio, ipermercati, mense, attività artigianali tipo botteghe etc…
 

A completamento dei rifiuti urbani, è bene evidenziare che all’interno di questa categoria ci potrebbero essere anche dei rifiuti che per le loro caratteristiche risultano pericolosi.
 

Questi rifiuti sono detti comunemente “RUP” (Rifiuti Urbani Pericolosi) e sono costituiti da tutta quella serie di rifiuti che, nonostante abbiano un’origine civile, contengono al loro interno un’elevata dose di sostanze pericolose e che quindi devono essere gestiti diversamente dal flusso dei rifiuti urbani “normali”.
 

Tra i principali RUP ci sono i medicinali scaduti e le pile.
 

Master Esperto Ambientale da remoto in streaming
 

I rifiuti speciali: quali sono?

 

Conclusa la parentesi sui rifiuti urbani, a questo punto ci si può chiedere: quali sono i rifiuti speciali?
 

Per scoprirlo dobbiamo osservare da vicino l’art. 184, comma 3, del D.L.vo 152/06 che ne definisce un vero e proprio elenco.
 

Sono rifiuti speciali:

  • a) i rifiuti prodotti nell’ambito delle attività agricole, agroindustriali e della silvicoltura, ai sensi e per gli effetti dell’articolo 2135 del codice civile, e della pesca;
  •  

  • b) i rifiuti prodotti dalle attività di costruzione e demolizione, nonché i rifiuti che derivano dalle attività di scavo, fermo restando quanto disposto dall’articolo 184-bis;
  •  

  • c) i rifiuti prodotti nell’ambito delle lavorazioni industriali;
  •  

  • d) i rifiuti prodotti nell’ambito delle lavorazioni artigianali;
  •  

  • e) i rifiuti prodotti nell’ambito delle attività commerciali;
  •  

  • f) i rifiuti prodotti nell’ambito delle attività di servizio;
  •  

  • g) i rifiuti derivanti dall’attività di recupero e smaltimento di rifiuti, i fanghi prodotti dalla potabilizzazione e da altri trattamenti delle acque e dalla depurazione delle acque reflue, nonché i rifiuti da abbattimento di fumi, dalle fosse settiche e dalle reti fognarie;
  •  

  • h) i rifiuti derivanti da attività sanitarie;
  •  

  • i) i veicoli fuori uso.

 

Mezzi specifici per la gestione dei rifiuti speciali
 

La differenza fra rifiuti urbani e speciali

 

Come si può quindi facilmente evincere dai due elenchi, le due tipologie di rifiuti si differenziano non per le caratteristiche fisiche o chimiche, ma bensì per la loro provenienza, per il loro luogo di “origine” per l’appunto.
 

Infatti, da una parte i rifiuti urbani sono i rifiuti domestici derivanti da luoghi adibiti ad abitazioni civili e vengono gestiti dalla pubblica amministrazione sulla base di contributi fiscali (TARI).
 

Dall’altra, i rifiuti speciali, invece, sono i rifiuti che derivano da attività produttive di industrie e aziende, che successivamente vengono gestiti da aziende autorizzate al recupero o allo smaltimento.
 

Fondamentale è sottolineare che a differenza dei rifiuti urbani, i rifiuti speciali si caratterizzano per possedere un codice EER, o più comunemente “Codice CER”. Tale denominazione deriva dal Catalogo Europeo dei Rifiuti, introdotto con la Decisione 2000/532/CE.
 

Il sistema comunitario di codifica era nato da esigenze di tipo statistico ed è in seguito divenuto uno dei cardini sui quali si reggono sia il complesso insieme di adempimenti previsti dalla disciplina sulla gestione dei rifiuti, sia i molteplici procedimenti di qualificazione ed autorizzazione degli operatori del settore.
 

In sintesi, la struttura del Catalogo prevede un’articolazione in 20 capitoli, di norma riferiti alle macroaree di attività economica che hanno generato i rifiuti, ognuno dei quali comprende un serie di paragrafi tesi a specificare più puntualmente il processo produttivo dal quale i rifiuti sono decaduti per giungere, infine, ai codici a sei cifre che individuano ciascuna tipologia di rifiuto.
 

Corso Direttore Tecnico Impianti Rifiuti
 

Rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi

 

Proseguendo nel nostro lavoro, come abbiamo già accennato, i rifiuti speciali si possono classificare anche in base alla loro pericolosità: in pericolosi o non pericolosi.
 

