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Stefano Maglia

Abbandono veicoli fuori uso: disciplina e sanzioni

di Stefano Maglia

Categoria: Rifiuti


 
Le sanzioni per l’abbandono di veicoli fuori uso sono determinate dall’applicazione di due distinte normative, l’una prevista nel D.L.vo 209/2003 e l’altra prevista dal D.L.vo 152/2006.
 
Come noto, le diverse discipline hanno campi di applicazione differenti: il D.L.vo 209/2003 si applica ai veicoli a motore appartenenti alle categorie M1[1] ed N1[2] (di cui all’allegato II, parte A, della direttiva 70/156/CEE) ed ai veicoli a motore a tre ruote come definiti dalla direttiva 2002/24/CE, con esclusione dei tricicli a motore, mentre il D.L.vo 152/2006 si applica alle categorie di veicoli a motore o rimorchi che non sono contemplate dal D.L.vo 209/2003. Rientrano, dunque, nella disciplina del D.L.vo 152/2006, in quanto esclusi dal campo di applicazione del decreto 209/2003: i veicoli per il trasporto di persone con più di 8 posti a sedere oltre il conducente; i veicoli per il trasporto merci di massa superiore a 3,5 t; i rimorchi; i tricicli di categoria L5 e le macchine agricole.
 
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L’abbandono dei veicoli M1 e N1 e dei tricicli a motore è sanzionato dall’art. 13, comma 2, del D.L.vo n. 209/2003; la disposizione, rimandando all’art. 5, comma 1, statuisce che il detentore del veicolo che abbandona o che procede alla sua demolizione senza consegnarlo ad un centro di raccolta autorizzato o ad un rivenditore è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 1.000 a 5.000 euro.
 
Per tutti veicoli non rientranti nelle categorie di cui sopra si fa invece riferimento all’art. 255, comma 1, del D.L.vo 152/2006, rubricato “Abbandono di rifiuti”, recentemente modificato dall’art. 6-ter del D.L. 10 agosto 2023, n.105, convertito nella L.9 ottobre 2023, n.137 (in vigore dal 10 ottobre 2023) recante «disposizioni urgenti in materia di processo penale, di processo civile, di contrasto agli incendi boschivi, di recupero dalle tossicodipendenze, di salute e di cultura, nonché in materia di personale della magistratura e della pubblica amministrazione». Il testo attuale dell’art. 255 prevede che chiunque, in violazione delle disposizioni di cui agli artt. 192, commi 1 e 2, 266 comma 2 e 231, commi 1 e 2[3], abbandona rifiuti è punito (non più con una sanzione amministrativa pecuniaria, come stabiliva il testo antecedente alle modifiche) con la sanzione penale dell’ammenda da mille euro a diecimila euro; tuttavia, se l’abbandono riguarda rifiuti pericolosi, come possono essere i veicoli fuori uso non sottoposti ad alcuna operazione finalizzata alla rimozione dei liquidi o delle altre componenti pericolose, la sanzione amministrativa è aumentata fino al doppio.
 
Il comma 2 dell’art. 255 punisce invece il titolare del centro di raccolta, il concessionario o il titolare della succursale della casa costruttrice che viola le disposizioni di cui all’art. 231, comma 5, del D.L.vo 152/006, il quale prevede l’obbligo di procedere alla cancellazione dal PRA, entro 90 giorni dalla consegna, dei veicoli e dei rimorchi avviati a demolizione; in questo caso è prevista una sanzione amministrativa pecuniaria da 260 a 1.550 euro.
 
Mentre nel D.L.vo n. 209/2003 sono previste solo sanzioni amministrative pecuniarie, nella disciplina sanzionatoria di cui D.L.vo 152/2006 l’abbandono dei veicoli fuori uso è sanzionato penalmente anche quando la condotta illecita sia attuata dai titolari di imprese e dai responsabili di enti. L’art. 256 del D.L.vo 152/2006 stabilisce, difatti, che i titolari di imprese e ai responsabili di enti che abbandonano o depositano in modo in modo incontrollato i rifiuti in violazione del divieto di cui all’art. 192, commi 1 e 2[4], siano puniti:

  1. con la pena dell’arresto da tre mesi ad un anno o con l’ammenda da 2.600 a 26.000 euro se si tratta di rifiuti non pericolosi;
  2. con la pena dell’arresto da sei mesi a due anni e con l’ammenda da 2.600 a 26.000 euro se si tratta di rifiuti pericolosi;

Premesso quanto sopra ci si chiede: quando in concreto si potrebbe ravvisare una condotta di abbandono di un veicolo fuori uso?
 
