Una recentissima sentenza della III Sez. Penale della Corte di Cassazione (n. 50499/23), ci aiuta a soffermarci su di un punto molto importante relativo alla gestione di scarti di produzione come sottoprodotti, quello relativo al fatto (già precedentemente affrontato dalla Cassazione in numerose precedenti sentenze, tra le quali si segnalano Cass. Pen. nn.41607/17 e 30206/18) che “occorre fornire la prova che un determinato materiale sia destinato con certezza ed effettività e non come mera eventualità, ad un ulteriore utilizzo”.

Anche la sentenza n. 50499 giunge – ovviamente – alle medesime conclusioni, partendo dal presupposto – condivisibile o meno – che in se’ “gli scarti di produzione sono rifiuti, salva la possibilità della diversa qualificazione in sottoprodotto.”

In particolare – aggiunge – “la mancanza di certezza in ordine al riutilizzo esclude che essi possano essere qualificati come sottoprodotti”.

Insomma anche questa sentenza conferma che è una disciplina che non consente scorciatoie, ma accurate e complesse verifiche “caso per caso” che solo veri esperti possono assicurare.

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