Alla luce delle loro caratteristiche di pericolosità per la salute umana e per l’ambiente, i rifiuti speciali pericolosi si possono suddividere in base a quanto previsto dall’Allegato I della parte IV del TUA che rinvia alla direttiva 2008/98/UE, ovvero in:
 

  • HP 1 – Rifiuto esplosivo;
  • HP 2 – Rifiuto comburente;
  • HP 3 – Rifiuto infiammabile;
  • HP 4 – Rifiuto irritante — irritazione cutanea e lesioni oculari;
  • HP 5 – Rifiuto tossicità specifica per organi bersaglio (STOT)/Tossicità in caso di aspirazione;
  • HP 6 – Rifiuto tossicità acuta;
  • HP 7 – Rifiuto cancerogeno;
  • HP 8 – Rifiuto corrosivo;
  • HP 9 – Rifiuto infettivo;
  • HP 10 – Rifiuto tossico per la riproduzione;
  • HP 12 – Rifiuto liberazione di gas a tossicità acuta;
  • HP 13 – Rifiuto sensibilizzante;
  • HP 14 – Rifiuto ecotossico;
  • HP 15 – Rifiuto che non possiede direttamente una delle caratteristiche di pericolo summenzionate ma può manifestarla successivamente.

 

Come si può notare, a decorrere dal 1° giugno 2015 viene applicato il Reg. (UE) n 1357/2014 che rinomina le caratteristiche di pericolo sostituendo la sigla H con la sigla HP. Si evidenzia infatti che ai rifiuti pericolosi va attribuita una classe di pericolosità indicata con la sigla HP, seguita da un numero. Le proprietà di pericolo, definite da HP1 ad HP15, possedute dal rifiuto, devono essere determinate affinché si possa procedere correttamente alla sua gestione.
 

Tra i rifiuti speciali pericolosi si devono senz’altro menzionare i rifiuti sanitari a rischio infettivo, che, a causa della loro caratteristica di pericolo HP9, devono essere gestiti adottando particolari precauzioni per evitare infezioni.
 

Tutto questo si traduce nella necessità di attuare specifiche modalità di gestione del deposito temporaneo, del deposito preliminare e del trasporto, conformi a quanto previsto dal DPR 254/03.
 

Le operazioni finali della gestione ossia lo smaltimento, sono riconducibili a operazioni di termodistruzione o sterilizzazione in impianti autorizzati. Quest’ultimo processo può essere eseguito anche all’interno della struttura sanitaria stessa qualora questa decida di dotarsi di impianto di sterilizzazione, in tal caso non è richiesto il possesso di specifica autorizzazione.
 

Definite le classi di pericolo per i rifiuti speciali, si deve a questo punto del lavoro parlare dei rifiuti speciali non pericolosi che nel 2021 sono stati 154 milioni di tonnellate, rispetto ai 10,6 milioni dei rifiuti speciali pericolosi.
 

A fini statistici e non solo, è bene osservare che il maggior contributo alla produzione di rifiuti speciali non pericolosi deriva, dal settore delle costruzioni e demolizioni (50,8% del totale prodotto, corrispondente a 78,3 milioni di tonnellate), seguito dalle attività di trattamento di rifiuti e di risanamento ambientale (23,6%) e da quelle manifatturiere (16,9%), che corrispondono in termini quantitativi, rispettivamente, a 36,4 milioni di tonnellate (comprensive dei quantitativi di rifiuti derivanti dal trattamento dei rifiuti urbani) e a 26,1 milioni di tonnellate.
 

Alle restanti attività, nel loro insieme, corrisponde l’8,7% del totale di rifiuti non pericolosi prodotti (circa 13,4 milioni di tonnellate).
 


 

Come vengono gestiti i rifiuti speciali? Il ruolo dell’intermediario rifiuti

 

Vista la grande quantità di rifiuti speciali prodotta viene ora naturale chiedersi:
“Come vengono gestiti? Quali sono i soggetti coinvolti?”
 

I rifiuti speciali sono largamente avviati a forme di recupero, dove si destinano quasi 148 milioni di tonnellate (83% del totale gestito), mentre, dall’altra parte della medaglia, sono destinati ad operazioni di smaltimento circa 30 milioni di tonnellate (17% del totale gestito).
 

Per potere gestire correttamente tutto l’iter di recupero o smaltimento dei rifiuti speciali occorrono sicuramente dei soggetti autorizzati a partire dal trasportatore fino ad arrivare agli impianti di destino.
 

Tra questi soggetti può inserirsi una figura particolarmente importante il cui ruolo è quello di collegare il produttore/detentore del rifiuto da un lato e dall’altro il trasportatore, o direttamente il destinatario finale: stiamo parlando dell’intermediario dei rifiuti.
 

Secondo il Testo Unico Ambientale, ai sensi dell’art. 183, comma 1 lett. l), si definisce intermediario dei rifiuti “qualsiasi impresa che dispone il recupero o lo smaltimento dei rifiuti per conto di terzi, compresi gli intermediari che non acquisiscono la materiale disponibilità dei rifiuti”.
 