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In merito alla definizione di “veicolo fuori uso” la più recente giurisprudenza stabilisce quanto segue: “In applicazione del D.L.vo n. 209/2003, si intende per veicolo fuori uso o il mezzo di cui il proprietario si disfi o abbia deciso o abbia l’obbligo di disfarsi, o quello destinato alla demolizione, ufficialmente privato delle targhe di immatricolazione, anche prima della consegna ad un centro di raccolta, nonché quello che risulti in evidente stato di abbandono, ancorché giacente in area privata. Sulla base di tali premesse, non rileva che nel caso specifico le auto fossero munite di targa, trattandosi comunque di mezzi di cui i proprietari risultavano essersi già disfatti avendoli consegnati al centro non autorizzato al loro recupero, essendo la procedura di riconsegna delle targhe al PRA successiva alla consegna del veicolo al centro di raccolta (autorizzato) per la rottamazione e prevedendone l’art. 103, comma 2, C.d.S il ritiro d’ufficio tramite gli agenti di polizia decorsi centottanta giorni dalla demolizione” (Cassazione Penale, Sez. III n. 15302 del 23 aprile 2021).
 
Tuttavia, la qualifica di “veicolo fuori uso” non presuppone sempre anche lo stato di abbandono dei veicolo; difatti, il «veicolo fuori uso» potrà essere considerato «rifiuto in stato di abbandono» solo dopo un puntuale ed esauriente accertamento dell’organo di controllo, finalizzato a verificare gli elementi oggettivi che caratterizzano lo stato di abbandono del bene (come ad esempio l’assenza della targa di immatricolazione, l’assenza di parti di parti essenziali dei veicolo o il suo stato di conservazione). Una volta accertato lo stato di abbandono del veicolo sarà poi onere dell’interessato dar prova che eventualmente lo stesso non debba assumere la qualifica di rifiuto: la Cassazione sul punto ha precisato che: “Lo stato di abbandono in cui versa il veicolo esonera il giudice dalla necessità di indagare l’intenzione del detentore (…) è infatti onere dell’interessato fornire la prova rigorosa della sussistenza dei presupposti per escludere la natura di rifiuto”. (Cass. Pen., Sez. II. 47262 del 10 novembre 2016).

 

[1] Veicoli progettati e costruiti per il trasporto di persone, aventi al massimo otto posti a sedere oltre al sedile del conducente.

[2] Veicoli progettati e costruiti per il trasporto di merci, aventi massa massima non superiore a 3,5 t.

[3] Art. 231(Veicoli fuori uso non disciplinati dal decreto legislativo 24 giugno 2003, n. 209), commi 1 e 2: “1. Il proprietario di un veicolo a motore o di un rimorchio, con esclusione di quelli disciplinati dal decreto legislativo 24 giugno 2002, n. 209, che intenda procedere alla demolizione dello stesso deve consegnarlo ad un centro di raccolta per la messa in sicurezza, la demolizione, il recupero dei materiali e la rottamazione, autorizzato ai sensi degli articoli 208, 209 e 210. Tali centri di raccolta possono ricevere anche rifiuti costituiti da parti di veicoli a motore.

  1. Il proprietario di un veicolo a motore o di un rimorchio di cui al comma 1 destinato alla demolizione può altresì consegnarlo ai concessionari o alle succursali delle case costruttrici per la consegna successiva ai centri di cui al comma 1, qualora intenda cedere il predetto veicolo o rimorchio per acquistarne un altro.

[4] Art. 192 – (Divieto di abbandono), commi 1 e 2: “1. L’abbandono e il deposito incontrollati di rifiuti sul suolo e nel suolo sono vietati. 2. É altresì vietata l’immissione di rifiuti di qualsiasi genere, allo stato solido o liquido, nelle acque superficiali e sotterranee.

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