In sostanza, il ruolo dell’intermediario è quello di garantire al produttore la collocazione migliore del proprio rifiuto sotto il profilo ambientale, legislativo e soprattutto economico. Una sorta di vero e proprio anello di congiunzione, che assicura una gestione ottimale del rifiuto, a partire dalla scelta dell’impianto di destino, selezionato in base ad affidabilità e adeguatezza.
 

Insomma, in Italia e non solo, l’intermediario dei rifiuti svolge un ruolo cruciale nella gestione e nella regolamentazione dei rifiuti, contribuendo alla corretta applicazione delle leggi ambientali e delle normative relative alla gestione dei rifiuti.
 

Sintetizzando in punti le principali responsabilità e attività di un intermediario dei rifiuti, si possono includere:
 

  • Trasporto dei rifiuti: Gli intermediari dei rifiuti si occupano del trasporto dei rifiuti dai produttori ai siti di trattamento, recupero o smaltimento autorizzati. Questo include la gestione della logistica e l’organizzazione delle operazioni di raccolta e trasporto.
  •  

  • Gestione dei documenti: Devono compilare e gestire correttamente la documentazione richiesta per il trasporto dei rifiuti, compresi i formulari di identificazione dei rifiuti (FIR), che forniscono informazioni dettagliate sul tipo e sulla quantità di rifiuti trasportati.
  •  

  • Rispetto delle normative ambientali: Gli intermediari dei rifiuti devono assicurarsi che le operazioni di gestione dei rifiuti siano conformi alla normativa ambientale.
  •  

  • Scelta dei siti di destinazione: Devono selezionare adeguatamente i siti di destinazione dei rifiuti, come impianti di riciclaggio, discariche o inceneritori, che siano autorizzati a trattare i specifici di rifiuti e, quindi, determinati codici EER.
  •  

  • Controllo della tracciabilità dei rifiuti: Assicurano la tracciabilità dei rifiuti durante tutto il processo, garantendo che ogni fase del trasporto e del trattamento sia documentata accuratamente.
  •  

  • Educazione e sensibilizzazione: Possono svolgere un ruolo educativo nella promozione della raccolta differenziata e delle buone pratiche ambientali, contribuendo a sensibilizzare il pubblico e gli operatori sui temi della gestione sostenibile dei rifiuti.
  •  

  • Collaborazione con le autorità locali: Collaborano con le autorità locali e regionali per garantire la corretta applicazione delle politiche e delle leggi ambientali in materia di gestione dei rifiuti.

 

In conclusione, a fronte di una nozione così ampia di intermediazione (con o senza detenzione), introdotta dall’art. 183, comma 1, lett. l) del D.L.vo 152/2006, di fatto è possibile e legittimo operare sul mercato come intermediari senza detenzione solo a fronte di regolare iscrizione all’Albo Nazionale Gestori Ambientali (categoria 8).
 

Si ricorda, invece, che l’intermediario con detenzione, può legittimamente operare sul mercato, ma non deve iscriversi all’Albo in cat. 8 se il trasportatore è già iscritto ad altre categorie, o se è il gestore di un impianto è già dotato di autorizzazione all’esercizio di un’attività di trattamento.
 

Mezzo all'opera per lo stoccaggio di rifiuti speciali
 

Conclusioni

 

Come si è avuto modo di vedere, la gestione dei rifiuti speciali è particolarmente complessa per via di una serie di aspetti, ma rappresenta una sfida significativa per la società e il futuro.
 

Questi rifiuti, infatti, possono essere pericolosi sia per l’ambiente che per la salute umana se non vengono trattati e gestiti correttamente.
 

È quindi essenziale adottare un approccio olistico che includa la “non produzione del rifiuto”, il corretto trattamento e il riciclaggio quando possibile. La cooperazione tra le autorità locali, le imprese e la comunità risulta cruciale per garantire una gestione sostenibile dei rifiuti speciali.
 

Per il raggiungimento di una sostenibilità a livello gestionale, dunque, leggi e regolamenti specifici in tema di rifiuti speciali devono essere rigorosamente rispettati, e gli intermediari dei rifiuti svolgono un ruolo fondamentale nell’assicurare la conformità e la gestione sicura dei rifiuti durante tutto il ciclo, dalla generazione alla destinazione finale.
 

La consapevolezza pubblica sull’importanza della gestione responsabile dei rifiuti speciali è dunque essenziale per garantire una società più sostenibile e, soprattutto, per proteggere l’ambiente e la salute delle persone.
 

In definitiva, la gestione dei rifiuti speciali richiede un impegno collettivo e una continua ricerca di soluzioni innovative per ridurre l’impatto negativo e promuovere un futuro più pulito e sostenibile.
 

Tutti i concetti legati ai Rifiuti Speciali sono approfondito nei nostri Master Gestione Rifiuti Waste Manager e Master Esperto Ambientale.
 

Torna all'elenco completo

© Riproduzione riservata